È vero, i Pity Sex hanno un nome ridicolo, ma cosa dovremmo dire allora degli U2? O dei Queen? E degli Anal Cunt (in realtà Anal Cunt spacca)?
Feast (a ‘sto punto sarebbe stato più calzante “Fist” ma vabbè) of Love è il loro debutto su long playing, dopo aver sfornato un EP (Dark World) che aveva fatto ben sperare un po’ tutti i nostalgici di merda come il sottoscritto. Dark World attingeva a piene mani dalla nostalgia midwest emo coprendo però tutto con una produzione volutamente lo-fi, piena di riverberi, fuzz, e schitarrate tipicamente shoegaze. In questo disco i Pity Sex si evolvono, vedremo poi se in maniera positiva o negativa, scegliendo una produzione sicuramente più raffinata anche se ugualmente, se non di più, fuzzettosa. I brani sono più compatti e mediamente più tirati e troviamo la voce della chitarrista Britty Drake decisamente più presente, sia come seconda voce al fianco di quella di Brennan Graves, che come solista. I brani diventano più compatti ed armonici, e l’asticella si sposta da nostalgia triste emo verso nostalgia sognante pop e secondo me, il tutto ci guadagna. La cosa bella è che non si parla di dream-pop frivolo e senza palle, perché quando c’è da buttare giù, i Pity Sex sganciano i Big Muff e le chitarre si scaldano riuscendo a farci vivere le canzoni dall’interno e non come degli osservatori esterni che ammirano un quadro ben composto.
Vedo i Pity Sex un po’ come i Cosmetic ammerregani, del resto il terreno d’influenze è lo stesso (Dinosaur Jr., MBV, il rumore degli anni ’90 insomma), capaci di produrre musica sì derivativa, ma che riesce a muoverti quel qualcosa dentro che finisce per farti premere il tasto replay un bel tot di volte. Musica con solide radici piantate nel passato, che riesce a mantenere una propria valida identità anche nel 2013.