Esce oggi per Black Acre A Thousand Skies, attesissimo secondo disco di Clap Clap, dal quale nelle scorse settimane avevamo già potuto ascoltare il primo singolo Hope.
Martedì notte a Musical Box – il programma di Raffaele Costantino su Radio2 – il producer toscano ha presentato l’album con un set in esclusiva di 20 minuti che potete riascoltare qui. Abbiamo avuto il piacere di presenziare alla puntata insieme ad altri colleghi e di poter confrontarci con Cristiano Crisci (oltre a gustare una buonissima torta al cioccolato decorata con la copertina dell’album).
Se l’esordio Tayi Bebba presentava ritmiche africane, “in questo disco nuovo mi sono concentrato più sul nostro territorio: la maggior parte delle samples vengono tutte dall’Italia, dalle registrazioni di Ernesto De Martino in Lucania e negli Abruzzi ai lamenti che si possono ancora trovare in alcune zone della Sicilia, fino ai field recordings degli anni Cinquanta in Irpinia, in cui è possibile trovare una tribalità vicina al primo blues”. Una ricerca difficile e sviluppata sul campo – “sono andato in Sardegna a registrare Pinuccio Sciola, ho cercato canti e filastrocche di nonne e bisnonne” – e che Clap Clap aveva finora preferito tener separata dalla proprio dimensione musicale: “essendo un periodo particolare per me e per ciò che sta accadendo nel mondo, questo mi è sembrato il momento più giusto per tirare le somme e avvicinarmi alla ricerca sul suolo italiano. Il disco stesso inizia con una sample in italiano”. Parlando di innovazione e ricerca musicale, Cristiano cita Aphex Twin come esempio di “chi ha saputo rimanere identico a se stesso, pur con forme diverse”.
In merito alle collaborazioni presenti in A Thousand Skies, la prima cronologicamente è stata quella con i John Wizards, “di cui sono sempre stato appassionato, una proposta veramente nuova con vocoder e scale sulla musica tradizionale sudafricana che prima semplicemente non esisteva. Mi ci sono sempre trovato bene e non ci ho pensato due volte a proporre loro una collaborazione. Mi sono accorto poi che nella loro stessa agenzia di management c’era Bongeziwe Mabandla, uno dei cantautori sudafricani che più apprezzo – mi sono fatto tradurre tutti i suoi testi dal sudafricano scoprendoci una spiccata spiritualità – e sorprendentemente ha accettato di unirsi a me. Ho voluto sfruttare la sua voce su un mio pezzo a 160 BPM: il risultato è Nguwe, che in Sudafrica sta andando molto bene, essendo cantata in zulu”.
Riguardo a possibili collaborazioni future con artisti italiani, “per ora mi accontento delle samples. Mi piacerebbe un giorno, mi piacerebbe provare a farlo con Kae, a cui in passato ho prodotto un disco per Cascade Records, perché mi piace molto il suo accento serbo nel parlare italiano”.
Sul passaggio a WARP Records – “per me dal 1996 al 2002 esistevano solo punk, hardcore e WARP” – la vita di Clap Clap è cambiata in positivo: “per quanto riguarda il publishing, posso lavorare ora su documentari e tanti altri progetti in modo molto profondo. Non mi aspettavo di essere così seguito”.
La chiacchierata si conclude con uno stupefacente discorso di Cristiano sulle connessioni tra musica, antropologia e geografia, in cui ha citato il koto e il sitar, la diffusione dell’organetto a tre tasti abruzzese nella musica popolare norvegese, gli influssi africani nella musica brasiliana in Obaluayê della Orquestra Afro-Brasileira e la presenza di strumenti a fiato, a corda o a percussioni nelle diverse popolazioni. La dimostrazione pratica di quanta ricerca, curiosità e passione ci siano dietro al lavoro certosino di Clap Clap, un artista di cui possiamo davvero vantarci con orgoglio.