Uscirà a fine gennaio Un meraviglioso declino, album di esordio di Lorenzo Urciulo aka Colapesce, dopo lo strabiliante Ep premiato al MEI lo scorso anno. Presto vi offriremo il track by track del disco, nel mentre… ecco cosa ne pensiamo:
C’era tanta attesa e possiamo dirvi che non verrà affatto delusa dalle 13 tracce synth pop cariche di poesia che compongono questo splendido disco. Sin dal brano d’inizio è chiaro il quadro che attende l’ascoltatore: orchestrazioni ricche ma discrete cesellano ambientazioni domestiche ed ovattate, routine dai colori pastello, grandiose quotidianità. Restiamo in casa ha il sapore dell’impresa, la passione delle barricate poste però a difendere la dimensione più intima e domestica di un amore.
Le successive Satellite e La zona rossa non cambiano registro, al contrario, aggiungono tasselli all’oggetto della venerazione di questo poeta contemporaneo. La scrittura cresce di brano in brano, la chitarra acustica duetta in egual misura con il pianoforte e con l’elettricità più sintetica delle tastiere.
Il picco letterario è senz’altro toccato da Oasi, racconto elegante e delicato di un amore appassionato, consumato in un’oasi di servizio, nell’afa siciliana delle ferie precarie. L’organo sintetico della base, scandito dallo strimpellare elettrico di una chitarra, rende le atmosfere soffuse e sognanti, più come una favola che come un miraggio.
Non manca l’attenzione al quadro contemporaneo, affrontato con sguardo amaro e tagliente, ricorrendo a punte di feroce ironia, come in Quando tutto diventò blu, ritmata e godibile, sorretta dall’organetto, impreziosita dal piano e dagli archi a puntare il dito sul desolante spettacolo di una vita borghese ed arida.
Altrettanto spietata e tagliente è I barbari, che gode della voce di Alessandro Raina e in cui si apprezza al massimo l’impianto di fiati ed ottoni creato da Roy Paci. Il risultato è una canzone pop, nel senso più classico e radiofonico del termine, puntellata di riverberi sintetici ed aspre distorsioni. La storia non è un fiore da far morire nei margini dei libri di scuola, è il monito che Colapesce lancia all’ascoltatore, nel tentativo di mostrare quanto di più crudo la storia contemporanea ci stia riproponendo.
L’amore torna ancora, prepotente e multicolore, nella seconda metà del disco, dando dimostrazione della maestria nella ricerca delle metafore (naufrago leghista salvato da un rumeno residente a Milano) in La distruzione di un amore, vibrante melò dall’intonazione impressionante (lo si attende alla prova del live).
La dimensione domestica e intima delle adorabili Sottotitoli, S’illumina e Il mattino dei morti viventi culmina nelle reminescenze infantili di Bogotà, traccia conclusiva dell’intero lavoro. Una chitarra spagnoleggiante addobbata via via da tamburello, basso, sintetizzatore e piano apre la mente a ricordi in Super8 che si ostinano a non sbiadire.
Una capacità espositiva raffinatissima e un gusto musicale ricco ma mai pacchiano, rendono questo disco non solo un’ottima prova dal punto di vista tecnico ma anche e soprattutto un prodotto coinvolgente, vibrante, ironico e tenero al contempo. In una parola: delizioso.
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