Nuova incetta di dischi elettronici usciti a maggio dove l’elettronica come sempre è un pretesto per presentarvi una serie di artisti che si muovono in campi più o meno lontani dal mainstream e che non sempre sono legati ad un uso dancerezzo di drum machinenes e synths. Ma cominciamo subito perché di dischi da andare a scoprire questa volta ve ne abbiamo selezionati davvero un sacco.
Disco sampledelica e copisteria funk sono i segni caratteristici del progetto Kerrier District ovvero uno degli innumerevoli pseudonimi sotto i quali si cela il veterano dell´elettronica britannica Luke Vibert. Vicino per background ai più noti Richard James e Mike Paradinas ma non meno geniale nella sua capacità di cambiare pelle a seconda dell´occasione, Vibert condivide con i due artisti succitati uno spiccato senso dell´umorismo, una leggerezza d´ approccio nonchè una sana dose di vera e propria follia, tutti ingrendienti base di questo “4”, un fuoco di fila di irrefrenabili tracce mid-tempo piene zeppe di riferimenti alla più classica cultura del sampling. Buon umore garantito dal primo all ultimo beat.
La colonna sonora del Luna Park ideale, dagli autoscontri alle montagne russe passando per l`infernale tagadá, è l`electro pop dell´era d`oro, ovvero quello degli anni 80. Almeno questo è quello che ha sempre pensato il sottoscritto. Evidentemente, stando alla copertina di questo “Borndom”, lo stesso tipo di immaginario è condiviso dal tedesco Philip Lauer. Questa uscita discografica su Permanent Vacation, parallela ai suoi più noti progetti Arto Mwambe e Tuff City Kids, prende in maniera esplicita ispirazione da quel tipo di fascinazione, ne cita le melodie accattivanti e dolci-amare ed il bagaglio sonoro, arrivando persino ad omaggiare apertamente portabandiera del genere come New Order e Depeche Mode. Un esercizio di stile che per la sua disarmante trasparenza di intenti ed ingegnosa semplicità si lascia ascoltare con grande piacere. Non sempre i dischi devono essere destinati a cambiare il mondo, a volte il divertimento di un paio di giri sugli autoscontri in una sera d`estate può bastare.
Lord Skywave è lo pseudonimo sotto il quale si cela Simon Lord, una vecchia conoscenza se si pensa che in passato è stato il vocalist dei primi Simian e successivamente di The Black Ghosts. Il suo secondo album “View From Other Side” esce su ekkhho, label francese che proprio con questa uscita inaugura il suo catalogo. Lord ha un background che lo lega alla musica elettronica ed ai sintetizzatori in particolare –il padre è il creatore del synth dal quale il produttore ha anche preso lo pseudonimo- e la dimestichezza con lo strumento è evidente nei sognanti ed ipnotici paesaggi sonori che è in grado di creare. La sua vocalità ed una obliqua sensibilità pop rendono brani come “Marceline” e “The Conductor” immediati quanto basta per entrare sotto la pelle degli ascoltatori più distratti mentre i più attempati protranno essere piacevolmente sorpresi dai sottili riferimenti a certo shoegazing di primi anni 90.
Perfettamente in linea con gli ultimi due album usciti su Tartelet, “Rivers of the Red Planet” di Max Graef e “Radio Days” di Uffe, arriva ora sul mercato anche il primo, atteso Glenn Astro. Una maniacale attenzione per i dettagli sonori, specie quelli d`epoca, uniti ad una naturale predisposizione per tutto ciò che è jazzy, deep, old school ed una decennale esperienza nel beat making fanno di questo “Throwback” una gioia per le orecchie e per l`anima. Tra boom bap, four to the floor ed oltre. Una meraviglia.
Nato a Parigi ma cresciuto nella periferia di Città del Messico, Gabo Barranco aka AAAA è uno dei più promettenti produttori a venire fuori dalla scena elettronica messicana. Il suo solido background fatto di studi classici di armonia e composizione ed audio engineering ed anni di sperimentazione tra synths e computer sono evidenti se ci si avventura nell`ascolto del suo album “Shiva Watts”, un concentrato di stili con una propensione per le più classiche electro e techno e divagazioni acid. Un interessante documento sonoro testimonianza di una scena musicale a noi purtroppo per lo più ancora sconosciuta.
A solo pochi mesi di distanza dall´uscita del fortunato “Hard Beliver” ritorna il trio dei Fink con questo“Horizontalism”, appendice contenente rielaborazioni e remixes di brani già contenuti nel sopracitato album. Specchio del rinnovato interesse per l`elettronica che il frontman della formazione Fin Greenall sta vivendo, il disco apre nuove vie di interpretazione – più intime e profonde qualora questo sia possibile- a brani già sfaccettati e pregni di pathos come Pilgrim o Looking Too Closely. Il fatto che l´espressiva voce di Greenall venga spesso ridotta solo allo spettro di se stessa può costituire un motivo di delusione per alcuni, la bravura con cui il materiale originale viene radicalmente rivisitato rende l´ascolto comunque altamente consigliato.
