Li avevamo lasciati a No USA! No UK! e a quella Ballata Stocastica tutta suspense, disillusione e una coda strumentale dirompente. Li ritroviamo un po’ più azzimati e vestiti a festa per la loro quarta fatica discografica: esce oggi per Martelabel, il Disco d’Oro dei Nobraino.
Dopo l’irriverente regia di Giorgio Canali, i riccionesi affidano all’elegante tocco di Manuele Fusaroli (Zen Circus, Le Luci della Centrali Elettrica, Dadamatto) il compito di togliere la terra da sotto le unghie del bifolco.
Ne risultano 12 inediti policromi e sorprendenti che spiazzano coloro che i 4 li conoscono da un po’.
Dodici storie di personaggi irreali che solo i migliori testi di Kruger sanno disegnare. A suonare sono sempre loro: Vix, Bartok, Nestor e Barbatosta.
A giocare con loro Fusaroli, che si diverte a tirare al limite gli strumenti di sempre, incluso quello che più contraddistingue i Nobraino: la voce.
Ogni traccia è calibrata, gli arrangiamenti giocano sui contrasti, a volte disorientano. Il più classico dei noir impreziosisce la banalità della morte domestica di Cesso di vivere, ad esempio. Le chitarre che giocano ne Il Minotauro lasciano presagire che il Barba sarà nuovamente chiamato a pizzicare le corde durante il tour. La canzone ha un’eleganza sorprendente e accompagna morbida il racconto di un personaggio tra realtà e mitologia.
Non mancano gli ospiti: il disco si apre con Tradimentunz, divertente folk scandito dal violino del Sig. Laurence (che i più ricorderanno dal Fantomatico Tour dei Teatri) a raccontare una passione torrida e improvvisa.
L’elegante e struggente intervento al piano di Giacomo Toni ridisegna la ben nota Film Muto, per l’occasione anche ristrutturata in una forma canzone più classica che la rende, finalmente, perfetta. L’argenteo piano di Nafta, personaggio cardine della musica rivierasca, colora Cani e Porci, ritratto di una snob feroce ed ammaliante.
Spiccano alcune soluzioni di gran pregio, prima fra tutte la nuova veste data a Il Mangiabandiere, qui introdotta da una tromba vibrante che catapulta su un sorprendente uso della voce di Kruger: abbandonato il cantato torbido che tutti conosciamo, si diverte a salire di tono, in onore degli slogan che compongono il testo.
Splendida la resa di Record del Mondo: chitarre surf a strati, basso e batteria reggono tutto, incalzanti e minimali, e Kruger novello Elvis canta ai limiti del riverbero. Di gran effetto!
Ma il pezzo che spicca in assoluto, così lontano dagli ultimi Nobraino, è Bunker, brano di chiusura del disco (salva la ghost, Persone Colte). Un caustico recitativo intriso di giochi di parole e constatazioni raggelanti giocherella su atmosfere lounge, ritmate e scarne, colorate solo dalla tromba. Kruger parla da solo, si parla addosso e si fa eco in un monologo che ha del magnetico.
Un disco variegato ed insolito, che mette in luce tutte le potenzialità dei romagnoli sebbene a tratti disorienti per l’eccessiva varietà. Da ascoltare più volte, da sezionare e scoprire a poco a poco. Si sente la mancanza di omogeneità che, se da un lato non annoia, dall’altro non aiuta ad inquadrare un lavoro curato e raffinato come questo, in cui sono più che mai evidenti grandi segni di crescita.
martelabel
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