Gli Atari (Riccardo Abbruzzese, Alfredo Maddaluno) sono una realtà italiana differente dalle altre. Il duo napoletano smanettava coi synth in tempi non sospetti, quando ancora per il cantautorato italiano (a parte rare eccezioni) era impensabile separarsi da chitarra, basso e batteria. Oggi, quando ormai sono stati abbattuti i pregiudizi sul sound tamarro ed è diventata quasi routine aggrapparsi al suono digitale, gli ATARI riescono a distanziarsi comunque dalla realtà italiana loro contemporanea.Perchè se qualche anno fa (penso a “Poisoned Apple Pie”) assomigliavano a dei Bluvertigo più easy e scanzonati, oggi si può affermare senza remore che il loro stile sia profondamente mutato: abbandonati (o forse solo camuffati) i suoni 8-bit, passano a uno stile più cupo e riflessivo, nei suoni e nei testi. Un sound mai noioso, non corrono il rischio di appellarsi alla banale scusa dell’ “è un album sperimentale, lo trovi noioso perché sei ignorante”: non danno adito a dubbi, possono avere sperimentato qualunque cosa in studio (probabilmente l’hanno fatto), ma l’album rimane di facile e piacevolissimo ascolto.
E poi lo si ascolta anche più volentieri, sapendo che sono artisti di casa nostra.
Leggi il track by track che Riccardo Abbruzzese ci ha gentilmente concesso:
Premetto che non tutte le canzoni si prestano ad una traduzione didascalica ed a volerle spiegare con parole diverse da quelle con cui sono state create, spesso si può rischiare di sminuirne lo spessore. Cercherò comunque di spiegarne alcune e di svelare le sensazioni che ci hanno portato a scriverne altre.
Take me to Venus:
È la copertina del disco, il preannuncio di un album “d’amore” (nel senso decrescenzianodella definizione), fumoso e stellare. Una canzone sentimentale che parla di una fuga verso l’universo caldo, verso un altro pianeta, sfuggendo agli sguardi della gente.
White Dreams:
Nonostante il pezzo sia strutturato sui classici fondamenti del pop, il testo di questo pezzo descrive in modo semplice un pensiero molto articolato ed evidentemente paradossale. Il pezzo è una breve sequenza dell’attimo in cui una persona cerca di lanciare un “sasso” , come nel tentativo di mandare all’aria tutto quanto, ma nell’attimo in cui lo lancia il sasso resta immobile e tutto il resto intorno a se schizza via, come una esplosione cosmica…avete presente la scena dell’esplosione in Zabriskie Point?
Jack, you are a Scientist!:
Jack è uno scienziato un po’ fuori dal comune, con un punto di vista irrazionale e sentimentale. In quanto tale non riesce a rapportarsi alla vita, trovando delusione e sconforto nella sua inettitudine.
Il nome “Jack” è preso in prestito da Jack Seward, illustro dottore di Londra creato daBram Stoker per il romanzo “Dracula” e il monito all’inizio del pezzo viene dal film di Coppola e la voce appartiene ad Anthony Hopkins.
If my Brain was a Program:
Se avessi un software installato nel mio cervello sarei una persona migliore, meno distratto e sfuggente nei tuoi confronti…altra canzone d’amore, ma con una sottile vena d’ironia. Questo pezzo, che abbiamo scelto come primo singolo dell’album, in realtà è stato scritto ai tempi di “Sexy games for happy families” ed ha subìto molte modifiche prima di essere quello che è. Infatti la scelta di questo pezzo come primo singolo dell’album è stata fatta non tanto per la sua orecchiabilità, ma proprio perché il pezzo rappresenta uno spartiacque tra il sound del primo album ed il nuovo.
Becomes a Whale:
Questo è un pezzo molto importante dell’album e difficile da descrivere. Dietro l’omaggio alle balene, nobili creature che noi ammiriamo, vi è un significato allegorico, una persona cara che non c’è più che si reincarna in una bellissima balena, solcando i vasti e sconfinati oceani azzurri.
Orbital Station:
Questo pezzo rappresenta gli ultimi attimi di vita e gli ultimi pensieri di un uomo che fluttua nello spazio profondo e si paragona con l’universo infinito.
City Lights:
In questo pezzo abbiamo voluto rappresentare l’impatto imponente che una grossa metropoli può dare, quando tutte le sue luci splendono e tutto si muove freneticamente intorno ad una persona. Abbiamo cercato di rappresentare il senso di angoscia e lo spavento che si innesta nella gente in una città dove l’uomo è contro l’uomo, un luogo dove chi si ferma è perduto e finisce con l’essere divorato, dove l’unica via di scampo è uscire allo scoperto e farsi strada.
Overlight:
È la reprise di City Lights, l’epilogo trionfale.
Black ink:
Non vorrei rischiare di sminuire il senso di questo pezzo, ma provate ad immaginare una persona che invece di parlare si serve di una stampante a gettito di inchiostro nero per scandire i propri pensieri e le proprie emozioni. L’inchiostro viene giù ed il pensiero è svelato.
Ants Marching:
La sequenza di questo pezzo si compone in uno scenario alle porte dell’autunno, al tramonto, in un luogo dove si ammira tutta la città di Napoli, il maestoso vulcano e l’elegante castello galleggiante,mentre un gruppo di laboriose formiche si prepara per affrontare il freddo inverno.
Casually:
L’album si conclude con un’altra canzone d’amore, un momento soffuso ricco di sfumature dai toni nostalgici. Casually è il racconto di una relazione sentimentale, la riflessione sulla casualità di un incontro fortuito che genera una storia d’amore.