Il 20 gennaio è uscito per GoodFellas, Valdazze, seconda fatica dei Saluti da Saturno. Nel solco del precendente Parlare con Anna, Mirco Mariani e i suoi suonatori affinano la ricerca su una serie di strumenti tra il fiabesco e il vintage, portando chi ascolta in viaggio tra luna park e feste di paese, passando per bar di campagna, sotto le notti stellate che si vedono solo lontano dal frastuono cittadino. Noi lo abbiamo intercettato per fargli qualche domanda e farci spiegare questo nuova fatica tra il Piano-bar e la Balera.
– Iniziamo dal nome del progetto, Saluti da Saturno: ti senti un alieno, come se fossi in vacanza in un pianeta un po’ strano… come mai questo nome?
— No, non mi sento un alieno assolutamente, sono un normalissimo musicista da Pianobar Futuristico Elettromeccanico una razza rara ma in via di sviluppo..
Il nome è venuto fuori, dopo aver fissato per ore ed ore una bellissima cartolina di Cesenatico con le quattro caselle raffiguranti, spiaggia, ombrelloni, lungo mare e naturalmente il grattacielo….e da lì ho incominciato a sognare ed è venuto fuori Saluti da Saturno.
– C’entra nulla la tua provenienza: un paesino un po’ sperduto della Romagna, ai confini con la Toscana, posto distante anni luce dai riflettori della musica patinata, dai locali più in voga,..?
— Diciamo che sono molto legato alle mie radici da ex-ragazzo di provincia, al profumo umido della Balera e all’esempio dell’orchestrale incantatore che suona senza seguire un repertorio ben preciso e già stabilito, ma si modella per seguire l’andamento del pubblico in sala e non si ferma fino a che la sala non si svuota … soprattutto mentre suona sorride.
– Non perdi occasione per definire la musica di Saluti da Saturno come un piano-bar futuristico elettromeccanico. Ci spieghi perchè? Cosa c’è di futurista e cosa di elettromeccanico? Ma soprattutto perché questo fermo richiamo al piano-bar? è una dimensione che evoca sfumature di malinconia, quasi retrò, un po’ nostalgiche..
— Eh sì, infatti come puoi vedere ti ho cacciato lo slogan subito nella prima riga…… Pianobar è una forma di musica confidenziale e questo mi piace molto, Futurista perchè vive di mille sfaccettature surreali ed imprevedibili Elettromeccanico invece per il semplice fatto che il P.F.E. viene suonato con strumenti che vanno accesi minimo un’oretta prima di iniziare lo spettacolo e per contratto non ti assicurano l’arrivo alla fine… .sai sono tensioni che si trasformano in grandi soffisfazioni.
– Un’altra definizione che scegli per descrivere il tuo show è la Flexible Orchestra: di che si tratta?
— La Flexible Orchestra è al centro della mia idea musicale, che è quella di poter vestire e svestire i brani del repertorio in base al luogo dove ci si trova a suonare, in base all’umore della giornata o dell’amico che si conosce nella città dove si va a suonare e non per forza di cose tutti i musicisti che sono sul palco devono conoscere i brani in repertorio ma devono avere una sensibiltà da Pianobar. Il percorso fatto con Valdazze parte dalle Ocarine di Budrio ed arriva all’Intonarumori ed in mezzo vivono tanti strumenti con una forte personalità espressiva.
– Leggendo gli strumenti suonati dalla Flexible Orchestra si ha l’urgenza, come prima cosa, di andarli a cercare su wikipedia (finchè ci sarà) anche solo per capire che forma abbiano… Come ti è nata questa curiosità per strumenti pressoché dimenticati?
— Questa è una passione che mi porto dietro da tanto tempo, però seriamente l’ho sviluppata negli ultimi otto anni portando avanti una ricerca certosina su strumenti fantastici molti dei quali tra l’altro difficili da riprodurre anche con i più moderni simulatori di suono.
– Quali sono le tue fonti d’ispirazione, quelle da cui hai inizialmente tratto l’idea di recuperare certe sonorità? C’è una canzone, un momento o semplicemente un ricordo da cui tutto ha preso le mosse?
— Faccio prima a dirti che i miei strumenti li vedo un po’ come le facce nel film Amarcord, hanno una forza di espressività e di timbro tale che va oltre l’arrangiamento stesso, e cerco di ascoltare loro e di seguirne i consigli.
– Di tutti i musicisti che compongono la Flexible Orchestra, da vera ignorante, conosco solo Marcello Detti (già Nobraino, ora, tra le altre, Giacomo Toni e Novecento Band) e Vincenzo Vasi (Thereminer per Vinicio Capossela). Del primo condividi i natali, del secondo la passione per gli strumenti meno usuali e la collaborazione con Capossela. Come sono nati questi incontri?
