Costruire e comprendere come nascono le storie guidati da Gianni Rodari
Ho iniziato ad appassionarmi alle storie dei bambini quando sono diventata grande e leggendo i libri per i grandi – romanzi, poesie, saggi che fossero – ho capito che tante di quelle storie dalle quali ero letteralmente ossessionata da piccolina, non avevano nulla da invidiare per genialità, a quelle che, tomi pesanti, riempivano la mia scrivania di più o meno adulta molto appassionata lettrice.
Ecco perché, oggi, mi piacerebbe raccomandarvi la lettura estiva di una delle opere fondanti della Fantastica, quella scienza che di fatto forse non esiste ma dalla quale, in molti, hanno tentato di estrapolare una grammatica, un insieme di regole che ne chiarissero i meccanismi e ne sciogliessero i misteri.
In Italia il contraltare di quel serione di Propp, genio e regolatezza degli studi semiotici sulla storia della costruzione della fiaba, è naturalmente Gianni Rodari.
Quasi tutti abbiamo letto Gianni Rodari da bambini, su quei libri ora grandi ora piccini, tutti illustrati da quel genio che – prima non lo sapevamo, ora sì – è stato Bruno Munari. Abbiamo tutti giocato a costruire le storie come faceva lui, abbiamo imparato da lui, dalla voce dei nostri genitori/zii/fratelli/nonni, che la guerra era brutta e la pace invece bella, che le lettere sono un gioco bellissimo perché formano le parole se le metti vicine e poi loro fanno le frasi e le fanno come vogliamo noi.
Gianni Rodari è stato un maestro capace di entrare a casa di tanti e di insegnare a tanti quale fosse il giusto modo di giocare, di toccare, di osservare.
Impossibile dunque che di tutta questa Fantastica messa in pratica – perchè il bello di questa scienza è che inizia dal fare e finisce nel dire – non fosse stata scritta una teoria, spunto generale di partenza e ispirazione per quando sei adulto, la fantasia forse è meno libera e di teoria c’è più bisogno.
La Grammatica della fantasia si presenta come una vera e propria grammatica, divisa in piccoli capitoli tutti dedicati a piccoli giochi, o meglio, a piccoli modi di giocare, di procedere, di invertire e stravolgere, nel costruire una storia.
Il binomio fantastico, il prefisso arbitrario, l’errore creativo: ecco alcuni modi e alcuni spunti di riflessione o punti di partenza che Rodari ci illustra appellandosi alla sua enorme esperienza come maestro nelle scuole e negli asili, come artista, come avido lettore e, non di meno, come padre.
Marionette, burattini, Pierino, cappuccetto giallo si alternano sì, all’analisi della befana, ma anche alla storia di Rodari e delle sue letture, da Dostoevskij a Leopardi, passando per Propp – ovvio – e per i Frammenti di Novalis.
Un grande padre e maestro, coltissimo, appartenente a un tempo lontano, capace di definire da solo i modi di un’Italia che non può non mancare, Rodari associa con la serenità del genio e dell’artista, poeti laureati e il gatto con gli stivali, riconoscedone senza remore gli evidenti concetti in comune.
La magia è che durante la lettura più volte vi potrà accadere di avere voglia di prendere un foglio bianco e provare a tornare bambini.
Giulia Cavaliere