Laura Marling, la bionda del folk britannico, a 21 anni vanta già un Brit Award vinto come Best British Female e tre album all’attivo, un ultimo uscito proprio due mesi fa “A Creature I Don’t Know“, registrato agli Eastcote Studios nella West London in soli 10 giorni con l’aiuto di Ethan Johns (e non dal fidanzato di turno com’è capitato per i due precedenti). Atteso e acclamato dalla stampa inglese, ha raggiunto appena uscito, le prime posizioni delle classifiche di vendita britanniche. Il suo primo tour europeo nelle cattedrali ha registrato sold out in poche ore lasciando l’amaro in bocca a molti fan che la attendevano da molto tempo (me compresa), tanto che è stato deciso di fare due date nello stesso giorno, aggiungendo i cosiddetti “matinee shows”. Che c’è di meglio che alzarsi la mattina e andare in chiesa a sentire Laura Marling?
Tornando al disco, si tratta di un album molto introspettivo che parla di forza, tradimento, amore, odio, rabbia e desiderio. Un mix perfetto di emozioni e musica concentrato in dieci pezzi che ti lasciano a bocca aperto fin dal primo ascolto. Personalmente mi sento di consigliare qualche brano come “Don’t Ask Me Why” (I don’t ask for love / and I don’t beg for money / I’m just asking for grace and forgiveness now honey); “My Friends” voce eterea mischiata alla chitarra acustica e vento sulla spiaggia d’inverno; “Night After Night“, forse l’unico pezzo dell’album oscuro che parla di tradimento, quasi volesse lanciare un messaggio all’ex fidanzato Marcus Mumford (I sold you my hand once you hit me in fear / would you watch my body waken and my mind drift away). Ma il pezzo che mi ha rubato il cuore è senz’altro “Salinas“, un pezzo deciso e appassionato, ispirato allo scrittore americano John Steinbeck, ossessionato dalle donne, che Laura ammira particolarmente.
“My album is such an exploration of myself” spiega Laura in un’intervista, questo disco sembra molto più personale degli altri due precedenti, lei stessa dice di essere sorpresa del risultato ottenuto, del fatto di non avere il totale controllo di ciò che scrive. Per chi la conosce un pochino, sa che quando è sul palco non fa trasparire nessuna emozione e raramente guarda il suo pubblico mentre si esibisce. Le cose sembrano essere cambiate, la Marling è cresciuta, parla con il pubblico e si concede persino qualche battuta. Lei stessa dice di essere maturata e questo disco lo mostra palesemente. Non si accontenta di una scrittura superficiale e sbrigativa, ma piuttosto impegnativa e ponderata, un’attenzione particolare al ritmo e alla composizione che fanno di questo disco “il suo terzo capolavoro” come cita il Sunday Times. Corteggiata dalla stampa inglese e non solo, NME ha inserito il suo album tra i migliori del 2011. E come dare torto?