foto di Flavia Eleonora Tullio
Le Lovecats sono Adele e Cecilia. Hanno al loro attivo un Ep, Almost Undone, e una collaborazione su due brani con le Sharing Tales nell’Ep 2 Cool 4 School. Una strada ancora da percorrere insomma. Ma dal primo ascolto, ci sono piaciute subito, e abbiamo subito creduto ci fosse molta carne al fuoco, molta più di quanta finora dimostrata. In questo momento mi trovo nel loro monolocale, in un quartiere residenziale di Milano. Studiano qui, ma appartengono a Verona dove, si dice, la scena è un po’ blanda. Si percepisce l’ansia, il nervosismo. Tra meno di un’ora suoneranno sul palco Jack Daniels del Miami, il primo concerto davanti a tanta gente. Ed io mi sono intrufolata a casa loro, in uno dei momenti più delicati. Ma le ragazze sono super amichevoli, mi mettono a mio agio, mi preparano una tazza di caffè. Ci facciamo le prime domande dopo i contatti su fb. E io inizio a sciogliere il ghiaccio, perchè il tempo è poco.
Vi ho spiato un poco sui profili, avete tanti video caricati. Uno in particolare mi ha fatto sorridere: una serie di cover acustiche di Regina Spektor e dei Moldy Peaches.
A. Ah si, ma ero insieme a un’altra ragazza in vacanza all’epoca. Anche se con la Cecilia avevamo questi ascolti in comune.
Come è successo? A vedervi muovervi così, dentro casa, sembrate molto “sincronizzate”, tra di voi, segno di una amicizia che dura da molto.
C. In realtà ci siamo conosciute verso la fine del 2010, solo 4 anni fa. Lei è venuta a casa mia e ha visto i miei poster (tra cui quello di Adam Green che campeggia al centro della sala) e abbiamo capito che ci piacevano le stesse cose. E che entrambe non riuscivamo a condividere queste passioni con le nostre coetanee. Avevamo 16 o 17 anni.
E da quando è iniziato l’amore per dei gruppi, diciamo, meno popolari tra gli adolescenti?
A. Quando ero alle medie, mi sono appassionata di punk hardcore anni 70 e poi sono andata a risalire, 80, 90; poi ho conosciuto gente che diceva “ascolta i Modest Mouse”. Avevo 15 anni e avevo un ragazzo che suonava e mi ha passato dei gruppi. E ho iniziato ad ascoltare roba diversa.
Quindi tramite il famoso “ragazzo”…è molto comune questa cosa per cui le donne si appassionano alla musica tramite un ragazzo che segue musica, vero?
A. Quando ero alle medie conoscevo tantissime ragazze che suonavano tanti strumenti, ed erano tecnicamente preparatissime. Ma nella musica cosiddetta ”indie” è come e ci fossero molti più nomi maschili e quindi è probabilmente una questione di identificazione. Magari il giro si forma più all’interno dei ragazzi che delle ragazze.
Però poi i punti di riferimento femminili sono molto forti.
A. A me piace molto Cat Power, infatti quando l’ho scoperta mi si è accesa una lampadina. E ho pensato “allora non ci sono solo i ragazzi che suonano, ci sono anche delle donne in gamba che fanno musica molto bella”. Però sembra ci sia una differenza, la musica indie è quella e POI ci sono anche le ragazze che suonano. Non so perchè, non è che mi piaccia molto.
C. E poi c’è da vedere che è scontato se ci sono gruppi di soli uomini è una cosa normale, se ci sono di sole donne è una cosa straordinaria. Infatti fanno quelle cose tipo le serate solo femminili. Che cosa scontata.
A. Odiosa
C. Come se avessero bisogno di uno spazio a parte per fare suonare. Non vai lì a vedere delle ragazze che suonano, ma a sentire della musica.
Ci sono diverse questioni sempre aperte sulle donne, sull’uso e l’abuso della donna, anche e soprattutto nell’ambito musicale.
A. Adesso nella scena cantanti tipo Rihanna fanno video che trovo degradanti. Uno degli ultimi poi, l’ho trovato orribile. Non perchè mostri la sua sessualità, ma l’ho trovato molto maschilista, sessista.
Penso di aver capito a quale video ti riferisci. Anche se nel video lei ha i soldi in mano, quindi dice “ho io il potere”.
