Avevamo tutti appena smesso di ululare Wolves ed è arrivato il Glorioso Sei Maggio Duemilasedici, giorno in cui sono usciti qualcosa come dieci album incredibili. Ok dunque, basta Pablo e ascoltiamo ‘sta carrellata.
Ogni album merita almeno cinque ascolti preliminari, quindi dopo estenuanti turni di otto ore su Spotify, rilassiamo la mente tutti quanti ed è già #thirdsday, e il terzo mixtape di Chance The Rapper è fuori anche lui e quindi scusa JMSN, dovrò riascoltarti per la ottava volta un po’ più avanti.
“Coloring Book” dimostra una chiara evoluzione artistica di Chance in ogni direzione, e questo è chiaro dal primo ascolto. Ad esempio, ’10 Day’ era la biografia di un liceale sospeso da scuola perché fumava troppe jolle. “Acid Rap”, album-consacrazione, in quanto a temi evolveva poco. Ascoltando Coloring Book ti senti in colpa se non credi in Dio, ti fa schifo essere bianco, e comunque ti fai ancora mille canne come Chance nel 2013.
Poco rap acido ma tanti cori gospel, tra tutti la già celeberrima “Blessing”, killer track presentata da Jimmy Fallon. Io già piangevo un po’.
Non si parla solo di Gesù Cristo però, e Coloring Book diventa il manifesto della musica indipendente forse più rilevante se non dell’intero universo, perlomeno della scena (“Am I the only nigga care about mixtapes?”). Chance aveva già personificato l’industria nel Diavolo, non ha cambiato idea e adesso probabilmente modificano pure i Grammy a sua immagine e somiglianza, lo streaming vale. Ha dimostrato che l’hip hop cafone ha un po’ stufato, e mi ha dato anche uno schiaffone morale. Ho pensato “ecco, Chance è diventato grande e io sono ancora un babbo (anche senza un figlio)”.
Ma come siamo arrivati a qui?
Break e ripercorriamo la storia di Chancelor Bennett.
L’8 aprile, mentre Chance The Rapper scagliava il lancio inaugurale all’esordio casalingo dei White Sox, il Cellular Field di Chicago si riempiva di neve. La partita la persero, ma il gesto d’apertura parve il prologo di una nuova stagione di luce, non sportiva ma mentale.
Dopo essere stato eletto da Chicago Magazine tra i cittadini dell’anno -sottotitolo The Youth Whisperer- è pseudo-ambasciatore della franchigia di baseball, per cui ha disegnato un cappellino con New Era, sponsorizzando al contempo il suo collettivo The Social Experiment grazie all’acronimo comune.
Quello di cui Chi-Town ha bisogno è poderoso ottimismo: il tasso annuale di omicidi è salito dell’84 percento, le divise che dovrebbero occuparsene si trovano in un turbine di corruzione, le finanze sono malgestite e le scuole barcollanti.
Nel 2013, a nemmeno vent’anni d’età, Chance The Rapper già auspicava una tregua dai fuochi, prendendo atto del morbo violento che tiene in ostaggio la sua città:
“Why you think they don’t talk about it? They deserted us here
Where the fuck is Matt Lauer at? Somebody get Katie Couric in here
(…)
I heard everybody’s dying in the summer
So pray to God for a little more spring”
– Paranoia, da Acid Rap
Senza forzare il passo -ma senza mai placarlo- nei due anni seguenti si è arricchito a livello creativo fino a concepire Surf, la frizzante ondata di pace di Donnie Trumpet e The SoX.
Nuovo anno, nuova primavera: la forza della fede non ammette occhi spenti, e Coloring Book attira tutto il sole che c’è.
“Jesus rescue me
Take me to your mountain
So someday Chicago will be free”
‘Free’ è il vocabolo chiave della missione di Chano: lo scorso inverno, ha raccolto centomila dollari per donare ai senzatetto di Chicago mille giacconi hi-tech a prova di ipotermia; qualche mese prima, il festival gratuito Teens In The Park inaugurava una serie di eventi “Open Mike”, libera vetrina per gli adolescenti graziati dal dono della parola a ritmo.
Ciò che rende magnifico l’impatto di questo slancio solidale è il punto di vista interno: un giovane racconta ai giovani che l’unica arma possibile, al buio, è la luce.
Gratuita è stata anche ogni sua release, da #10 Day a Coloring Book, passando per Acid Rap e il sopracitato Surf.
Nel nuovo, spiritualissimo lavoro, due tracce onorano il libero accesso ai frutti dell’arte.
