Con l’inizio di giugno è arrivato anche “Universal Themes“, il nuovo album di Sun Kil Moon aka Mark Kozelek, pubblicato dalla sua etichetta Caldo Verde a un anno dal capolavoro assoluto “Benji”. Il disco è disponibile in streaming sul sito dell’artista.
Fresco di partecipazione al Primavera Sound Festival – al suo ingresso in scena all’Auditori ha esclamato “stasera non ho voglia di litigare”, giusto per mettere in chiaro le cose – il burbero cantautore che fu alla voce dei seminali Red House Painters torna in Italia per alcune imperdibili date:
7 giugno – Ferrara – Cortile del Castello Estense (Ferrara Sotto Le Stelle)
8 giugno – Roma – Auditorium Parco della Musica (Sala Petrassi)
9 giugno – Sesto San Giovanni (MI) – Carroponte
24 luglio – Vasto (CH) – Siren Festival
Ad accompagnarlo nella sortita italiana due sodali d’eccezione: Neil Halstead degli Slowdive e Steve Shelley, storico batterista dei Sonic Youth. Proprio recentemente, peraltro, Kozelek è apparso in “Youth – La Giovinezza”, il nuovo film di Paolo Sorrentino presentato al Festival del Cinema di Cannes, contribuendo anche alla colonna sonora.
Vista l’incredibile mole di attenzione – meritata – che accompagna l’attività dell’artista da un po’ di tempo a questa parte, vi proponiamo 8 tracce del suo repertorio a nome Sun Kil Moon, così da prepararvi ai suoi concerti e da farvi apprezzare le diverse sfumature di uno dei più grandi songwriter degli ultimi decenni. Ricordate di non scattare foto e di parlare solo se autorizzati, sennò so’ cazzi.
“Glenn Tipton”:
Il brano che apre l’esordio di Sun Kil Moon “Ghosts Of The Great Highway” (AD 2003) cita nel titolo uno dei due chitarristi dei Judas Priest: nella sua contrapposizione a KK Downing, così come in quella tra i pugili Cassius Clay e Sonny Liston o tra i cantanti Bobby Vinton e Jim Nabors, Mark afferma che gli piacciono tutti. Kozelek si presenta come autorevole erede di Neil Young. Ripassare la storia del pugilato forse non è necessario, andare a (ri)ascoltare i Judas Priest è sempre cosa buona e giusta.
“Lily And Parrots”:
Kozelek tira fuori un riff garage di loureediana memoria e si lancia in uno dei momenti più elettrici della sua discografia targata Sun Kil Moon. Nonostante nel testo emergano la solitudine e l’età che avanza, raramente è stato possibile ascoltarlo così “felice”.
“Tonight The Sky”:
“April”, terzo disco a nome Sun Kil Moon, è probabilmente il primo capolavoro della nuova veste del cantautore dell’Ohio. Nei suoi dieci minuti, “Tonight The Sky” è emblematica nel tratteggiare il lato elettrico dell’artista, contrapposto a quello più acustico equamente presente nell’album.
“Third And Seneca”:
“Admiral Fell Promises” del 2010 abbandona ogni elemento elettrico, lasciando che le sole voce e chitarra classica svelino tutta la nostalgia dell(e storie dell)’artista. Il brano in questione – unico tra quelli a firma Sun Kil Moon presente nella colonna sonora di “Youth” – prende il nome da un (ipotetico) hotel così chiamato e mette in rassegna vari luoghi dell’America del Nord, sfuggenti come le parole di un amore che appare lontano.
“UK Blues”:
In “Among The Leaves” – disco contenente brani dal minutaggio più ridotto rispetto ai canoni a cui Kozelek ci ha abituato – compare anche questo pezzo in cui Mark descrive le diverse tappe di un suo tour, dalla Finlandia all’Inghilterra, non risparmiando aneddoti e svelando una comicità sorprendente. Ricompare la batteria.
“Carissa”:
È il brano che dà il via a “Benji”, il secondo capolavoro a firma Sun Kil Moon, e porta il nome di una cugina di Kozelek, morta a 35 anni a causa di un bizzarro incidente domestico. Mark ammette di non averla conosciuta bene ma ciò – dice – non gli impedisce di regalare poesia a una tragedia così priva di senso.
“”I Can’t Live Without My Mother’s Love”:
Una splendida ode di amore per la sua mamma, settantacinquenne all’uscita di “Benji”. Kozelek la descrive come la migliore amica che abbia mai avuto e pensa con timore al dolore che proverà quando non ci sarà più. “Ogni scarrafone è bello a mamma soja”…
“I Watched The Film The Song Remains The Same”:
Forse la traccia più emblematica di “Benji”. 10 incredibili minuti in cui Kozelek usa come pretesto l’omonimo film dedicato ai Led Zeppelin per approfondire e riscoprire la sua malinconia, a partire dalla tenera età sino a immaginarla come ultimo bagaglio per la morte. Il pezzo si chiude con un ringraziamento all’uomo che per primo fece firmare un contratto discografico a Mark nel ’92: ora vive nel deserto. Struggente.