Autoproduzione. Kebap notturni. Torino. Alpi Francesi. Questa è ethnotronic.
“Femmes”, il primo album interamente autoprodotto dai Discoforticut, ossia Discoforgia e Ut! suona un po’ come gli anni ’90, come anche gli ’00 e i ’10.
Ebbene, chi sono io per giudicare questo album ed etichettarlo? Lo amo e lo odio, ed è proprio perché lo odio che lo amo. Mh, non ne sono certo, sembra quasi masochismo! Eppure dovrò scrivere qualcosa su questo disco…
Aggiusto la mira, riascolto qualche traccia e i propositi, i colori, la forma sono totalmente diversi: tu che leggi aiutami; aiutami perché qua non s’ha da fare, mi sento confuso e deprivato.
Ora sono calmo e mi trovo nell’azzurro, quello a destra della copertina del disco; la sensazione di deprivazione ancora c’è, ma la delicatezza ha preso il posto della confusione destrutturalistica del primo frangente. Hai visto? L’articolo l’ho iniziato bene, incastrando termini un po’ slacciati e chiusi con convinzione, finendo col chiedere aiuto su cosa scrivere a te, che questo articolo lo leggi già pubblicato; ah! Prometto che non accadrà più.
L’aura nichilistica che avvolge l’intero disco, la crudezza esistenziale rimarcata in tracce come Justine e soprattutto le chitarre di Girls of Summer, Thaquim’s Guitaer, Syxamyth e Velvet Aarua sono la risultante (eccellente aggiungerei) di un lavoro autoprodotto; una risultante non più (o non solo, fate voi) intesa come fatica, come lavoro, ma come estensione dello sforzo umano, talmente umano da coglierne i lati più tetri e quelli più caldi asserendo una specie di bipolarismo.
Questa è ethnotronic, segnatelo.
Questi sono i Discoforticut, segnatelo.
Lo streaming del disco è disponibile dal 4 maggio e lo trovi qui sotto; il rilascio ufficiale nei vari store digitali sarà tra un mese (13 giugno).