In No Problem, Chance approfitta della spinosa situazione contrattuale di Lil Wayne per fiondarsi in azione congiunta contro l’istituzione delle etichette discografiche:
“If one more label try to stop me
It’s gon’ be some dreadhead ni**as in ya lobby”
Per Mixtape recluta il pilastro Young Thug e il più recente figlio dell’hype Lil Yachty, e insieme inneggiano al formato non retribuito che da anni permette alla gioventù hip-hop di sbocciare.
Su un beat più meschino rispetto ai suoi standard, Chancelor riesce a piazzare la miglior quartina street-rap dell’anno, e non a caso Chicago è il luogo di nascita del drill:
“How can they call themselves bosses
When they got so many bosses
You gotta see what your boss say
I get it straight out the faucet”
L’obiettivo di Chance -inizialmente un semplice pensiero, ora una possibilità concreta- è rendere eleggibili per i Grammy anche i dischi senza fini di lucro. Un fan del rapper -a proposito di influenza positiva- ha lanciato una petizione, e sappiamo che il comitato organizzativo dei Grammy considera di anno in anno i possibili riarrangiamenti del regolamento.
L’avvertimento di questa presa di posizione si è palesato in Ultra Light Beam, glorioso ingresso di The Life Of Pablo:
“He said let’s do a good ass job with Chance three
I hear you gotta sell it to snatch the Grammy
Let’s make it so free and the bars so hard
That there ain’t one gosh darn part you can’t tweet”
Gonfio di misericordia e impazzito di luce, il brano iniziale dell’album-evento di Kanye West è il miglior pezzo del 2016 per forza emotiva ed originalità. A Chance spettava un compito a dir poco arduo: rubare la scena -o perlomeno renderla più luminosa- al più grande artista di una generazione. C’è un passaggio di testimone in corso, ed è più che mai manifesto.
“This is my part, nobody else speak.
This is my part, nobody else speak.”
‘I met Kanye West, I’m never going to fail’
“Music is all we got”, urlano nella prima canzone di Coloring Book, in cui Kanye restituisce il favore.
La principale dichiarazione di poetica del terzo mixtape di Chance -ruolo ricoperto da Brain Cells nel primo, e da Acid Rain nel secondo- è la biforcuta Blessings. La traccia cinque e la quattordici sono omonime, e lui stesso ha spiegato che si tratta di un’unica preparazione alle nostre benedizioni giornaliere.
Nella seconda metà, da un flusso di coscienza emerge la serena accettazione dell’appellativo “nice-boy-rapper”, oltre alla rinnovata esaltazione della gratuità e alla gratitudine verso il suo mentore.
“I speak of wondrous unfamiliar lessons from childhood
Make you remember how to smile good”
(…)
“I used to pass out music
I still pass out music”
(…)
“Kanye’s best prodigy
He ain’t signed me but he proud of me”
La fine del pezzo e del mixtape -proprio come l’inizio di Surf- vede un coro chiedere a gran voce agli ascoltatori se siano pronti per un miracolo. Gli angelici all-star che formulano la domanda sono Raury, BJ The Chicago Kid, Anderson.Paak e Ty Dolla $ign. Tra gli altri feature del disco compaiono T-Pain, Justin Bieber, Jeremih, e Future.
Normalmente, una line-up simile lascerebbe intendere un sensazionale sforzo lucrativo; qui si tratta di devozione reciproca, indirizzata infine a chi guarda dal cielo.
Tra gli invitati, anche le nuove leve chicagoane, che seguono coraggiose la bandiera del loro collega.
Saba aiuta a descrivere le capovolte causate da Chance alla sua città, Jamila Woods ci grazia con altri dolci della domenica, Towkio dona un ritornello più che orecchiabile, Knox Fortune eleva un beat rampante di Kaytranada e Noname è sempre Noname.
Tra le rapper più interessanti del pianeta, la sua strofa in Drown risplende di gentilezza come l’intimo confessionale di Lost, tre anni addietro.
La traccia -o la festa- è chiusa da Kirk Franklin, artista gospel comparso anche su Ultra Light Beam. La presenza, nell’hip-hop che conta, di personalità simili può essere soltanto positiva, visto il messaggio di gioia incondizionata effuso e diffuso.
L’inattesa nascita di una figlia ha rafforzato nel cuore di Chance l’idea dell’equa bellezza di tutti gli esseri umani.
Se in Acid Rap diceva che “Everybody is somebody’s everything”, e in Surf rassicurava che “Good things come to those who wait”, qui usa la voce ricca di D.R.A.M. per spiegare l’unicità di ogni singolo dente storto del mondo:
“Everyone is special
This I know is true
When I look at you
You are very special
You’re special too”
Il songwriting di Chance si è alzato di un ulteriore gradino: come Sunday Candy l’anno scorso, Angels e Same Drugs fungono da dimostrazione di esperto cantautorato. Responsabili della sua elevazione letteraria, gli artisti che lo circondano: James Blake è un buon amico, Erykah Badu lo tiene in grembo, e una comparsa sull’agognato album di Frank Ocean non sorprenderebbe.