Dopo una carriera decennale che lo ha visto collaborare con, tra gli altri, Machinedrum e Seafloor ed innumerevoli uscite discografiche su labels del calibro di Hotflush e Rush Hour, ritorna Braille, vero nome Praveen Sharma, con il suo primo album, questa volta targato Friends of Friends, ed intitolato “Mute Swan”. Grazie alla collaborazione dei vocalists Jessie Boykins III ed Angelica Bess -oltre alla co-produzione ad opera del già citato Seafloor e di Throwing Snow- l`album sciorina una serie di futuristiche slow jams, urbane, notturne, dolcemente malinconiche e di sicura presa. Un paio di digressioni in campo etnico, d&b – l´ombrosa Stop Drop & Roll– ed ambient – la sospesa An Oceanic Escape– rendono il tutto ancora più avvicente e godibile.
https://soundcloud.com/fofmusic/sets/braille-mute-swan-lp
Nelle vesti di membro dei Pan Sonic, Ilpo Väisänen ha spesso citato reggae e dub come influenze decisive nel sound del duo. Con questo suo secondo album intitolato “Communist Dub”, pubblicato da Editions Mego con il suo pseudonimo di I-LP-O IN DUB, l´approccio al genere dub è diretto e conclamato anche se non necessariamente fedele alle sue caratteristiche stilistiche. Piuttosto è l`uso dello studio di registrazione -e del mixer in particolare- come strumento musicale ad essere il vero comune denominatore. Da certo dub militante -ed ancora una volta l´etica On-U Sound si dimostra più attuale che mai- Ilpo prende anche in prestito la forte connotazione politica, in primis dedicando l`intero lavoro alle “vittime degli ismi” ed usando le singole tracce come commento a particolari eventi storici, più o meno recenti. Titoli come Donetsk Disciple: Bolsheviks meeting the farmers (and wiping them out) o Benghazi Affair: Libyan connection and arming the forces, but history is taking over. A burning man in Tunisia starts the future. non lasciano spazio a fraintendimenti riguardo all´urgenza ed all´indignazione che animano il produttore.
A distanza di 5 anni dal secondo volume della serie Alva Noto ritorna a lavorare al suo progetto Xerox con questo “Xerrox Vol. 3 Towards Space”. I presupposti che sono all`origine della intera serie, la manipolazione di dati attraverso la riproduzione continua, e dunque l`alterazione graduale che di questo processo è conseguenza, rimangono alla base di tutto. Questa volta il musicista tedesco rimanda la memoria alla propria infanzia prendendo ispirazione dai film che hanno segnato quel periodo producendo l´album più personale della sua carriera. Così facendo Carsten Nicolai aka Noto dà alle stampe uno degli album elettronici di declinazione ambient più belli ed ispirati di questa prima parte di 2015, Xerrox Isola in particolare è una delle più intense, toccanti higlights e piccolo classico in divenire del genere.
Nel suo album “Empty Airports” –ancora una volta la label è Mego- la viennese Christina Nemec in arte Chra fa chiaramente riferimento a “Music For Airports” di Brian Eno sovvertendone però le intenzioni e reinterpretando le sonorità attraverso strati su strati di field recordings e noise. Il tempo e gli spazi vengono dilatati trasmettendo nell´ascoltatore la stessa sensazione di spaesamento ed ansia che chiunque si sia perso in un aereoporto qualsiasi conosce bene. La solitudine degli aereoporti come rappresentazione del vivere nel terzo millennio. Un ulteriore chiave di lettura la dá la stessa produttrice definendo “Empty Airports” come canto del cigno sui detriti della civilizzazione. A prescindere dalle possibili interpretazioni, l`album è quanto di più lontano all´idea di tappezzeria sonora si possa immaginare e non lascia comunque indifferenti.
Un altro disco che prende ispirazione dalle strategie sonore dell´elettronica più atmosferica ma che rivela ascolto dopo ascolto innumerevoli inaspettate sfaccettature è questo “Rydberg”, frutto della collaborazione tra i musicisti tedeschi Werner Dafeldecker e Nicholas Bussmann e registrato durante delle session avvenute in quel di Kreuzberg nella calda estate berlinese del 2013. In tre lunghi brani il tentativo di ricreare l´atmosfera caldo-umida e trasmetterne la sensazione riesce grazie all´esperienza che i due artisti hanno da anni nei campi della sperimentazione e dell`avanguardia e che fanno si che le barriere tra improvvisazione e composizione tradizionale e quelle tra field recordings e strumentazione elettronica spariscano. Un ipnotico esperimento sonoro al di là del generi e delle convenzioni.
