foto di Simona Alexys Giordano
Qualcuno che ci ha definiti fannulloni, altri bamboccioni, e chi sa in quanti altri modi ci sentiremo chiamare nel corso delle nostre carriere, delle nostre vite. Noi siamo i giovani, quelli nati negli anni ’90, quelli che hanno vissuto infanzie con tenori di vita quasi certamente superiori ai futuri standards, quelli che per primi, durante l’adolescenza, si sono trovati su internet, usandolo ognuno come meglio credeva. C’è poi chi, tra i giovani, ha talento, ma davvero tanto, e riesce non solo ad esprimere se stesso, ma anche a farsi riconoscere per quel talento, nonostante i 20 anni appena compiuti. Lui è Yakamoto Kotzuga, viene da Venezia e per adesso produce sogni, dopo chissà.
Ci incontriamo via Skype una domenica dopo pranzo, un’artista ed un tizio che fa domande, ma fondamentalmente due coetanei che parlano di musica. Giacomo (il suo vero nome) ti sorprende per la sua sana genuinità, che ha perso candore neanche troppo tempo fa. Giacomo ha l’aria da artista per natura, ed è una di quelle cose che, come si dice nel basket, “non si allena”, ci si nasce.
Per l’occasione, Yakamoto ci ha regalato un mixato con alcuni dei brani che, in qualche modo, possono aver portato al “parto” del suo nuovo singolo, uscito (con due remix di Furtherset e Machweo) qualche giorno fa per “La Tempesta”.
Partiamo dalla fine Giacomo, che ne dici? E’ da pochissimo uscito “ All These Things I Used To Have”,il tuo ultimo lavoro. Raccontaci qualcosa in più.
Certo. Questo è il mio primo singolo con La Tempesta, ed è una traccia che avevo pronta già da un po’ di tempo, continua a convincermi abbastanza del fatto che sia quella giusta. Sono soddisfatto del risultato ed anche del video, che credo sia venuto davvero molto bene.
Hai detto che la traccia è di qualche tempo fa, ti ricordi se c’è stato qualche ascolto che ti ha ispirato?
C’è sicuramente un po’ di Shlomo secondo me. Per quando riguarda le chitarre invece magari un pizzico di post rock.
Io sono in fissa con i titoli in generale, anche questo significa qualcosa di particolare?
Sì, certamente. Nel senso: è una canzone non dico nostalgica, ma che parla dell’accettazione del passato in qualche modo. Il bello è che avevo già fatto questo pezzo, ma la prima volta che mi ha colpito veramente è stata dopo la fine di una relazione. Ho ascoltato di nuovo la traccia e ne ho capito il vero senso, è stato come se l’avessi scritta apposta per quel momento.
Tu scrivi molto? Sei molto prolifico o/e istintivo? Poi mi piacerebbe sapere se prima di far uscire qualcosa (come nel caso di questo singolo) lo tieni un po’ “da parte” o se metti subito in rete le tue produzioni.
No, di sicuro quello no. Magari prima ero più portato a condividere tutto ciò che facevo, ma adesso no. Per il resto diciamo che ho periodi dove sono abbastanza prolifico, alternati a periodi in cui non riesco a far niente, per cui posso dire che seguo i miei tempi, senza “sforzarmi” troppo.
Credi sia un bene, da parte di un’artista, inondare il web con proprie produzioni?
Credo sia innanzitutto molto difficile dirlo. Io ad esempio cambio molto spesso opinione su di un pezzo, in poco tempo. Quindi mi piace aspettare in modo da esserne assolutamente convinto. Però è anche vero che a volte se si aspetta troppo prima di far uscire le cose, poi ti sembrano quasi “vecchie” o non a livello delle nuove. Sarebbe bene trovare un equilibrio tra le due cose.
