Una volta si era di scena al Circolo Giovane Italia di Parma. Serata con tanti gruppi in scaletta. Sala concerti piccina e folta, una selva di cavi, microfoni, camicie e bulbetti in voga. Vis-à-vis coi musicisti. Attacchi la chitarra, suoni e scendi. Lesto e senza dolore.
Poi salgono Wolther Goes Stranger e il souvenir che mi porto a casa è l’entusiasmo.
Un po’ di felicità diffusa (a tinte multicolori).
Dovrei piantarla di dire cose del genere, ma è più forte di me.
Un’occhiata al quadrante e mi accorgo che è quasi il 3 giugno, giorno d’uscita di Love Can’t Talk (La Barberia/Audioglobe), il primo album dei Wolther Goes Stranger, ovvero il grande disegno solista di Luca Mazzieri, chitarrista di A Classic Education, servitosi di Massimo Colucci e Linda Brusiani ad ultimare la band. Lì la mescolanza linguistica nelle liriche (English plus italiano), là le cadenze house che si spingono fino alla sincope garage, poi le immense basse dell’LFO che scaldano il cuore, per non parlare delle onde triangolari, gli arpeggiatori e di tutta l’atmosfera positive che rende questa città e questo mondo un palla colorata. Tum cha. Ecco, lo riassumerei così.
Se non fosse che nel retrobottega delle 9 tracce dell’esordio ufficiale dei Wolther vi sono nobili, nobilissime partecipazioni: Alessandro Raina (Amour Fou), Federico Fiumani (Diaframma), il compare d’una vita Jonathan Clancy. Poi il plauso va a Davide Cristiani e Andrea Suriani che imprigionano i suoni, li impastano e li gonfiano finché non scoppiano di vigore.
Una volta si era di scena al Circolo Giovane Italia di Parma.
E ho appreso il significato di simpatia.
Che in greco è attrazione istintiva.
Dopotutto l’amore non può parlare.