DLSO oggi vuole proporvi una riflessione, più che un post. Lo diciamo sempre che vogliamo parlarvi di quotidianità, e poi non lo facciamo mai.
Fin dove può spingersi l’amore ? Se state per chiudere la pagina annoiati dalla banalità della domanda fate pure, ma varrebbe la pena arrivare fino alla fine del pezzo giusto per la curiosità di vedere che risposta abbiamo provato a dare ad un quesito così abusato.
Può durare una vita l’amore, e a volte spingersi anche oltre. Possiamo vivere bellissime storie di fantasia esistenti solo nella nostra mente, o essere carnalmente attratti da qualcuno troppo distante da noi per essere reale. E poi ci sono le volte in cui l’amore è un’abitudine interrotta a forza, da tragici eventi di cui forse neanche il destino è responsabile. Voi come reagireste ? A parte piangere fino a consumare i condotti lacrimali, strapparvi i capelli dalla testa, alcolizzarvi fino a scoppiare, arrivereste mai a crearvi un simulacro della realtà smarrita? Accettereste mai di condividere il quotidiano con qualcuno che riproduca le sembianze della vostra metà perduta, illudendovi che non si sia mai mossa da tavola, seduta accanto a voi ?
C’è qualcosa di grottesco e di tenero in tutto questo, che poi diventa lacerante e ansiogeno ad un’occhiata più attenta.
Eppure è tutto vero e tutto documentato.
Stiamo parlando di una raccolta realizzata dalla fotografa americana Elena Dorfman, classe 1965, da sempre ritrattista e fotografa di studio, questa volta prestata al mondo del reportage, anche se un pò sopra le righe.
Nel 2005 decide, zaino in spalla, di andare in giro per il mondo a scattare immagini a strane coppie esseri umani – bambole di plastica, dopo aver seguito il fenomeno in giro per il suo paese. Il fenomeno non è altro che la bizzarra quanto crudele consuetudine di alcuni individui di ordinare su internet, su un catalogo di pezzi componibili come quello dell’ Ikea, un fantoccio a cui dare naso, occhi, bocca e forme fisiche a proprio piacimento, per arrivare a cifre che superano i 600 dollari. Ma non si tratta in questo caso di concretizzare una perversione, di dare sfogo ad una fantasia controversa seppure normale. Si tratta di curare il dolore lancinante derivante dalla perdita della propria compagna, a volte dal desiderio di un figlio mai avuto, con un bizzarro effetto placebo, attraverso un surrogato paranoide e quasi realistico de l’amour perdu.
La Dorfman è entrata con delicatezza, e senza stupore, nelle case di chi ha scelto di vivere così, con una bambola accanto. Uomini e donne che preferiscono continuare a condividere il proprio tempo con l’unica persona che abbiano mai amato, piuttosto che sostituirla con un’altra in carne e ossa, pena il senso di tradimento e l’insoddisfazione per non riuscire a provare gli stessi sentimenti verso un altro individuo. Ha esplorato innumerevoli temi in un colpo solo: il confine labile tra realtà e verità fittizia, che è diversa dalla finzione, perchè è quella di cui godiamo quando stanchi della frustrazione. Ma ha anche esasperato il concetto di donna-oggetto, della Barbie a tutti i costi, mostrando quanto possa essere ardita e triste la volontà di preferire un corpo muto e artificiale ad un cervello pensante.
Le sue foto, anche grazie a tagli accurati che quasi lasciano dimenticare che si tratti di manichini, di vagine di plastica, ritraggono le bambole accanto ai loro uomini nella fissità della vita quotidiana: davanti la tv in una sera d’estate, al parco mentre si legge il giornale, sul divano a fare l’amore. A volte però un gesto innaturale, uno sguardo vitreo durante un abbraccio affettuoso, una bocca immobile durante un bacio passionevole, tradiscono la realtà cruda e le foto, da dinamiche ed eleganti, diventano agghiaccianti e pericolose.
Elena Dorfman ha guadagnato un notevole successo di critica e di pubblico con questa sorta di reportage intitolato sinteticamente ”Still lovers”, e ancora oggi continuano le mostre ad esso dedicate. A noi non interessava solo farvi scoprire una fotografa sorprendente che indaga le dinamiche socio-antropologiche coi suoi raffinati lavori, ma farvi fermare un attimo a pensare.
A ponderare sulle brutalità dell’amore e sulla libertà di scegliere, senza operare distinzioni di giudizio tra chi ha una forma di coraggio e chi ne ha un’altra. In fin dei conti ci abituano fin da piccoli a giocare d’immaginazione per penetrare il grigiore quotidiano, solo da adulti questa abitudine ci appare inquieta e spaventevole. Eppure c’è chi ha la spericolatezza di vivere così, con una bambola accanto che nessuna ventura potrà mai portare via.