Il martedì ha l’oro in bocca, ma per fortuna qui non si parla dei nostri cari grillz, bensì di un ritorno gradito come il piumone nelle sere di fine ottobre, quello dei The Roots.
Due sono gli episodi in ambito musicale che mi hanno dato davvero molto da pensare in questo inizio settimana: il primo è la presa di coscienza che il nuovo Lp dei Justice, che coverizzano Yes e Genesis, non è forse questa minestra torbida a cui ormai m’ero rassegnato, e il secondo è la perplessità di fronte l’incommensurabile numero di ritornelli infilati da Beyoncé, che coverizza George Benson e Luther Vandross, nella video version della sua Love On Top, come uno spiedino che invece di salsicce e cetriolini infilza ritornelli a raffica. Tutto passa in secondo piano però già di martedì, con l’uscita in rete del singolo apripista del comeback dei The Roots. Il 6 Dicembre è prevista la release del loro, dio benedica le band prolifiche, undicesimo studio album, intitolato “Undun”, via Island Def Jam, anticipato dal singolo Make My, in collaborazione con la nuova stella del southern rap, Big KRIT, un nuovo inno al movimento consciousness del quale i The Roots sono paladini. Un brano denso come un caffè stretto come gli outfits di Prince, la similitudine nella similitudine è sintomo del mio dichiarato buon umore.
Una certezza che non muore, i The Roots sono il momento in cui ti stendi sul divano dopo aver trascorso una giornata da maratoneta, sono le lasagne della domenica dopo una settimana di alimentazione da fast-food, sono il pieno di benzina fatto da tuo padre il sabato pomeriggio. Le percussioni di ?uestlove, l’uomo che della sua acconciatura ha fatto un’icona senza doversi tingere di biondo, e la tastiera di James Poyser, l’uomo che riesce ad incantarmi sia producendo Jill Scott che Mariah Carey, sono lì, vivide e sincere come nel 1996, come sempre. Il piacere, anche stavolta, è tutto mio.