Ricordi la capanna che facevi da bimbo con le coperte, le sedie, la torcia e qualche cuscino? Io ci portavo anche il mangianastri. Autismo. Prima dell’alcol e qualche droga indigesta. Prima c’era la capanna, lo sballo, l’unica via per sconfinare il mondo tangibile. È da là sotto che nelle cuffie mi fa visita l’ahahaha di un ragazzino di nome Raniero Spinelli, barba e capelli brizzolati, divertito, l’umore e l’energia di chi sperimenta forme di scrittura pop molecolare, semplice, sostanziale, divertente.
E quel piccolo grande bambino si è trasformato in Capitan Love che col suo The wasted years of Capitan Love racconta storie chimeriche di aerei in avaria nella sua testa multiforme (far repeat sull’omonima seconda traccia dell’album), di Rosa che non ne vuole sapere di tornar a casa anche se è lì che tutti tornano quando le cose girano male, di notti col naso all’insù mentre le stelle sfavillano in silenzio. E il lavoro di Raniero ha il grossissimo prestigio della genuinità, del facile ascolto, dello svago, dell’inglese pronunciato a cazzo-di-cane, dei coretti in falsetto ad edulcorare la pasta, del noise, di qualche piano, sequencer e drum-machine a mettere il suggello su un lavoro popolare smaliziato e adorabile. I fruscii da bassa fedeltà mi fanno andare in solluchero, le chitarre e le trombe sono come il pennarello magico che passa sui puntini neri. E tutto si colora. Presente? I giudizi come questo sono sindacabili, ma la frivolezza anarchica è sempre una boccata d’aria fresca.
Full Download » Capitan Love – The wasted years of Capitan Love
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