photo: donata clovis |
Le domande secche di oggi sono rivolte a Jack Jaselli, cantautore e chitarrista milanese.
1)Ciao Jack, presentati ai nostri lettori.
Ciao a tutti, mi chiamo Jack e faccio musica. Mi piacciono le foto in bianco e nero, i buoni libri, il caffè bollente, e la sabbia sotto i piedi.
2)Come è nata la collaborazione con i “The Great Vibes Foundation”?
La mia storia con le Vibes (ovvero Nik Taccori on drums, Enea Bardi on bass e Fab Friggione on guitars) si è sviluppata nel corso del tempo. Dopo un lungo periodo passato a sperimentare differenti situazioni musicali e a suonare per lo più in solo ho cominciato a sentire l’esigenza di trovare la band che avrei sempre sognato di sentire. Nik lo conoscevo dai tempi dell’università, entrambi abbiamo studiato filosofia, ed è stato il primo a credere in questa idea. Conoscevo e stimavo Fabrizio come musicista, avevamo suonato insieme per qualche periodo. Un giorno ho capito che era lui il chitarrista che cercavo: sono andato a trovarlo mentre si riaggiustava in ospedale dopo un incidente, gli ho portato la mia chitarra da viaggio e gli ho chiesto di salire a bordo. Enea in un primo momento si occupava di noi come solo produttore, ma poi…come fai a non chiedere a un musicista e bassista come lui di fare parte della band se ne hai l’occasione? E’ stato naturale, automatico ed esplosivo.
Così siamo partiti, la meta resta sempre in divenire, ma da subito avevamo chiara l’idea di cosa per noi fosse il viaggio. Suonare tanto, tanto sudore, “alla vecchia”, si cresce e ci si nutre a vicenda, niente scorciatoie, niente esitazioni. Solo musica. Suonare insieme è una cosa, essere una band è un’altra.
3)Definisci la tua musica in tre aggettivi.
Diretta, formosa, insaziabile
4)Quali sono le tue influenze musicali?
Sono molteplici. In primo luogo i grandi Maestri, faro costante per chiunque voglia fare musica con onestà, come Bob Marley, Beatles, Stones, Marvin Gaye, Stevie Wonder, John Coltrane, Miles Davis, Robert Johnson, Jimi Hendrix, e chi più ne ha più ne metta.
Per il resto ascolto musica di ogni genere, l’importante è che sia vera. Dai De La Soul a Donavon Frankenreiter, dai N.E.R.D. a Fink, Chris Cornell, Nirvana, Massive Attack, Mark Lanegan…Nel mio cuore, più di chiunque altro Jeff Buckley e Ben Harper.E poi le Vibes ovviamente, per lo più i pezzi li scrivo io, ma li arrangiamo sempre insieme, e avendo ciascuno differenti radici ci scambiamo un flusso costante di musica.
5)Come è nato l’album “It’s gonna be rude funky hard”?
Le canzoni sono nate un po’ a Milano in giro per il mondo, dai miei viaggi, dagli occhi delle persone e naturalmente dalle mio vissuto personale. Scrivo perchè ne ho bisogno. E ho bisogno di comunicare. Il disco come tale invece ènato nell’unico modo in cui avrebbe potuto nascere. Da una cantina. E poi andava a specchiarsi su un palco. E poi tornava in cantina a farsi i muscoli, e quando è diventato abbastanza forte ha sfondato la porta ed è uscito. Lo abbiamo prodotto tutto noi, registrato con le nostre sole forze. E’ stato molto bello essere totalmente liberi e totalmente responsabili. Lo abbiamo stampato noi stessi all’inizio. Solo dopo sono arrivati distribuzione, ufficio stampa e altre strutture. Tutt’ora però siamo noi stessi la nostra casa discografica.
Volete che vi dica cosa ci pronosticavano le varie personalità del music-biz italiano(sempre che in Italia esista davvero)? Naaaaaah…sparare sulla croce rossa…not a cool game.
6)Come mai la scelta di fare una cover di “Could you be loved”
E’ un omaggio a Bob Nesta Marley. Il cui messaggio rimane eterno, la cui energia continuerà sempre a fare del bene al mondo.
Abbiamo provato a farla a modo nostro, come tributo, e ci è piaciuta talmente tanto che abbiamo deciso di metterla nel disco.
7)”It’s gonna be rude funky hard” è un concentrato di energia, ma è soprattutto dai live che si percepisce tutta la passione che hai nel trasmettere qualcosa a chi ti ascolta. Che cosa vuole trasmettere la tua musica?
Quello che sento. Quello che ho bisogno di comunicare. La vita.La voglia di saltare, di ballare, di ridere e di fare l’amore.La voglia di vedere e di scoprire, di ridere fino a che ti fa male la pancia e di sentirti libero di piangere a dirotto.E se qualcuno ci ricava materiale per pensare un po’ a questioni importanti tanto meglio.Non sono pretese, solo desideri viscerali. Come quello di essere liberi.Per me il live è comunicazione costante, scambio di energia su tutti livelli. E’andare in un posto doverso ogni volta. ed andarci tutti insieme.
8)Progetti futuri?
Adesso i programmi sono quelli di farci conoscere in giro per l’Europa, e continuare a suonare in Italia, dove abbiamo fatto circa 90 live in un anno senza booking agency.E poi stiamo scrivendo il disco nuovo. But that’s another story…
9)Abbiamo finito.Saluta i nostri lettori nella tua lingua preferita e consigliaci un brano.
Oggi leggevo una frase in uno scritto di Hafez “Fear is the cheapest room in the house/I would like to see you living in better conditions”, credo che di questi tempi sia un buon concetto da tenere a mente.E questa assaporatela come se fosse il vostro cibo preferito.A presto…