C’è qualcosa di buono nelle domeniche di pioggia. Quel senso di depurazione che si portano appresso e ti lasciano addosso, a spazzare via una settimana, una vita piena d’impegni, di tempo perso e occasioni non sfruttate. Che è un po’ lo stesso senso che diamo alla musica. E nella musica, così come nelle domeniche, c’è qualcosa di magico, che comunica, ispira, e invia segnali come recapitati dal cielo o da qualsiasi cosa ci sia lassù. All’imperatore Costantino I capitò di vedere una croce nel suo cammino verso la battaglia di Ponte Milvio, accompagnata dalla scritta “In Hoc Signo Vinces”, che dalle mie basi di latino in logoramento traduco con “Con Questo Segno Vincerai”.
Questo è anche il titolo della nuova raccolta della White Forest Records, l’etichetta romana che raduna sotto un unico messaggio, tanti degli esponenti della scena italiana della musica “istruita” tanto cara a chi vi scrive. Un panorama vasto, che pure viene coperto molto bene, tracce sicure, che lasciano poco spazio all’immaginazione e tanto ai sogni.
Un andamento costantemente sotto controllo, che trova valvole di sfogo nelle inquietanti quanto energiche melodie di Rycott e della sua Try My Apnea o di Grande Cane di Capibara. Un’unica grande produzione italiana dove a destare interesse sono anche i titoli scelti per le tracce. Figli della nostra storia, quella che parte dalla decadenza dell’impero romano come dimostra la sognante Roma Decadence. Una rassegna di emozioni, dall’angoscia di Itacha di Kidz106, alla tristezza di Eva’s Choice di Costa. In Hoc Signo Vinces si presta ad essere un manifesto di un modo di essere, quello italiano, ancorato alle radici, eppure così perfettamente aperto alle sperimentazioni. Quelle di Butterfly Girls di Go Dugong, o della velenosa Poisoned Souls di Godblesscomputers.
Facendo un passo indietro ai titoli, personale ossessione da una vita, non può essere un caso che si apra con Prophet si chiuda con la sopracitata Try My Apnea. Si fa fatica a credere che i tanti riferimenti agli stati mentali come ForgotteN, un’invasione di percussioni ad opera di Ground Hero, e la rinascita di Consciouness Of Things di Plato in feat con Davide Sgorlon, non siano messe lì ad indicare la strada di un percorso di redenzione, un’espressione orale, prima che musicale, della direzione precisa presa dalla nostra scena. Questa è la White Forest adesso, a voi.
Ma le domeniche di pioggia hanno in comune qualcosa pure con “In Hoc Signo Vinces”. Il climax, il crescendo di tensione che porta al momento catartico, che tutto risolve. Lo dimostra Passing Trough Walls di Mapo Heiwajima: dopo l’amplesso, la grandine, il cielo si apre lasciando spazio a quel poco che di buono ci è rimasto: la vittoria.