Dei Lamb abbiamo parlato recentemente, per la precisione in occasione dell’uscita del loro nuovo, sesto album intitolato Backspace Unwind. Andy Barlow e Lou Rhodes stanno per tornare in Italia per presentare le loro nuove canzoni in tre concerti, il 17 Novembre a Roncade (TV), il 18 a Roma ed il 19 a Milano. Abbiamo colto quest’occasione per parlare con un’affabile e disponibile Lou del loro passato e del loro eccitante presente:
Versione italiana (Leggi qui la versione inglese)
Preparando questa intervista mi sono ritrovato a pensare a quanto il vostro dualismo, il modo in cui tu e Andy vi completate a vicenda con i vostri talenti, sia molto interessante ed abbastanza unico nel suo genere.
È bello sentire che tu abbia questa impressione riguardo al modo in cui lavoriamo. Nel corso degli anni ci sono stati anche tempi in cui le cose non hanno funzionato così bene. Questa è stata la causa del nostro temporaneo scioglimento nel 2004 ma al momento penso che stiamo lavorando assieme meglio che mai e penso che questo nuovo album ne sia la testimonianza. Si crea un flusso creativo nel modo in cui lavoriamo assieme oggi e come hai detto tu ci completiamo a vicenda, così possono essere riassunti i Lamb. Ci ha fatto bene scioglierci per un periodo; quando ci siamo riuniti abbiamo capito chiaramente dove avevamo sbagliato, cosa il progetto Lamb rappresentava per noi e cosa volevamo esprimere con la nostra musica. Si è trattato di rendere le cose più semplici. Nel passato si erano complicate ed abbiamo voluto ridurre il tutto agli elementi fondamentali della nostra musica, cioé il suono elettronico, la mia voce e le canzoni da me composte.
Ho notato come nel tuo songwriting fai spesso uso, riattualizzandole, di forme musicali antiche come il folk ed il blues.
Effettivamente, non è qualcosa che succede coscientemente – penso piuttosto abbia a che fare con le mie radici nel folk inglese. Sono cresciuta con una mamma cantante di folk e la scena folk inglese esercita sicuramente una grande influenza in tutti quelli che ne sono coinvolti. Ma con i Lamb una cosa è stata chiara. All’epoca del nostro scioglimento nel 2004 sentivo il desiderio di immergermi in quelle radici e cercare di spingere i Lamb in quella direzione non ha funzionato. Abbiamo cercato di farlo con il nostro quarto album prima dello scioglimento, ma si è trattato di un esperimento non molto rappresentativo dei Lamb. Durante il periodo della separazione ho scritto tre album nei quali ho potuto esprimermi in un genere più acustico. Così quando ci siamo riuniti per comporre 5 siamo stati in grado di separare cosa ci rappresentava dal resto. Compongo ancora musica da solista: prima di iniziare Backspace Unwind ho registrato un album che non ho avuto la possibilità di pubblicare perché eravamo occupati con quest’altro. Le due cose possono comunque funzionare assieme, l’importante è distinguerle. Lamb deve rimanere nella sua essenza, e cioè la dialettica tra me ed Andy.
Ho l’impressione che vi piaccia correre dei rischi, andare controcorrente. Non siete alla ricerca di comodità nella vostra carriera.
Hai davvero ragione. Ci stavo proprio pensando stamattina, è proprio vero. Abbiamo bisogno di stare un po’ sulle spine in ciò che facciamo. La cosa divertente è che quando pensiamo che ciò che produciamo sia normale, il resto del mondo sembra essere di opinione contraria. Dio solo sa cosa verrebbe fuori se producessimo qualcosa che per noi stessi è fuori dal comune. A volte ci diciamo “Hey! Questo potrebbe essere un successo!”, lo facciamo ascoltare al nostro manager che risponde “Cosa? Ma cosa state facendo?”. Per cui penso che sì, con i Lamb si tratta di saltare nell’ignoto. È il fuoco che ci alimenta.
Mi è sembrato di notare che la vostra musica con il tempo stia diventando sempre più profonda.
Sì, penso tu abbia proprio ragione. Non so per quale motivo, o che tipo di processo ci sia dietro, abbiamo fatto musica assieme per così tanto tempo e ci sentiamo vicini più che mai e ci fidiamo ciecamente del nostro metodo. In un certo senso stiamo diventando sempre più standardizzati nel lasciare che la musica scorra tra di noi e meno ci pensiamo, più profonda questa diventa. E quando non fluisce spontaneamente ci prendiamo del tempo e lavoriamo a qualcos’altro. Per noi stessi è ancora un mistero e questa è la cosa fantastica che mantiene tutto così fresco, ma non ti saprei dire come funziona. A volte componiamo una canzone e quando ascoltiamo la versione finale ci diciamo “Wow! Cos’era sta roba? Da dove è venuta fuori?”. È sempre eccitante.
Anche i testi che scrivi ultimamente sembrano andare più in profondità.