Il discorso è ampio, fin troppo per poterlo sviscerare all’interno di un’intervista. Il punto di vista di Giacomo però è interessante ed offre uno spunto: quand’è che un pezzo diventa “vecchio”? Non è certamente un discorso prettamente temporale, c’è un qualcosa di musicale dietro, legato (e qui parlo per me) anche ad una certa stagionalità. Un disco invernale, dell’inverno 2013, può diventare musicalmente obsoleto qualche mese dopo, in primavera ad esempio? Credo di si, e credo inoltre che una delle scelte più difficili a livello discografico sia proprio quella di riuscire ad individuare il periodo giusto per uscire. Nel mercato di oggi diventa quasi fondamentale. Un esempio è GIRL di Pharrell. Un gran bel album, ma uscito neanche un anno dopo RAM, disco a cui si avvicinava concettualmente, o ancora mentre tutti ancora cantavano “Happy” cosi che tracce come “Brand New” sono passate in sordine dal punto di vista radiofonico. Ora, non ho i dati di vendita di GIRL, magari avrà pure vinto il disco di diamante laccato in platino, resta il fatto che non ha fatto tutta la presa che potenzialmente avrebbe potuto fare. Ma torniamo a noi.
Passiamo alla parte più “pratica” del vostro mestiere: stai facendo solo live o anche dj-set? C’hai mai pensato oppure proprio non ti interessa?
Guarda, dj-set ne ho fatti un paio, giusto cosi. Magari ci penso bene a far anche quelli, ma non è che siano il mio forte (ride)..
Perché tu nasci musicista no?
Si, ma più che altro non credo di essere bravissimo come dj però, magari ci penso.
Anche i Disclosure all’inizio facevano set terribili. Poi con l’allenamento son’ migliorati. Dicevamo che sei un musicista, e da che genere di background vieni.
Io ho sempre avuto delle band, in cui suonavo la chitarra. All’inizio inizio avevo una band funk a 14/15 anni tipo. Quindi ho cominciato un po’ cosi. Nelle prime cose forse ero punk-rock, poi i Red Hot Chilli Peppers mi ricordo che mi piacquero un casino. Poi piano son arrivato al post-rock che tutt’ora ascolto molto. Quindi questi sono i miei riferimenti.
Se ti dico Nicolas Jaar? Mi spiego: l’idea del tuo live, con chitarra magari anche la voce, a me lo ricorda ecco.
La voce magari l’ho usata più nelle prime cose, anche perché non mi fa impazzire la mia stessa voce.
Capito. Ritornando a Nico, prendi magari un po’ ispirazione da lui? Io ci vedo pure una somiglianza, non dico fisica, ma di sagoma quasi.
Lui mi piace molto, pur non essendo tra i miei riferimenti principali, però cazzo si, è Nicolas Jaar. L’ho apprezzato anche nel progetto Darkside, o nell’uso della chitarra.
Parlando di chitarre. È un elemento che c’è sempre stato nella tua musica (quella elettronica intendo) o di più recente introduzione?
Nelle prime cose che ho fatto un pochino di chitarra c’è sempre, ma non è stato cosi automatico il suo inserimento. Nel senso che all’inizio pensavo quasi ci stesse un po male, fosse un po’ estrania al genere, dopo di che ho capito che poteva essere il punto di forza del pezzo.
Sei pronto per la stagione dei festival?
Ma si dai (ride). Ci sto lavorando molto, poi adesso stiamo preparando anche qualcosa dal punto di vista dei visuals, dovrebbe venir fuori qualcosa di carino.
Tu preferisci una dimensione più da club, o da open air?
Distinzioni non ne faccio, basta che ci sia gente interessata. Poi certo, non facendo musica troppo ballabile, magari mi ritrovo più a mio agio in una dimensione da concerto che non da club.
C’hai mai pensato a far roba con cassa dritta, 4/4 e via dicendo?
Certo, come no. Mi interessa e magari un giorno, con un progetto parallelo qualcosa verrà fuori.
Incontri molte differenze nella “realizzazione” di un remix, rispetto che una traccia originale? Nello specifico: cerci di seguire le “linee guida” di un remix, o ti piace magari stravolgere completamente la traccia?
A me piace molto stravolgere tutto, però se si tratta di un remix cerco di mantenere degli elementi in modo che comunque si riconosca il pezzo (ad esempio la linea vocale). Però si, mi piace l’idea di distruggere tutto e ricostruirlo da capo.
