A volte c’è una colonna sonora ninnante e tormentosa ad accompagnare il finale dei film. Quasi ad amareggiare il sangue, o a farti sorridere debolmente. Quasi a darti un pugno nella pancia fino a toglierti il fiato. Ti ricordi Magnolia? E l’autostrada bloccata che corre verso il mare ad agosto (non è un film, anche se il confine è sottile). Oggi nelle mie cuffie passeggia la carica accorata e minimale di Emphemetry, progetto solista di Richard Birkin che nel nuovissimo album A lullaby hum for tired streets scatta una bellissima fotografia a colori dalla finestra di casa sua. Forse è tardo pomeriggio, forse non c’è nessuno per strada, le foglie sono arancioni. Forse l’umore non è dei migliori mentre l’impeto artistico che ne scaturisce, riversa nelle dieci tracce del full-lenght malinconia e tepore, donando al composto un’aura elegiaca, romantica, metti anche struggente ed evocativa. Sono i suoni di chitarra e la levità del pianoforte ad edulcorare la torta (chiudere gli occhi sulla straordinaria Francis Thompson), mentre le distorsioni alla voce e i rumori del traffico di Every other second day aggiungono pop ed ingegno ad un nobile lavoro che con Houses, empty as holes (e i suoi fruscii e i suoi pianoforti brulli e vibranti) arriva sulla Luna. Da questo disco-ninnananna se ne esce soltanto riaprendo gli occhi. E oggi è festa, quindi non vedo perché svegliarsi.
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