Oggi il redivivo pop anni Settanta è sdoganato a tutti gli effetti, libero, felice, vivace, di buon umore. Sciolto da tutte quelle catene non meglio definite indie pop, rievocato e commemorato dalla gente che sembra aver recuperato nei meandri della vita un buon motivo per andare ai concerti. E divertirsi senza fare i musoni o, nei casi peggiori, gli intellettualoidi.
Tutta questa delirante prefazione per spendere due parole sui TheGiornalisti che mi vengono a trovare per pranzo dritti dentro le mie cuffie scassate, portandomi in omaggio il loro nuovissimo Vecchio (perdonate l’antitesi) che vedrà la luce tra cinque giorni. Sull’universo di richiami nazionalpopolari della band romana non credo valga la pena di aggiungere esposizioni giornalistiche ritrite e abusate, di accostarli ad altri gruppi e cantautori che si intravedono nelle sinuosità del disco (in uscita per Boombica/Audioglobe). Il secondo LP dei nostri redattori è un lavoro coerente e costante, fatto di canzoni ultra-popolari che si danno un tono soave e zuccherino, mescolando insieme le chitarre rhythm&blues, gli accordi maggiori, le melodie allegre e rabbiose, le armonie semplici ma-non-per-questo-banali, i tempi veloci destinati al piacere e alla godibilità. Punto e virgola; l’easy listening è roba meravigliosa e per tutti, un democratico e fraterno abbraccio. Fate una cosa, è un consiglio e non un dovere, dicevo, quando vi gira male, date un ascolto a Diamo tempo al tempo e Guido così.