Do IT, il secondo album dei Bud Spencer Blues Explosion, è uscito, in barba ad ogni superstizione, di venerdì (il 4 novembre). Probabilmente perché quando si scorazza impunemente nelle terre roventi del blues non si può lasciar tanto spazio alla scaramanzia. Dopotutto stiamo parlando della musica maledetta per eccellenza! O forse semplicemente perché, se si ha il loro talento, c’è ben poco da temere.
Quando si parla e si scrive dei BSBE (acronimo divenuto ormai inconfondibile) pare vi sia l’obbligo morale di citare il Concertone del Primo Maggio cui i due parteciparono ormai più di due anni fa. Questo forse perché Cesare ed Adriano si guadagnarono il prestigioso palco attraverso il concorso Primo Maggio tutto l’anno, dunque grazie al loro talento prima ancora che al loro pubblico, che ai tempi era decisamente più esiguo. Bene: fatto.
Ora si può parlare del presente di questi due ragazzi per bene del rock nostrano, che, nonostante i prestigiosi esordi, è fatto di sudore, di qualità e di passione viscerale. Per comprendere la genuinità del duo capitolino basta ricordare il 14 marzo scorso, quando hanno scelto di portare la loro sala prove sul palco del Circolo degli Artisti di Roma. Platea gremita, temperature infernali, strumenti portati ai limiti e registratori accesi: è nato così, in una serata memorabile, l’Ep live Fuoco Lento, fatto di 5 cover magistralmente riarrangiate.
Quello che di straordinario Cesare ed Adriano hanno mostrato al proprio pubblico negli ultimi due anni di live ininterrotti è tutto concentrato in questo nuovo lavoro, composto di 11 inediti, una rilettura di Hamburger e una luccicante cover (Jesus is on the mainline degli Hopson Family). Lo si vede sin dal titolo, immediato e diretto, come a sottolineare la necessità di fare senza troppe costruzioni, emblematica di un disco registrato “a cavallo” di un tour. Che questo sia un lavoro tutt’altro che ponderato ma dettato dalla necessità lo rivela il primo singolo Cerco il tuo soffio già inserito in scaletta da mesi.
Dicevamo… terre roventi del blues. Sì, infatti. Non bastasse il nome, qualunque lavoro esca dalle sapienti quattro mani di questi figuri ha l’inconfondibile profumo del Missisipi. E Do IT non fa eccezione sin dai 17 secondi introduttivi di pura chitarra slide, ma ancor più con l’unica cover del disco, la citata Jesus in on the mainline, già rivisitata in passato da Ry Cooder, Aerosmith e Ben Harper e qui rifinita dal mandolino di Stefano Tavernese, capace di sembrare un banjo quanto un violino pizzicato. Ma non si tratta di antiquariato musicale, né tanto meno di modernariato. Lo stile dei Bud attinge a piene mani dal grunge, dal rock più classico e dal pop creando qualcosa di assolutamente nuovo. E in questo disco le commistioni si fanno raffinatissime.
Qualche esempio? La potenza rockettara di L’onda o l’elettrica grinta di Più del minimo in cui si prova quasi compassione per i rullanti picchiati da Pettulicchio mentre Viterbini moltiplica le chitarre e riempie l’aria di potentissimi riff. Il sapore pop di Mi addormenterò, che stempera un brano da Slowhand. La sporcizia grunge che fa capolino in Rottami e Squarciagola. Ma su tutti la centralissima Scratch Explosion, che, forte della partecipazione di Dj Mike, ibrida su un blues di quelli più classici innesti di hip hop e di elettronica. Il risultato incuriosisce e, vista la brevità, lascia con la voglia di ulteriori incursioni in queste terre inedite.
Perciò, pur rimanendo fortissima la loro attitudine blues in brani come Dio odia i tristi e Come un mare, non si dica che questi ragazzi facciano semplice esercizio di stile, tutt’altro. L’urgenza espositiva che ad ogni concerto porta i Bud ad improvvisare, duettanto ai limiti della jam session, è magistralmente trasposta in un album in studio, per sua natura più curato ma non per questo meno schietto: gran bella prova!
Nota di servizio: il Do IT Tour partirà il prossimo 11 novembre, anch’esso un venerdì. A dimostrazione del fatto che non ci sia granché da temere quando si ha il Diavolo dalla propria.