Sono una persona abbastanza privata ed introversa, è strano come riesca ad esprimermi con questi testi così emotivi, esponendo una parte di me. È strano eppure sembra sia una cosa che ho bisogno di fare. Scrivere canzoni è esprimere ciò che si ha dentro in maniera spontanea. Questo album è stato abbastanza interessante nel senso che, quando avevo finito di lavorare al mio nuovo album solista per un certo periodo mi sono sentita come se non avessi avuto più null’altro da dire. È una sensazione che mi ha messo paura fino a che non ho deciso di vedere quello che riuscivo a creare in maniera più libera e senza pensarci come avevo fatto prima. Ho cercato di ritrovare uno spazio mentale nel quale meditare apertamente in modo da lasciare fluire le forze attraverso di me per farle diventare liriche. Se ascolti molte delle canzoni dell’album ti accorgerai che sono abbastanza astratte ed in questo trovano un proprio significato. Questo è quello che amo di alcune di queste canzoni, ne sto ancora trovando il significato. La cosa bella delle canzoni è che ogni persona porta la propria esperienza di vita nell’ascolto. Una canzone può avere diecimila significati perché ognuno la ascolta in maniera differente.
Ci racconti qualcosa a proposito della lavorazione all’album?
Per quel che riguarda i nostri ultimi due album abbiamo lavorato in questo delizioso studio all’interno di una casa vicino a Brighton ed è proprio il nostro tipo di ambiente, è come una seconda casa per me. Facciamo musica, cuciniamo, è molto confortevole. Quando lavoriamo la cosa importante per noi è iniziare da una semplice idea. Non funzionerebbe se Andy scrivesse un intero brano e mi chiedesse di cantarci sopra, oppure il contrario: l’intero processo deve essere organico, una specie di viaggio senza meta d’arrivo. Iniziamo passando una all’altro delle idee, è uno strano tipo di alchimia. Da un’idea si arriva ad una altra, come se giocassimo ad una specie di ping-pong musicale: un’idea ne spinge un’altra in una nuova direzione. Abbiamo imparato a fidarci di questo tipo di processo creativo. Lasciamo che la musica scorra e spesso è come se procedesse in maniera autonoma.
Ho l’impressione che abbiate trovato una stabilità che vi offre la possibilità di produrre la vostra musica con una certa comodità.
Oh sì! All’inizio con una etichetta major…eravamo molto giovani quando abbiamo firmato per la Universal, se vuoi anche molto ingenui; pensavamo che fosse la cosa migliore del mondo ma dopo qualche anno abbiamo cominciato a capire quanto si desse per scontato che fossimo disposti al compromesso nel nostro contratto. In ultima analisi le major non sono interessate all’integrità di un musicista, sono solo interessate a quanti dischi vendi e questo rende le cose difficili. Al contrario per noi è importante è spingere i nostri confini musicali e creare qualcosa di eccitante. Sentirsi chiedere da una etichetta di fare musica che sia più simile a quella di qualcuno che vende più dischi in quel momento è semplicemente folle. Oggi non dobbiamo rendere conto a nessuno, facciamo la musica che amiamo e nessuno ci dice quello che è giusto e quello che è sbagliato. Il nostro pubblico potrebbe dirci se qualcosa non va ma per il momento sembra che apprezzino. È un tipo di processo che ci offre libertà e la sensazione è che sia anche più onesto. Quando firmi per una major è come se firmassi un contratto con il diavolo. Hanno tutto un altro genere di motivazioni.
Ci racconti qualcosa della vostra attuale dimensione live?
Si tratta della versione in trio composta da Andy, me e Johnny Thorne al basso. La cosa divertente è che abbiamo cercato di stilare una scaletta per questi concerti ed abbiamo così tante canzoni che non sappiamo come fare. Questo succede dopo aver realizzato sei album. Ci chiediamo “Che canzoni dobbiamo scegliere? Che canzoni non suoniamo?”. Cosi sarà un set molto corposo, amiamo suonare live edè una esperienza di condivisione, in due direzioni. Abbiamo bisogno del nostro pubblico per poterci esprimere.
Versione inglese
The duality between you and Andy is quite interesting and unique in the way you complement each other with your talents.
It’s nice to hear that you feel that there’s something unique about the way that we work. Over the years obviously there been times when it didn’t work so well, that’s when we split in 2004 for a while but now I think we work together better than ever and I think this new record is a testament to that, because there’s a real flow in the way that we work an as you said we complement one another and we bring to the whole picture of Lamb. When we did split it was very good for us to be apart and then when we came back together it was very clear what has gone wrong and what we felt Lamb was about and express it in our music. It was a case of making things simpler, sometimes things got quite complex in the past and we wanted to strip things back to the basics, which was this electronic music and my vocals and songwriting.
Listening to your older material, your solo records and the new one, I noticed that there are constantly elements of folk and blues in your songwriting.
