La prima traccia di 99.9% si intitola Track Uno. Louis Kevin Celestin è canadese, di stirpe haitiana; il numero spagnolo -o italiano- a inizio tracklist stride, appare fuori posto.
Proprio “fuori posto” è il pregio che Rick Rubin ha individuato negli arrangiamenti di batteria di Kaytranada, riferendosi alle volute imperfezioni intercalate nei suoi beat.
Dopo il primo pezzo, elegante stretta di mano a Discovery dei Daft Punk, ecco proprio la follia percussiva: Bus Ride è un viaggio senza pretese che si rivela tortuoso e vagamente mistico, complici le mani esperte di Karriem Riggins, uno tra i più audaci batteristi jazz dei nostri tempi. Collabora al pezzo il compaesano River Tiber, multistrumentista e cantante che ricompare in Vivid Dreams, a cui inoltre presta la voce mixata, al solito, come fosse un distante suggerimento.
A proposito di virtuosi, Weight Off fa parte della dozzina di canzoni -per la maggior parte ancora inedite- composte in cooperazione con i BADBADNOTGOOD, anch’essi canadesi, anch’essi instancabili esploratori dell’ecosistema jazz e hip-hop. Di MC veri e propri, in 99.9% ne compaiono due: un “90s kid” come Vic Mensa e uno che negli anni ’90 già effondeva saggezza e soul, Phonte. Il primo aggredisce un beat gonfio di bass-drums e irto di hihats saltellanti, il secondo si adatta ad una struttura tipicamente house. A metà strada tra le due, il featuring di Craig David, felicemente tornato sulla scena: i tempi delle bombe UK garage sono lontani, ma l’inglese -tutt’altro che anziano, a ben guardare- si amalgama in scioltezza con l’uptempo r&b di Kay.
Anderson.Paak arriva a metà disco, e la connessione tra i due è quanto di più naturale potesse accadere nel 2016. Attivi oppositori della categorizzazione dei generi, sentono il dovere di plasmare due tracce in una: Glowed Up inizia nevrotica, scandita dallo snare più aspro di tutto l’album, ma proprio quando la cascata di versi sembra placarsi, il beat muta in un clima soul in cui Paak -mvp del primo quarto di 2016- è ovviamente, nuovamente a suo agio.
Syd ricambia il favore per il lavoro di Kaytranada nell’acclamato album dei The Internet immedesimandosi nell’atmosfera disco-funk di You’re The One, una serata romantica finita in festa. Sulla stessa lunghezza d’onda operano Leave Me Alone -cavallo di battaglia uscito addirittura due anni prima del disco- e Lite Spots, secondo singolo.
Altri nomi –AlunaGeorge, Little Dragon, GoldLink e il suo future bounce- testimoniano l’universale adattabilità del producer ventiquattrenne, il cui marchio di fabbrica -oltre alla gommosità del basso- è un particolare settaggio del synth FM8, ricorrente cornice delle sue strumentali. In mezzo a tutto il lustro, si fa strada una componente lo-fi, frutto della devozione di Louis-Kevin per i demo di Michael Jackson e Prince. J Dilla e Madlib, poi, sono idoli non indifferenti.
Non è solo per i club, non è solo per la camera da letto: il debutto di Kaytranada è uno specchio definitissimo, compendio più esaustivo possibile di tutte le sue influenze. Da ben sette anni -dall’era in cui si presentava come Kaytradamus- sognava di impacchettare un vero e proprio album. Lo ha fatto, con calma, senza spostarsi dalla sua stanza. Con la stessa calma, ora può librarsi dove vuole.
Ha gettato, con quella frazione di ritardo che illude ed elude la razionalità, le fondamenta di ciò che è sicuramente già iniziato.