Sarà che il soul sta tornando maledettamente alla ribalta o sarà che noi tutti siamo diventati più romantici, fatto sta che il nuovo lavoro dei The Internet suona maledettamente bene alle nostre orecchie che si preparano ad accogliere quello che─previsioni alla mano─dovrà essere l’inverno più freddo degli ultimi 100 anni.
Syd e Matt (Martians) si avvalgono per la loro consacrazione della collaborazione del mister Neptunes Chad Hugo, ed il risultato è sotto gli occhi di tutti.
“Feel Good” non suona mai sopra le righe, mantiene un andamento costantemente sognante , esasperato in positivo in quelle due perle che sono “You Don’t Even Know” e “Shadow Dance“. Entrambe estremamente romantiche vengono esaltate dalla presenza della live band composta da Patrick Paige, Christopher Smith, and Taylor Walker. Quest’ultimo poi accompagna Syd sia nella prima traccia sia in “Runnin” che tuttavia, insieme a “Cloud of Our Own” è tra le track più deboli, distanziandosi un po’ troppo da quello che è il mood che l’ascolto dell’album crea.
L’influenza di Chad è davvero notevole e riconoscibile ai vecchi fan dei Neptunes, specialmente in quei pezzi che reclamano Pharrell ed il suo falsetto a gran voce. Non che le voci maschili dell’album siano scarse, detto di Tay Walker, ritroviamo un insospettabilmente melodico Mac Miller in “Wanders of The Mind” che canta─e non rappa─sulla produzione che più di tutte si avvicina allo stile Odd Future (e non a caso affidata alla voce di Malcolm).”Higher Times” è invece una magnifica strumentale di 10 minuti sulla quale si poggiano le voci sussurrate di Syd e dell’ospite d’eccezione Jesse Boykins III perfettamente intonato con tutto l’album. Quest’ultima traccia, che per costruzione ricorda GbM, chiosa perfettamente in chiusura all’intero lavoro, testimoniando anche un ottima scelta di disposizione dei brani, che ritengo vadano ascoltati in successione rigida per garantire l’originalità delle vibrazioni che questo lavoro comporta.
Detto dei punti che funzionano di meno, l’altra faccia della medaglia sono due vere e proprio bomboniere di musica neo-soul. “Red Balloon” è una dichiarazione d’amore e di forza quasi commuovente, ed anzi eliminerei il quasi, con giri di basso che rendono stra-intimi i 2.25 di durata. Di “Dontcha” è davvero troppo facile parlare bene, ne funziona ogni singolo accordo e ciao.
Da sottolineare l’immenso passo in avanti fatto dai due nell’avvalersi dell’aiuto di una vera e propria band per costruire un qualcosa di veramente soul─un risultato che di certo non sarebbe stato raggiunto nel caso contrario─e che invece permette a Syd e Matt di migliorare il prodotto rispetto a “Purple Naked Ladies” e di maturare come artisti.
Vorrei trovare una chiusura ad affetto, ma l’effetto migliore ve lo farà proprio l’ascolto del disco.