Quindici anni fa, qualcosa in Pharrell Williams è scattato. Deve essersi girato verso Chad Hugo, amico e complice di gioia volontaria, e deve avergli posto una domanda, per quanto semplice, disarmante.
“Che cosa stiamo cercando?”
“Non lo so. Qualunque cosa sia, però, spero di non trovarla mai. L’importante è che continuiamo a cercare.”
Chad, un paio d’anni fa, rimembrava a Vice i ritmi surreali delle sessioni dei Neptunes in studio: i Clipse, Snoop Dogg e Nelly, nell’esempio, si accontentavano di qualche spicchio della loro attenzione, registrando allo stesso tempo in stanze differenti. Questo era il loro altissimo, indiscutibile status.
Si erano rivelati essere esattamente ciò di cui il nuovo millennio aveva bisogno: maestri ad impostare un non-standard; sorrisi intenti a fare ciò che non si dovrebbe.
“I just don’t understand people who live in a box and are really comfortable saying, ‘Me too.’ It’s so weird to me.”
Pharrell a Power 106, 2011
Nell’era dei ritornelli di Max Martin, e delle interminabili boy-band prive di qualsiasi densità, i Neptunes fecero quello che serviva: estrassero i fluidi, spogliarono il mondo delle major fino ad aprire uno spiraglio di effettiva umanità al suo interno.
Un così educato dito medio all’industria accese il più promettente strumento di democrazia culturale esistente.
Nasceva la cultura dei forum, i fansite propriamente detti. Erano guidati da individui abbastanza “interni” da avere accesso a materiale inedito, grezzo e infinitamente bramato. theneptunes.org ebbe un impatto senza precedenti, e non solo per il pianeta Pharrell-Hugo: alla vigilia dell’atteso Be di Common, le opinioni degli utenti sulla versione di un brano (The Food feat. Kanye) fecero virare la distribuzione verso il pezzo eseguito live, a loro parere molto più vivido.
Oltre ad un primo assaggio di social networking, sorgeva davvero l’impossibile, agognato rapporto diretto tra fan e artista: chiunque avrebbe potuto avere una voce.
Voci che si arricchivano, crescevano e germogliavano: non per nulla, tra gli utenti frequenti comparivano dei giovani Drake, Janelle Monae, Matt Martians e M.I.A., i quali avrebbero presto beneficiato della loro presenza dall’altro lato; sanno che cosa vogliono i fan.
C’era inoltre l’elemento etnico: i Neptunes spiegavano al popolo che un nero può fare skate, che un asiatico può dettare legge nel regno del privilegio bianco. In un modo o nell’altro, tutti si sentivano travolti, ma inspiegabilmente al sicuro.
Ecco, ecco come si fa. Si possono detestare le regole, senza rinunciare alla cortesia. Puoi guidare il destino dell’hip-hop, e indossare comunque jeans stretti. Il più rispettato in the game, con i pantaloni da lavoro. I testi stereotipati invece di essere prevedibilmente obliterati, divenivano funzionali alla risata finale.
Come dice iperbolicamente Tyler the Creator, ospite ad OtherTone -il programma di Pharrell su Beats 1 Radio- si tratta di uccidere un cucciolo: cercare di inventare una simbiosi tra accordi dolci e percussioni pesanti, pace e paranoia in un ironico prato fiorito. Esattamente quello che raggiunse Q-Tip con A Tribe Called Quest, dunque, ma in perfezione seriale. Ciò che Pharrell e i NERD hanno rappresentato per Tyler -esempio, ispirazione e quasi divinità, come si nota a paragonare le traiettorie dei due artisti, con IFHY massima apoteosi- è accaduto a migliaia di giovinezze, scagionate da qualsiasi debito mentale in onore della personalità.
Conoscete Happy e Freedom, conoscete le sue Stan Smith, avete in mente il suo cappello abnorme. Se tutto ciò è possibile per Pharrell, è solo grazie alla sua infanzia creativa: consapevole, ma serena fino all’inverosimile. Come recita lo slogan di iAmOther, collettivo che fa da ombrello a tutte le iniziative creative di Pharrell,
“That which makes you different makes you special.”
Nel 2001, a reputazione acquisita, per la loro dichiarazione di intenti -o di astinenza dagli intenti comuni- lui e Chad Hugo chiamano Shay Hayley, un rapper compaesano tutt’altro che speciale. Tuttavia -unica condizione necessaria- Shay è loro amico.
Questo il senso della copertina, quasi priva di espressione, salvo l’evidente comodità dei vestiti indossati.
L’immagine di un momento qualunque, una partita giocatore singolo alla PlayStation, serve a ricordare proprio l’irrinunciabilità dell’arbitrio creativo; sempre la strada che preferite, quando volete. I Neptunes di strada ne hanno percorsa, sia in verticale -velocissima la stabilizzazione del loro status di super-producers- sia in longitudine, producendo contemporaneamente Jay-Z e Backstreet Boys, Britney Spears e Rage Against The Machine. Per ognuna delle loro produzioni, lasciavano decantare i gusti forti: si utilizza solo ciò che rimane in superficie.
Che cosa succede però se, invece di estrarre, filtrare e rifiltrare, sguinzagliano tutte le loro influenze?
Il risultato è un album eclettico, per usare un eufemismo. Loro stessi lo definivano “psychedelic pop, classic rock and new wave”, senza nemmeno nominare branche della black music.
L’ascolto di In Search Of… suona infatti bizzarro, perché privo di possibili catalogazioni; si intuisce presto che l’esperienza del disco non ammetterà mai preconcetti, ma soltanto neologismi, paragoni obliqui, lodi insolite e dubbi densi.
Quando sfiorano la normalità, lo fanno in modo raffinato e meticoloso. L’outro di Provider trasforma la ballata in uno studio ripetitivo. Immaginate un ascensore, lentissimo. Che fare? Il primo, semplice proposito è di combattere la noia con la noia: ricercare regolarità nella texture, ridere alle rare anomalie. Accade dopo un addio ironico, gonfio di amor proprio. Sembra essere stata una buona giornata.
Il posto di Pharrell, ormai lo sappiamo, è il pop. Non solo periodi semplici e lineari sono la sua naturale forma di espressione; la sua persona è sempre, assolutamente a suo agio.
Un anno dopo, galvanizzati dalla ricezione confusionaria del disco, i N.E.R.D. decidono di reinterpretarlo in chiave live. Per farlo, chiedono aiuto agli Spymob, band funk affiliata all’etichetta dei Neptunes, la Star Trak.
Il prodotto finale è più vivo, la missione spiazzante è nuovamente compiuta. È sufficiente isolare mentalmente i synth e confrontarli con la versione precedente: diluiti, sembrano improvvisamente iracondi; dopo un anno di pace, entri con garbo la paranoia.
Una scelta di questo tipo -rischiare la ri-produzione di un album già ottimo e pignolo- indica la precisa intenzione di dimostrarsi mente e non solo materia, teso calcolo ma anche anima vibrante. Questa è la lezione impartita ai posteri dai N.E.R.D.: mescolare e assaggiare, senza paura, a spirito lindo.
Oggi, come allora, a Pharrell spettano i riflettori; Chad Hugo lavora a progetti pacati, Shae pensa agli affari suoi. Sentieri diversi, visioni parallele, ma sempre lo stesso, unico comandamento ad agire da base: cercare.