Prima di tutto mi scuso per la lunga assenza da DLSO, ma tra impegni personali e lavorativi, varie ed eventuali avrei rischiato di risultare banale più del solito e non volevo tediarvi inutilmente, come un conduttore di Matrix qualunque.
Sono rimasto imbottigliato nei miei dubbi esistenziali da addetto ai lavori italiota, sempre in bilico tra un’estate trascorsa tra palchi di festival, backstage colorati ed alcolici, dj set di fronte a migliaia di persone, cene e aperitivi con artisti internazionali in modalità vip ed un inverno passato a tentare di elevare la nostra nazione a luogo possibile per la musica altra, tra incomprensioni e sbattimenti, luoghi comuni e luoghi che mi converrebbe usare come rifugio per barricarmi dietro una tranquillità apparente e poco naturale ed evitare di confrontarmi con il nulla o peggio con l’arroganza mista ad ignoranza.
Alla faccia di Vivaldi, fuori da ogni logica di stagione, mi rimane casa Nirta, luogo ideale, mentale e fisico allo stesso tempo, dove si decide il destino di alcune band italiane che sciaguratamente si affidano a me e dove ricevo i nuovi lavori di artisti che mi omaggiano delle loro anteprime per pareri e consigli; bussano alla mia porta per amicizia, lavoro o stima, fiduciosi del fatto che mai e poi mai le loro nuove opere lasceranno il mio mac per approdare su un mediafire qualunque e diventare l’ennesimo link alla portata di tutti.
Certo, la voglia di condivere la musica è tanta ed è proporzionale al valore dell’album, ma viene facilmente battuta dal senso di responsabilità dell’amico che custodisce IL segreto più segreto. E poi alla fine è solo una questione di tempo e per parlarne basta aspettare il momento in cui la faccenda diventi di dominio pubblico, che le voci sull’uscita del disco si rincorrano, che ci sia un video o un singolo in anteprima, o che si senta nell’aria l’urgenza di parlarne, cosa che succede quasi sempre, se l’album è sopra la media.
Metti, per esempio, S dei DRINK TO ME.
Metti che ad ottobre mi arriva questa bomba, un disco che senza fatica entra nella mia top 10 del 2011, fosse mai uscito nel 2011. Metti pure l’orgoglio malcelato di poter dire: “Cazzo sta roba qui è italiana e spacca il culo ai passeri a stelle e strisce e io ce l’ho e tu pitchforkiano di merda invece no”. E metti che, dopo qualche mese di ascolto in solitaria ne posso finalmente parlare, dato che gira un singolo in anteprima e che i nostri presenteranno un paio di live dove eseguiranno l’album per intero in previsione del tour ufficiale primaverile a ridosso dell’uscita del disco, prevista per marzo 2012 presumibilmente per Unhip rec. Mettici pure un bel doppio formato che prevede, oltre al classico cd, un vinile blu , con 10 stampe dentro e e altrettante canzoni. Da Henry Miller ad Airport Song, dieci avventure musicali fantastiche, negritudine che va a braccetto con orsi ed animali collettivi, echi di Beta Band mentre guardi le foto del sole di New York e lasci che Los Angeles faccia l’occhiolino all’Islanda. E per i giorni che verranno sorridi e preparati al viaggio e ricordati che la rivoluzione parte dalla provincia e il suo canto arriva nitido fino al cielo. SPACE IS THE PLACE per gente come loro, come noi, come te… siamo svegli. Mettici quello che vuoi, ma se non compri i dischi italiani, finiremo tutti a dormire in un call center mondiale (se ne discuteva con Casa del Mirto neanche una settimana fa) e la colpa sarà anche tua. Il consiglio di inizio anno è quindi quello di risparmiare i soldi delle sigarette per un paio di giorni e comprare almeno un disco italiano al mese. E se poi ti capita di andare a vedere i live dei gruppi italiani che suonano internazionali e che non si incula nessuno di sti quattro stronzi che popolano la nostra penisola, ricordati che non sei uno sfigato, ma un eroe e un po’ anche un santo. Altro che 8 per mille. (Jim Morrison)