A distanza di due anni dall’esordio è uscito A.I.U.T.O., il secondo lavoro dei Sick Tamburo. La novità più rilevante risiede nelle incursioni vocali di Mr.Man, che si concede il lusso di dare la voce a ben 3 dei 12 brani. Per il resto, di punti di spunto ce ne sono un po’ pochi.
Musicalmente parlando, le ritmiche sintetiche e sincompate sono sempre ben accostate a granitici muri di chitarra e basso e ciò fa senz’altro ben sperare per l’imminente tour.
Il vero problema sono i testi. Perchè l’aspra ed isterica raffica di parole troppo spesso indecifrabili, è questa volta interrotta da un paio di brani che davvero rivelano una capacità evocativa tutt’altro che comune. Ma tutt’altro che valorizzata, ahi noi.
Sto parlando di due dei brani cantati da Gian Maria Accusani (che sia una coincidenza?), rispettivamente E so che sai che un giorno e La mia mano sola. Il primo è un melanconico outing di chi non sa staccarsi da un passato sentimentale che ormai non esiste più. Un testo particolarmente scarno per una canzone d’amore, ma più ricco del solito per essere una canzone dei Sick Tamburo.
La seconda, invece, è una canzone di una potenza impressionante. La voce di Mr. Man si rincorre e si fa eco da sola, fino ad un ritornello orchestrato di riverberi e di rullanti quasi marziali. Il testo vale la pena di essere letto integralmente. E poi ancora, ad oltranza. Questo testo è una di quelle cose che ti ripaga di tutti gli sguardi perplessi di chi non ha mai capito perchè non ascolti la radio. Cantilenato, ripetitivo, angosciante e viscerale, pennella la scena di un estremo gesto d’amore o forse semplicemente di un tetro autolesionismo. Pur non tradendo la scarna modalità espositiva che li contraddistingue, i Sick toccano una vetta davvero importante nella capacità di scuotere e catturare l’ascoltatore, anche il più scettico. Uno scenario macabro che porta a pensare alle ben più articolate La ballata dell’amore cieco e Se ti tagliassero a pezzetti, lasciando però aperti molti più spunti, molte più oscurità. Lasciando, in pratica, la morale al pubblico.
Sarebbe bello se tutto il disco o la gran parte di esso girasse a questi livelli. Purtroppo così non è e, se da un lato non stupisce più di tanto, conoscendo la scarsa attitudine all’uso dei verbi da parte dei friuliani, dall’altro delude, soprattutto alla luce delle capacità appena accennate. Ed è un vero peccato, perché le tematiche provocatorie non mancano: le malattie alimentari di Magra, la violenza e lo sfruttamento di Finchè tu sei qua, la televisione e il suo potere mediatico e velenoso in Televisione pericolosa. Tematiche che però rimangono inespresse, quasi sparate e mai davvero sviluppate a pieno. Ne è un esempio lampante la traccia di chiusura Aiuto tamburo, che probabilmente all’oscuro del comunicato stampa sarebbe rimasta priva di alcun senso anche per me, mentre invece si suppone essere la chiosa ideologica dell’intero lavoro.
I Sick Tamburo si proponevano di “mettere in luce il conflitto tra il procurarsi il male ed il successivo bisogno di chiedere aiuto” a mio avviso riuscendoci in rare occasioni.