I guess so, it’s not a conscious thing, but I think is very much a part of my roots in the english folk music. I grew up with my mum as a folk singer and the english folk scene is a quite a strong influence in your life if you are a part of it. But one thing became very clear with Lamb. When we spilt in 2004 I was yearning for immersing myself in those roots and I’d been trying to pull Lamb in that direction and that doesn’t work. There are maybe elements in my songwrting and in the melodies I use, but trying to pull Lamb in a more acustic direction doesn’t work. We tried to do that in our forth album before we split, it was an experiment but it wasn’t really very Lamb. In the time when we split I wrote three solo albums and enjoyed myself in the more acustic genre. And then, when we got together to write 5 we were able to be very clear on what Lamb is and what isn’t and we were able to communicate that. I’m still writing solo music, before we started Backspace Unwind I was writing a solo record which is all recorded but I haven’t had a chance to put it out because we were busy with this. The two things can function together, it’s just about being clear of what works where. Lamb needs to stay in his essence, in this kind of dialectic between the two of us.
You seem to enjoy taking risks, you seem to need to go against the mainstream. You don’t crave for comfort in your career.
You are really right, I was just thinking about that this morning actually, it’s very true. I think we do need a little bit of an edge in what we do. The funny think is even when we think what we do is really normal, the rest of the world seems to thinks it’s really weird. If we think it’s weird, God knows what everybody else would thinking. Sometimes we think “Hey! This could be a hit” and we play it to our manager and he is something like “What? What are you doing?” So yeah! I think Lamb is about jumping in the unknown, it’s part of our fuel I think.
I noticed that you are going deeper and deeper with your music.
Yeah! I think you are right. I don’t know how that happens or what the process is behind that, we been making music together for a long time and we are closer than we ever been and we trust the process completelly. In a way we are more and more standardized in letting the music flow between us and the less we think about it the deeper it gets. And when it’s not flowing we leave that for a while and then we do something else. It s still a mystery for us and that’s the amazing thing and that’s what keeps things fresh. I couldn’t tell you how it works, sometimes we write a song and when we have the final playback we are just like “Wow! What happened there? Where did that come from?”. It s still exciting.
You seem to write also deeper lyrics nowadays.
I’m a quite a private introverted person. It’s strange in a way because I express myself with this emotional lyrics, exposing a lot about myself. Strange but it feels like it’s something I just need to do. Songwriting its about expressing what’s there at any given time, it comes out because it wants to come out. This new record it was quite interesting in the sense that I was just finished writing the new solo record, I felt like I didn’t have anything left to say for a while. That’s was quite a scary place to be until I decided I was going to just see what came in an even freest way than I tried before. Instead of thinking about it I tried to be in this kind of open meditative space so the force could flow through me and became lyrics. When you listen to a lot of songs of the new album they are quite abstract at times and they find their own meaning. That’s what I really love about some of this songs because I’m still finding the meaning of them. The great thing about songs is that every person that listens to them bring their own experience. A song can have tenthousand meanings because everybody listens to them differently.
Can you tell us something about the making of the new album?
For the last two records we have made our music in this lovely studio in this house near Brighton and it’s kind of our own environment. It’s like a second home to me, we make our music, we cook our food, it’s a comfortable place to be. The important thing for us when we are working is to start from very simple ideas. It would never work for Andy to write a whole tune and ask me to sing on it or it would never work for me to write a whole song and say “Ok, put some music around that”. The whole process has to be organic, a kind of open ended journey, we just start by throwing ideas to each other and it’s like a strange alchemy, from one idea comes another idea, like playing a musical table tennis. One idea pushes another one in another direction. We grown to trust this process absolutely, we just let it flow and so often it’s almost as we set off and it just goes.
I have the impression you have found a comfortable plateau from were you can do your own thing.
Oh yeah! In a major label at first…You know, we were very young when we signed to Universal, we were very naïve and we sort of think it was the best thing ever but then a few years down the line we started to realize how much we were supposed to compromise in our deal. In the end of the day major label companies don’t care about your integrity as a musician, they care about how many records you sell and so that makes it very difficult for musicians. The important thing for us is always to be pushing boundaries and to make music that excites us, to be asked by a major label to make music that sounds more like somebody else that’s happen to sell lots of records at that time it’s crazy. In these days we don’t have to answer to anybody, we make the music that we love to make and there’s nobody telling us if it’s right or wrong. Our audience would tell us if it’s wrong but at the time it seems they are enjoying it too, it’s a free process and it feels more honest. When you sign to a major label it’s like signing to the devil. They are motivated by very different things.
What can you tell us about your live dimension at the moment.
It’s gonna be the stripped down trio of myself, Andy and Johnny Thorne on bass who’s like a kind of silent member. The funny thing is we’ve been trying to work out a set list for this shows and we got so many songs and we don’t know what we gonna do. That’s the thing after making six albums, it’s like “Jesus! What songs do you chose? Which songs do you not play?” So it’s gonna be a very full set, we love playing live so much, just sharing the experience. It’s a two way thing, we need our audience to be with us in our process so you gonna see Lamb enjoying what we do and giving everything that we got.