Tutti quanti amano i Can! L´influenza ed il fascino che la formazione tedesca a distanza di tanti anni ancora esercita sulle giovani generazioni di musicisti non accennano a diminuire andando al di lá di ogni moda e trovando seguaci in egual misura tanto nell´elettronica quanto nell´indie rock. Sicuramente parte dell`appeal della band risiede nel drumming inconfondibile di Jaki Liebezeit, una vera macchina del ritmo capace di unire nel proprio stile precisione metronomica, fantasia e raffinatezza. Tante le collaborazioni alle quali il musicista a preso parte dalla fine degli anni settanta ad oggi, l´ultima di queste è la sua accoppiata con il percussionista Holger Mertin. Il risultato è questo affascinante album intitolato “Aksak”. Grazie all`apporto del multistrumentista e produttore Joseph Suchy il duo da vita -in un connubio tra strumenti elettronici ed acustici- a trame percussive altamente evocative dove suggestioni musicali etniche delle più disparate provenienze si intrecciano senza soluzione di continuità. Potente ed eccitante.
Ancora più intricato, scollegato da regole e convenzioni, selvaggio nel senso migliore del termine, è l`album “Sharawaji” del duo Satoshi Takeishi e Hans Tammen. Qui le percussioni e le chitarre elettriche alla base dell´arsenale sonoro dei due musicisti vengono riprocessate elettronicamente fino a perdere le proprie sembianze e diventano parte di un magma poliritmico, bizzarro e caotico all´apparenza ma mai banale e comunque ricco di livelli di interpretazione. La parola “Sharawaji” indica ogni forma di bellezza che viene creata naturalmente senza un particolare ordine o disegno. Alla luce di questo la musica di Takeishi e Tammen acquista ancora più senso.
Da una bizzaria sonora ad un´altra per arrivare ad uno dei dischi più sorprendenti ascoltati dal sottoscritto negli ultimi tempi. Se i riferimenti musicali dai quali il giapponese Serph prende ispirazione sono comuni a molti –hip hop, R&B, jazz- il modus operandi lascia al primo ascolto interdetti. In questo “Hyperion Suites”, quinto album nella carriera del produttore, non c`è assolutamente nulla di prevedibile. Mentre i beats suonano, non è chiaro se per calcolo o per incuria, piuttosto elementari e sintetici se paragonati a quelli degli scienziati del campionatore ai quali Serph evidentemente si ispira, le melodie e le armonie riservano all`ascoltatore un fuoco d´artificio di soprese. C´è un ingenuità nella musica di Serph che intriga e che è parte integrante del fascino che questo album esercita.
Nata dagli sforzi congiunti di Atom TM -Uwe Schmidt all´anagrafe- e Material Object, la label No. in un solo anno d`attività ha già dato alle stampe un numero notevole di uscite di grande pregio posizionandosi in quella zona di confine tra ambient, techno ed industrial con un particolare gusto per tutto ciò che in musica è minimale ed astratto. Non stupisce dunque che la qualitá di questo mix composto da brani pubblicati appunto tra il Maggio 2014 ed il Maggio 2015 sia cosi consistente. A contribuire alla buona riuscita di questo esperimento da sottolineare anche la creativitá con la quale le tracce originali scelte sono state re-editate e manipolate ad hoc per rendere il senso di un flusso sonoro in continua evoluzione.
Nel mondo sonoro di Holly Herndon l´avanguardia artistica e la cultura pop si incontrano per mezzo dell´uso dell´elettronica. Nel suo ultimo album “Platform” la fusione raggiunge la sua forma perfetta unendo concettualità e politica, astrazione ed immediatezza. Non c`è una tecnica di manipolazione e produzione che la Herndon lasci intentata. Loops, cut & paste, sound design avanzato e quant´altro servono a reinventare, a volte quasi radicalmente, innumerevoli performance vocali di matrice più disparata, cambiandone i connotati, ricontestualizzandole usando anche astuti espedienti narrativi. Nonostante l´ambizione e la complessità “Platform” è un disco che colpisce e che si imprime nella memoria già dai primi ascolti.
Nonostante anni di apprendistato ed una serie di EPs e remixes per labels ed artisti di alto livello che lo hanno fatto conoscere ad un pubblico più attento, il produttore Maxime Dangles ha mantenuto fino ad oggi un profilo basso concentrandosi sul perfezionamento del proprio talento. Questa fase arriva al suo compimento con l´uscita del suo prima prova sulla lunga distanza, ovvero l´album “Resilience“. La techno di Dangles è muscolare, solida e funzionale ma realizzata con grande sobrietà ed attenzione per i dettagli, abbellita con gusto e parsimonia da accenni melodici, crescendo, arrangiamenti ad effetto. Un debutto realizzato con mestiere e mano sicura. I leggendari Slam danno la loro benedizione firmando il remix di “Face Reality”, una delle tracce di punta del lavoro.