— Allora tu sei Romagnola? (eh, quasi…) Con Vincenzo c’è un legame instintivo musicale molto forte, veniamo dalla stessa scuola dell’improvvisazione, con l’unica differenza che lui si dedica e applica questa formazione nella musica improvvisata e contemporanea, mentre io cerco di unirla alla forma canzone, che non è cosa semplice, ma ci stò lavorando sodo. Marcello invece è molto più giovane e mi piace molto il suo approccio genuino e sincero che ha con la musica, una qualità che non trovo di frequente nei ragazzi della sua età.
– Che dici degli altri musicisti che ti affiancano? Anche loro contagiati dal fascino degli strumenti più insoliti? Come e perché li hai coinvolti nel tuo progetto?
— Avevo bisogno di allargare la mia ricerca con strumenti fantastici suonati da musicisti fantastici come il cristallarmonio, l’intonarumori, il giradischi telecomandato, la sega sonora, la glassarmonica, il pianoforte a cristallo poi conviene che mi fermo perchè la lista si fa lunga.
– Veniamo ora al secondo disco dei Saluti da Saturno: Valdazze, luogo misterioso, nascosto tra Romagna e Toscana, nato come rifugio per cantanti e musicisti… Da dove viene questo titolo? Senti l’esigenza di un rifugio o è piuttosto un viaggio verso un luogo ideale fatto di sola musica?
— Valdazze è un luogo in contromano e l’aria profuma di inconclusione. E’ sicuramente un luogo dove il Pianobar può essere ancora d’aiuto e farti sentire a casa.
– Ho fatto i compiti, e ho cercato di capire dove sia Valdazze. Per fortuna (o per sfortuna) oggi c’è Google Maps e in un lampo si trova qualsiasi posto, anche il più nascosto… Ma è vicinissima alla tua San Piero in Bagno! Questo disco è una specie di percorso per arrivarci? Da dove partiamo? Cos’è che incontriamo? Perché ha così tanta importanza per te e per i contenuti di questo disco?
— Valdazze è importante perchè è il perfetto esempio del nulla che si può trasformare in mille e mille cose ed è un luogo adatto per chi come me è attratto dal minuscolo puntino bianco su un’enorme parete nera. Sicuramente io presto comprerò casa a Valdazze ed in futuro penso anche di candidarmi a Sindaco e naturalmente la prima cosa che porterò in giunta è di ripopolare il Villaggio del Cantante.
– Parlando di Parlare con Anna dicevi che ti eri lasciato trasportare dagli strumenti, che avevi come aspirazione quella di dar loro voce, in maniera quasi esclusiva e che ti era riuscito solo in parte ma che ti sarebbe riuscito ancor di più con il disco successivo. Volevi uscire dallo schema dell’arrangiamento più classico, fatto di parti e frasi… è così? In cosa Valdazze è migliore rispetto al precedente lavoro?
— Migliore non lo so, sicuramente c’è una maggiore consapevolezza e conoscenza degli strumenti che possiedo, sai per fatri un esempio con uno strumento che tutti conoscono come il pianoforte che ha un unico timbro, ma è un timbro che puo avere tante espressioni, tante dinamiche e un suo suono che non potrà mai invecchiare perchè ci sarà sempre qualquno che lo renderà attuale e modermo….e così è anche per altri strumenti anche se meno noti. La meraviglia del suono, che cosa fantastica!!!
– Non ricordo dove, ma in una recensione di Parlare con Anna avevo letto che tutto il disco era riassumibile con la parola levità. Che la grande dote di quel disco era proprio la discrezione e la disinvoltura con cui suonavano le sue canzoni. Qual è la parola che sceglieresti per descrivere Valdazze?
— Sai non sono moltro bravo a trovare delle definizioni ai miei dischi, però mi sembra un disco che vive di una maliconia gioiosa, surreale e terrena.
– C’è qualcosa in Valdazze che rappresenta un regresso, un ripensamento rispetto a Parlare con Anna?
— ma, si bbbooo però se mi so aaa booo …. spero di no!!!
– Sabato scorso hai presentato questo disco a Bologna, all’Estragon e ora partirà il tour: cosa ci dobbiamo aspettare da questo piano-bar elettromeccanico?
— Questo non lo so neppure io, perchè come dicevo prima cerco di definire meno cose possibili, ma sicuramente un obiettivo è di vedere passare tante gente sul palco, tanti musicisti, giocatori di bocce, ballerini a coppie, cartomanti e tarocchi e tanta spontaneità.
– In giro per l’Italia… che musica c’è nella tua autoradio?
— Solitamente quello che passa la radio, mi aiuta a pensare.
Non rimane che andare avedere questo Piano-bar Futuristico Elettromeccanico nel tentativo di capire quel che a volte le parole non sanno spiegare…
» Fan Page