È arrivato il momento dell’intervista dove faccio la stessa domanda a tutti gli artisti di musica elettronica in Italia: pensi si riesca a vivere di musica in questo paese?
Ti dico: in realtà adesso sono in un periodo un po’ particolare, perché ho deciso di lasciare architettura per studiare musica, iscrivermi al conservatorio. Mi piacerebbe diventare sound designer. Quindi non lo so, però ci spero.
Stai comunque lavorando in quella direzione no?
Si, ci sto provando. Tra l’altro ho avuto anche una bella sorpresa per quest’anno: sono stato selezionato per una borsa di studio per Fabrica, il centro di ricerca per la comunicazione per Benetton. Quindi quest’anno (da settembre ovviamente) lo farò li.
Hai fatto anche la candidatura per il RBMA?
Si certo, tra un po’ dovrebbero anche uscire i risultati.
Decido che è arrivato il momento giusto per giocarmi la carta “ma lo sai che siam coetanei e siamo nati nell’internet”. E Giacomo da una precisa risposta che mi colpisce davvero molto.
Dato che siamo nati nello stesso tipo di mondo in un certo senso, non credi che fare musica elettronica sia un filino non dico più semplice, ma in qualche modo più riconosciuto di qualche tempo fa? Mi rendo conto che tu “qualche tempo fa” non c’eri.
Guarda, io credo che nonostante tutto questo possa essere il periodo giusto per farlo.
Ecco.
Sicuramente rispetto al passato è molto più semplice adesso, vuoi per internet o per qualsiasi altra cosa.
Magari c’è anche più interesse intorno al “genere”.
Esattamente, c’è sicuramente un pubblico maggiore, gente che comincia ad interessarsi. Anche tutti i festival di livello che stanno venendo fuori, vuol dire che qualcosa si sta muovendo.
Essendo anche tu, come me, un “nativo digitale” a tutti gli effetti e trovandoci oramai in un mondo digitale: credi sia un bene essere nati già nell’era della tecnologia, anche rispetto a chi magari, a 30/35 anni ha conosciuto maggiormente il mondo analogico. E’ stato meglio nascere e crescere con internet già li, già evoluto?
Direi che è un vantaggio, soprattutto dal punto di vista del “marketing”, poi non so io ad esempio sono un po’ estraneo alla questione del vinile, nel senso che si, qualche vinile lo ho, me li ascolto ogni tanto etc etc però non sono ovviamente un nostalgico.
Può aiutare quindi a far taglio netto col passato?
Si, ma credo che fondamentalmente sia anche giusto cosi, adattarsi a quello che il nostro tempo ci offre è giusto, usare le tecnologie che abbiamo e tutto il resto. Sicuramente è importante avere un approccio con uno strumento, credo sia utile.
Mi verrebbe da dire: “ci voleva cosi tanto?”. Purtroppo viviamo in un mondo (ed in un’epoca) relativista e vintage, dove giurerei di trovare qualcuno disposto a rinunciare alla penicillina. Dicevamo, la musica…
Visto che sei un musicista, ed hai prodotto una traccia a Ghemon: ORCHIdee l’hai ascoltato?
L’ho comprato l’altro giorno, ho sentito qualcosa, ma devo ancora ascoltarlo con attenzione. So che comunque è una cosa da fare. Lui è un’artista che stimo tantissimo.
Collegandoci astralmente con Ghemon e con il suo nuovo modo di “fare musica”. Qual è il tuo approccio alla produzione? Hai mai pensato di fare, se non l’hai già fatto, pezzi interamente suonati? Hai una band a supporto, o magari ti piace più far le cose da solo?
Guarda, io per certi aspetti preferisco stare da solo. Molto spesso anche il fatto di non riuscire a fare una cosa alla perfezione ti permette di esplorare altre sonorità che magari non andresti a cercare avendo a disposizione un virtuoso di ogni strumento. Il fatto di fare quello che riesco a fare non mi dispiace. Per il resto, non ho mai una formula precisa che seguo. Posso partire dal campione, come posso partire dalla chitarra o da field recording dipende. Va anche molto a caso a volte, non lo nego (ride).
