Ale Giorgini è molto più di un abile disegnatore: è una mano esperta, un confidente sconosciuto con cui scambiare due chiacchiere sul mondo dell’illustrazione perché lo conosce come le sue tasche, un uomo cresciuto e un eterno sognatore. Immerso da sempre nel suo universo a due dimensioni, sospeso tra i colori caldi dell’estate e quelli freddi dell’inverno, è il primo ospite di Passaporto dopo la pausa natalizia.
Sei il curatore della mostra Illustri che ha preso il via a Vicenza lo scorso 14 Dicembre. Raccontaci com’è andata e come hai selezionato gli artisti esposti.
L’inaugurazione è andata oltre le aspettative, mentre la selezione è stata abbastanza semplice: meno di 40 anni e un portfolio internazionale. Ho scelto circa 20 nomi, fra i migliori che abbiamo in Italia, ordinandoli in una sorta di classifica personale e in base alle loro peculiarità. Ho quindi spedito i primi undici inviti, mi hanno risposto tutti nel giro di qualche ora. Non capita tutti i giorni di poter esporre in un monumento nazionale. Fino al 12 gennaio sarà possibile ammirare il contrasto fra gli straordinari spazi della Basilica Palladiana di Vicenza e le opere di Shout, Ponzi, Olimpia Zagnoli, Riccardo Guasco, Mauro Gatti, Francesco Poroli,Bomboland, Jacopo Rosati, Umberto Mischi, Rubens Cantuni e del sottoscritto.
Che poi agli illustratori la definizione di artista piace?
A me personalmente non molto. Non sono io a decidere se quello che faccio è arte o meno.
Soffri di una qualche forma di claustrofobia? Le tue illustrazioni sono sempre sovraffollate.
È la prima volta che mi fanno questa domanda. Ne sono molto stupito, perché la risposta è sì, soffro di claustrofobia. Non prendo ascensori, evito di chiudere la porta quando sono in una stanza senza finestra e alla lunga stare in mezzo alla folla mi mette a disagio.
Domenica sera al cinema o sotto al piumone per l’ultima stagione di The Walking Dead?
Domenica sera con pizza, divano e dvd.
Quali sono gli stereotipi più comuni sul tuo ambiente di lavoro?
Spesso le persone credono che la mia giornata sia vissuta all’insegna della pazzia creativa, inseguendo l’ispirazione durante spensierati pomeriggi mondani in una sorta di anarchia degli orari. Invece, per come sono abituato a lavorare, assomiglio più ad un impiegato di banca che ad una rockstar. Disciplina, orari ferrei, solitudine e spesso addirittura il silenzio sono caratteristiche della mia giornata di lavoro tipo.
Ci mandi una fotografia della scrivania su cui stai lavorando in questo momento?
Questa foto aiuta a dimostrare quanto poco “rock’n’roll” sia la mia giornata.
Pantone ha appena decretato il colore del 2014: radiant orchid. Lo userai nei tuoi artwork?
Non è un colore che mi stimola particolarmente. Credo continuerò ad usare le tonalità calde del giallo e dell’arancio che adoro e ripiegare sui toni del verde nel caso dovessi raffreddare i miei artworks. Mi sono creato, nel corso degli anni, una personale palette di colori cui sono molto affezionato.
È più facile vedere i propri lavori esposti in Italia o all’estero?
Penso che l’essere “esposti” sia il riconoscimento per il lavoro che un illustratore ha fatto fino a quel momento. O almeno così dovrebbe essere. Quindi dato che questo lavoro è meraviglioso, ma faticoso e richiede spesso sacrifici, allora la risposta è che in entrambi i casi è difficile, al di là dell’aspetto geografico.
Se ti dico Dance Like Shaquille O’Neal, cosa mi disegni?