I Farmer Sea sono quattro polistrumentisti di Torino (Andrea Sassano, chitarra, tastiere e voce; Gianni Coialbu, batteria e chitarre; Cosimo Princi, basso, sequencer, chitarre e cori; Marco Farcito, chitarre, percussioni, xilofono e organo) che sanno suonare del buonissimo pop.
Lo avevano fatto vedere già nel lontano 2005, avevano confermato nel 2007 (meritando una citazione su NME) e poi col primo disco, Low fidelity in relationships, del 2009 (che trovate ancora sul loro bandcamp).
Dopo più di 2 anni sono tornati con il loro secondo Lp: A safe place. Con due scelte che abbiamo particolarmente apprezzato, da queste parti:
la prima, quella di autoprodurre il disco, con la neonata etichetta Dead End Street Records (della quale a questo punto aspettiamo con curiosità le prossime mosse);
la seconda, quella di rilasciare il disco in download gratuito per una settimana (scelta che i numeri sembrano aver premiato).
Personalmente vi consiglio non soltanto di ascoltare questo album, ma di farlo con attenzione. Dietro la pellicola pop di cui è rivestito, questo A safe place suona come un disco moderno. I Farmer Sea hanno imparato la lezione dei primi anni zero: sanno usare (e centellinare) bene i riverberi, ma soprattutto sanno come costruire una melodia su un riff. Sanno trascinare l’ascoltatore come un fiume all’apparenza placido, e che però nasconde mulinelli e vortici.
Un disco, in fin dei conti, che potreste usare anche a fini pedagogici. So che ancora ci si interroga, più o meno polemicamente, su cosa sia l’indie (e a maggior ragione l’indiepop, che ne dovrebbe rappresentare un sottogenere). Beh, eccovi servita la risposta su un piatto d’argento. Una piccola, preziosa risposta.
E se in conclusione dovessi segnalarvi due canzoni “manifesto”: The Fear e Nothing never happened.