Tu riesci a riconoscere qualcosa che ti ispira, oppure è davvero un concetto troppo astratto?
Più che qualcosa in particolare direi che è tutto. Ovviamente c’è uno stretto rapporto tra quello che si vive e quello che si produce. Secondo me è un processo che non si può neanche troppo riuscire a spiegare, succede e basta. Magari è più facile capirlo dopo, a traccia finita, cosa ti abbia ispirato nella realizzazione di quella cosa.
Attualmente cosa stai ascoltando?
Ultimamente sono un po’ in fissa con Flying Lotus, anche se non sto seguendo molto le nuove uscite, ma mi sto concentrando su delle sonorità simili alle sue. Poi anche qualcosa di post-rock, alcuni gruppi un pò strani, ma non tanto per ispirazione ma più che altro perché mi piacciono (ride). Adesso come adesso sto ascoltando molta musica mia, per preparare i live. Ma voglio ascoltare bene il disco di Ghemon, dopo di che ritornerò nel mondo dei vivi.
Prima mi hai detto che Jaar non è proprio un tuo punto di riferimento. Quali sono allora i tuoi punti di riferimento?
Ce ne sono, e son pure tanti. I miei artisti preferiti sono (in ordine sparso ovviamente): Shlomo, che mi piace davvero un casino, poi Shigeto, Lapalux è un altro che trovo molto interessante, FlyLo ovviamente ed i vari Mount Kimbie, James Blake.
Ed invece in Italia? C’è qualcuno a cui legato, anche dal punto di vista umano.
Quelli a cui sono più legato sono Furtherset e Machweo, due miei coetanei che tra l’altro mi hanno anche remixato il singolo. Ho avuto modo di conoscerli di persona e si, posso dire che siamo amici. Loro sono davvero molto bravi. Poi mi è piaciuto molto “Veleno” di Godblesscomputers. Comunque in Italia ce ne sono un sacco che spaccano come Capibara, Populous, Stev anche mi piace molto. Anche Cosmo in realtà mi piace tantissimo, ha un live super e poi fa davvero bella musica.
Ho letto che l’origine del nome è una cosa soprattutto scherzosa e fin qui ci siamo. Però c’è nelle tue sonorità qualcosa di orientale? Anche l’artwork del nuovo singolo ha una ragazza orientale in copertina.
Le ragazze orientali credo piacciano a tutti (ride)
Embè, credo di si.
No, in realtà l’artwork è ripreso dal video, dove (poi l’abbiam visto) ci sono tre ragazze.
Tutte orientali? Ahah.
No no, non sono tutte orientali ahah. Diciamo che si, mi piace anche un pò giocarci e fare qualche richiamo, anche perché è una cultura che comunque mi piace. Però ovviamente mai a livelli seri.
Nel futuro prossimo quindi c’è lo studio?
Si, questa cosa di Fabrica sarà una sorta di lavoro ed inizerò l’anno prossimo. Però il mio obiettivo è quello, studiare musica e diventare un sound designer. Poi ovviamente sarebbe splendido un giorno riuscire a vivere con la mia musica e basta però, essendo realista, vivere di, con e per la musica sarebbe il mio obiettivo.
C’è qualcosa di pronto per i prossimi mesi, EP, album, cassette, compilation, materassi, pentole? A proposito: l’album?
Si, io sto lavorando ad un album anche se non so ancora quando sarà pronto, voglio prendermi tutto il tempo necessario. Ti posso dire che le ultime cose che ho fatto sono un pelo più cupe, più diverse dal solito, e mi stanno piacendo molto. Ma non so ancora dire che direzione prenderà.
Bene. Hai mai pensato (se già non ci sono nei nuovi lavori) di inserire vocal originali sulle strumentali?
Si, si potrebbe. Mi piacerebbe provare, però è ancora presto per dirlo. Ovviamente non miei.
Consapevolezza, coscienza, arte, passione, dedizione, impegno. Magari se cercate un bamboccione avete sbagliato posto. O, già che siamo, era.