Conosce il tempo meglio di chiunque altro, e chissà cosa il tempo ha in serbo per un ventitreenne guidato dai colori e dal puro pensiero. Da sempre ‘Chano from 79th’ vive di memoria iconica, e se il tasso creativo proseguirà su questa pendenza, un giorno potrà sedersi accanto a Joanna Newsom o Fiona Apple, altre due immensità che riposano su minute reti di metafore.
Proprio l’improprio utilizzo di una metafora ha portato Chance a rifiutare un ruolo nel nuovo film di Spike Lee, accusato dal rapper di aver ridotto a figura piana un discorso -la criminalità a Chicago- con mille spigoli. Ecco il livello di conoscenza, ecco la sensibilità fuori dal comune.
Nelle innumerevoli figure di suono e significato, le consonanti si annodano, le vocali si amalgamano senza residui. Chancelor fa quello che vuole:
“I’m pre-currency, post-language, anti-label
Pro-famous, I’m Broadway Joe Namath”
Per “How Great”, tributo alla nonna da poco defunta, Chance chiama la cugina Nicole -inni all’harmonizer- e, a proposito di verbi vaganti, l’elusivo Jay Electronica.
Il 39enne di New Orleans -zero album all’attivo, nessuno sa che cosa aspetti- è membro della Nazione dell’Islam, ma unisce le forze con il credo di Chance per essere certo che “Satan’s establishment [is] crumbling down”.
È esattamente questo il senso della religione, o almeno uno dei sensi di cui la religione dovrebbe farsi portatrice: cantare per mostrare gratitudine, parlare per riversare saggezza.
Bennett si mostra in grado di fare ciò che nell’hip-hop d’oggi -strabordante di talento, ma colmo di copie- distingue un artista maturo dalla giungla: creare un’atmosfera specifica, gemmando il suo flow direttamente dal beat, senza rinunciare a proferire parole che contano. L’attrattiva delle mode 2016, agganciata alla sapienza della spoken-word.
Ogni ospite -si sentano le collane di Future, i suddetti Lil Boat e Thugger, e il trionfale ritorno di T-Pain- riesce ad interpretare il se stesso più compatibile con il clima della stanza: ragionamento valido per le sessioni di My Beautiful Dark Twisted Fantasy e TLOP, giusto per ricitare quel compaesano egocentrico di cui sopra.
In sintesi Chance, oltre ad essere tra i rapper più versatili e dotati in circolazione, è ormai un infallibile executive producer.
La potenza di ogni sua preghiera, ad oggi, è equiparabile alla rossa linfa dei live di Kendrick Lamar. Chance accetta in pace i mali, rivendicando una straordinaria consapevolezza delle elargizioni divine. Tuttavia, a differenza di Kendrick, possiede la gloriosa ingenuità di un ventenne. Quel timore nelle scelte, quel vorticoso senso di responsabilità: ogni sensazione è perfettamente individuabile nella corteccia di un neo-adulto.
Tra le collaborazioni a cui aspira, ha menzionato -sistemato il discorso Yeezy, il cui debutto College Dropout ha reso Chance quello che oggi è- Randy Newman, compositore di varie colonne sonore Disney. A giudicare dai giri felici della tromba di Donnie in Finish Line, il risultato potrebbe essere eccezionale.
È per i giovani, lo dimostra il feature più raggiante del mixtape: il Chicago Children’s Choir, pronto ad aiutare il loro supereroe preferito.
Lo dimostra anche il titolo, come fosse un libro per insegnare a sua figlia come si colora il pianeta.
Ciò che ha lasciato perplessi è l’assenza di grandi producer: pur creando a ritmi forsennati, Chance si conserva, centellinando il suo hard disk senza affrettare esplosioni. Cresce con i suoi amici, tutti per mano a formare una piramide.
Se c’è una mancanza devastante nel mondo-profitto, è la gratitudine. Qui prende la forma di una grandiosa constatazione spirituale, a cui è presto impossibile non aderire.
Come profetizzato in Ultra Light, ciascun singolo lemma pronunciato da Chance nel disco è stato twittato da almeno un fan: l’amore per le piccole cose troverà la sua strada e vincerà.
In una traccia con Mick Jenkins e Cam O’bi esclusa dalla scaletta per problemi di copyright, Chance esulta a modo suo:
“Everybody finally can say it out loud,
my favorite rapper a Christian rapper”
L’ha detto e ripetuto,
è vero:
You can not mess with the light.