In principio erano i libri delle favole, sempre un po’ voluminosi e vecchi, con quelle illustrazioni preziosissime che ci si sporgeva a guardarle oltre le braccia delle nonne.
Poi i tempi sono cambiati ed è stato il momento delle SMEMO, di Bastogne, dei Nirvana e di altre amenità molto rumorose ed incomprensibili ai “parens“.
Eppure il cambio dei tempi non è riuscito a cancellarli quei ricordi, quelle abbuffate mattutine di Pan di Stelle, quelle conversazioni sul fondo dell’armadio con gli amici immaginari, quella idolatria insensata per Hulk Hogan.
Se avete ascoltato il disco di Valerio Millefoglie capirete perché mi dilunghi tanto sull’infanzia degli anni ’80. Perché sin dalla prima traccia, questa penna prestata alla musica, ci fa capire di che stiamo parlando, descrivendoci una “cucina illuminata come erano illuminate le cucine negli anni ’80“, mentre Luis Miguel godeva di inedita ubiquità, tra radio e TV.
Non è un disco superficiale, al contrario, è un progetto ambizioso e molto curato. è però un album che porta con sè il gusto di quei tempi, come aprire un album di fotografie sgranate e ricordare, oggi, da adulti delusi, induriti e scafati, come era bello dare peso alle piccole cose e lasciare che fossero queste a spiegarci il senso della vita.
Millefoglie crea un piccolo tesoro di arte globale per spiegarcelo, per farci riflettere e insieme descriverci una solitudine affollatissima, una certa ritrosia ai rapporti sociali, una sorta di patologica voglia di immaginare mondi paralleli.
I miei migliori amici immaginari è nato dalla fantasia di questo scrittore (nel 2012 vedrà la luce il suo prossimo libro) su una semplicissima pianola Bontempi ed è stato poi arrangiato da Massimo Martellotta (per capirci, il chitarrista di una bravura imbarazzante che milita degli altrettanto imbarazzanti Calibro35) per essere poi registrato da Tommaso Colliva. Non pago delle proprie parole e di cotanti suoni, Millefoglie ha anche pensato bene di affidare i suoi personaggi alle illustrazioni di Emiliano Ponzi, che ha creato le 10 immagini contenute nel prezioso booklet del cd. Chiariamo subito una cosa: non stiamo parlado di un lavoro pretenzioso e cervellotico, stiamo parlando di una piccola perla.
Gli arrangiamenti sono potentissimi, pop e ammiccanti, ma anche funky, rock, melodici fino all’hip hop in stile FabriFibra per la spassosissma Ex-Rapper. Che si sappia: Martellotta non s’intende solo di chitarre! Colliva amalgama ed esaspera organetti, synt e batterie sincopate creando atmosfere che spaziano dal pulp al melò.
Ma il vero punto di forza sono i testi, i personaggi immaginari che Millefoglie ci presenta, con semplicità da discorso diretto, utilizzando l’innocenza infantile per descriverci una vita adulta un po’ rassegnata ed una realtà amara e opportunista.
Ognuna di queste canzoni meriterebbe un discorso a sè, ma non voglio rovinarvi la sorpresa. Tra le mie preferite, oltre all’inno alle eterne promesse infrante che è Ex-Rapper, c’è la dirompente pubertà di VM18, l’ipocondria dell’Uomo Striscia Pedonale e la codardia vincente del Lottatore Mascherato con gli Occhiali. Già dai titoli dovreste rendervi conto che non si tratta di canzoni qualsiasi.
Una nota speciale merita la Traccia 11, la ghost. Millefoglie torna scrittore e incastona in un reading il perfetto epilogo ad un disco che a ben guardare sembra un diario, tutto teso a sviscerare l’eco delle eterne accuse che da sempre ci si sente rivolte, da noi stessi prima che dagli altri. Il lieto fine c’è ed ha il sapore dell’emancipazione da quell’immagine forzata di uomo animale sociale. Ascoltarlo è una gran bella esperienza, ve lo consiglio.