A. Si ma affiancare i soldi e del potere ad una immagine sessuale così forte mi sembra una scelta poco vincente in un’ottica di dare spazio alla figura femminile.
Come Miley Cyrus?
C. Lei ha voluto fare il passo e dire “sono cresciuta mi sono emancipata”. Se tu decidi di cambiare genere e dal country pop fai una cosa molto diversa e anche commerciale, sfruttando una moda, sei solo molto furba. Ma mi da fastidio l’atteggiamento del sono cresciuta = posso prendere le droghe, vado in giro nuda. Per me l’essere cresciuta è proprio l’opposto. Non è una questione di libertà della tua sessualità, che è sacrosanto e giusto. E’ accostare la tua sessualità a delle tematiche non ti valorizzano.
E qualcuno che ha rotto col passato facendo una crescita artistica?
C. Beyoncè ad esempio. Ha sempre fatto RNB . Ma lo stacco che c’è tra le Destiny e Beyoncè è grande. Quando ha deciso di fare da sola, non si è detta”vado sul palco nuda e basta”. Lei ha sempre avuto questo atteggiamento maturo, e si vede, personalmente e artisticamente.
Anche se lei segue l’onda delle mode musicali (composizione, produttori). Da quello che mi dici c’è una riflessione duplice sull’immagine dell’artista donna. Da una parte c’è chi dice: donna, trucco, tacchi, etc, dall’altra, un rifiuto della propria femminilità, senza trucco, con vestiti strappati, cercando di rinunciare alla propria femminilità. Ma a me sembra così marchino ancora di più la diversità, come dicano: “dovete accettarmi per la mia musica, non guardatemi come donna”.
A. Si infatti. No questa è una cosa che non sopporto. Secondo me sarebbe bello si riuscisse a arrivare a una posizione intermedia tra il “sono donna, mi trucco, mi spoglio, faccio quello che voglio del mio corpo” e quelle che invece rinunciano completamente a se stesse.
Ho visto recentemente Anna Calvi dal vivo, sono rimasta abbagliata.
A. Ma anche una St.Vincent , lei è un mostro di bravura ed è femminile ed è bellissima, si trucca, si veste benissimo. Anche coi capelli bianchi! Ma anche una come Joan Baez, in passato.
D’altronde comunque di figure femminili che hanno dato un apporto fondamentale ce ne sono a iosa.
C. Joan Baez tra l’altro è stato uno dei primi riferimento che abbiamo avuto. E’ un esempio di quelle donne molto femminili che non hanno nulla da invidiare sotto l’aspetto artistico a molti musicisti. Poi magari ci sono persone che dicono “fighi i Talking Heads”, figa quella linea di basso, fighi i “Sonic Youth”. Merito di donne.
Fonti di ispirazioni musicali?
Cat Power, Laura Marling.
Non so se vi offendete, ma quando vi ho sentito per la prima volta ho pensato subito alle First Aid Kid.
C. Ahahah non è che ci offendiamo, sono molto brave, il paragone è immediato: due ragazze, due sorelle, chitarre.
Cosa fate di diverso voi?
C. Io penso che si senta che nella nostra musica ci sono due personalità distinte. Loro vanno in sincrono, in perfetta armonia. Noi magari no, nel cantato. Nella composizione menchè meno, ci scorniamo !(ride) Si sente che ci sono due persone e che si alternano.
Ho sentito tra di voi una differenza di timbro che mi è piaciuta molto, tra un tono caldo e uno freddo.
A. Io penso che la sua voce è più calda della mia, e penso che abbia una voce molto bella, più bella della mia. Ma non mi dispiace. Se lei fosse da sola, o io fossi da sola non sarebbe così bello però. In un certo senso io e lei ci completiamo. Ed è comunque è bello che ci sia una voce più nervosa, ruvida e una più morbida, calda. Questo permette di spaziare molto. Poi c’è da dire che le cose che abbiamo scritto /registrato sono cose vecchie, adesso che stiamo scrivendo cose nuove, sono molto diverse. Ascoltiamo gruppi nuovi le influenze sono maggiori. Ad esempio abbiamo scritto questa canzone Gladly Farewell, e non è tipicamente folk, anzi. Mentre la componevo ascoltavo molto Built to Spill.
Vabbè siamo arrivate al dibattito annoso: l’inglese?
C. Ecco ci siamo! Si apre il dibattito!
Vi dico cosa penso io per prima?
A&C. Vai.
Non cantate mai in italiano, continuate con l’inglese.
C. PERFETTO! Ecco. Ci hanno sempre detto “ma no dovete cantare in italiano, siamo in Italia, non vai da nessuna parte”! Penso che vai molto più lontano con l’inglese invece. Ma per scrivere bene in italiano bisogna essere molto bravi. Altrimenti si rischia di cadere nel banale. Anche in inglese chiaro. Ma a noi piace l’idea di metterci in gioco con una lingua che non è la nostra e non essendo banali. Ad esempio un riferimento di musica italiana che ho sempre avuto è stato De Andrè. Ho sempre pensato: se non riesco a fare così, beh allora provo qualcosa di diverso.
C. A me hanno detto che l’impressione che diamo noi è di essere due ragazze molto piccole (anche se tra poco faccio 20 anni, e in effetti suono dai 16). E in parte è vero, ma spero che con il tempo verrà fuori qualcos’altro. Cresceremo, cambieremo, come naturalmente sarà ci staccheremo da quella immagine che gli altri hanno di noi. Ci è capitato dopo i concerti di gente che ci viene a parlare dopo i concerti e ci tratta come delle bambine.
A. Un episodio in particolare: una persona ci ha detto “certe cose ancora non le meritate, siete piccole. Ma io credo in voi, potete crescere”. O mi fai i complimenti o non me li fai, ho 20 anni, non sono grandissima ma neanche più una bambina. Probabilmente fisicamente ispiriamo questo. Siamo molto casalinghe in questo. Chiaramente a me non interessa che per essere presa sul serio devo mettere tacchi e devo mettere il rossetto.
Quanto c’è di sociale nelle vostre canzoni?
C. Ciò che dovrebbe fare l’artista credo sia raccontare delle proprie esperienze intime, ma riuscendo ad elevarle in un senso universale. Il non stare bene in un posto, o un ambiente, il volere sentirsi a casa, o il non sapere quale posto chiamare casa, sono sensazioni che ho capito appartengono a molti. Ed è straniante quando vengono da te a dirti “anche io ho sentito questa cosa”. Ed è bello sembra di formare una catena umana di “disagiati”. Disagiati è un parolone (ride).
D’altronde chiunque lo è, c’è chi lo mostra di più, chi lo nasconde meglio.
A. Le paura sono sempre quelle infatti, sono universali, in questo senso abbiamo avuto fortuna, abbiamo tirato fuori le nostre paure a abbiamo avuto persone che le hanno capite.
Chiudiamo con le domandine marzulliane: libri?
C. Libro del cuore: Ogni cosa è illuminata. A causa di questo libro mi sono avvicinata alla religione ebraica.
Mi inviti al tuo bar mitzvah?
(Ride forte) Come no! Solo che è dura, non potrei più mangiare la coppa!
Ricrediti, fallo per la coppa.
Gli ebrei dicono che se uno si converte in realtà è sempre stata ebreo e dunque viveva in un corpo sbagliato.
Questa però è una profezia che si auto-avvera.
AHAH si può darsi! Comunque ho contattato la comunità.
E come è finita?
Non mi rispondono più. No scherzo, vogliono sapere se è una cosa passeggera o una scelta di vita propria.
Stessa domanda di prima a Adele.
I Miserabili. E’ un libro in cui c’è tutto: amore amicizia, libertà, politica, morale. Insegnamenti universali. Un libro da cui si può assorbire tanto in senso umano. Poi Camus, Kant, Buzzati.
Robina insomma.
C. Si lei sempre sul leggero, leggiamo un po’ di Kant prima di dormire và.
A. E poi ho scoperto Jankelevitch, filosofo francese, ebreo di origine russa, che gravitava nell’ambito dell’esistenzialismo. La sua scrittura ha più prosa di quella di Kant, è più narrativa e molto autobiografica. Insegnano molto a livello pratico e emotivo, io ho cambiato atteggiamento nei confronti degli altri dopo la sua lettura. Io l’ho trovato commovente in “Da qualche parte nell’incompiuto”. Stupendo.
Siete pronte, facciamo due scatti?
A. Si, sono in blu e nero, però.
Le passerelle hanno sdoganato il blu e nero insieme, vai tranquilla.
A. Ci sta la spilletta di Neon Genesis Evangelion?
Ci sta da Dio.
(ps. le foto sono diventate in bianco e nero poi, ma la spilletta era un tocco)