– foto di Silvia Cesari
“Sono invecchiato di colpo” è il nuovo lavoro di Dino Fumaretto.
“Sono invecchiato di colpo” è un titolo concepito recentemente, ma molte delle canzoni che contiene sono già vecchie di anni. Canzoni marcite, ben chiuse nel frigo per non farne uscire l’odore. Ma qualcosa si sente lo stesso. Elia Billoni (l’uomo che si cela dietro l’artista Dino Fumaretto) e Nicola Cappelletti hanno arrangiato i brani dell’album con questo tipo di approccio “da frigo”, pensando al miglior Battiato, e al peggior Neil Young che imita i Devo e i Kraftwerk. Questo che segue, è il suo discoraccontato®.
Cosa c’è nel frigo
Dino Fumaretto: La canzone è un unico tema ripetuto, come l’ultima. Il tema l’ho concepito almeno 9 anni fa, ma il testo che ci avevo appiccicato era diverso, un delirio egomaniaco alla Pannella (Marco). Dicevo: Io l’avevo detto tempo fa/Avevo avvertito cose oggi assodate. Tanti versi stupidi come questi li ho chiusi nel frigo, invece di buttarli, e con il tempo ho accumulato scarti che hanno preso vita propria. Ho immaginato gli odori ripugnanti uscire dal frigo ed un uomo che ha il terrore di aprirlo, e ho riscritto il testo.
Elia Billoni: E’ un brano minimale, e volutamente ripetitivo, sempre allo stesso livello; le linee di basso e il violino pizzicato di Nicola Cappelletti ne sono lo scheletro. Il brano prosegue così “testardo” fino alla fine, monolitico e meccanico, quasi a inseguire quel controllo perduto di cui parla il testo. E credo che sia la sintesi filosofica e stilistica di tutto l’album.
Insonnia
Dino Fumaretto: Canzone di almeno 8 anni fa, è rimasta quasi immutata. E’ nickcaviana e anti-prog. Faceva parte di un breve album (registrato su nastro da Elia Billoni) che intitolai Mappa Finale. L’argomento era come prepararsi alla morte, niente di nuovo. Per me comunque tutto il discorso era già terminato con Insonnia, forse l’ultima canzone “vitale” che ho scritto. Il resto sono cose più o meno dell’oltretomba.
Elia Billoni: Il pezzo è di 7 anni fa, ma l’ho sempre suonato per conto mio. Ho cambiato radicalmente la struttura del pezzo, e con Nicola Cappelletti l’ho arrangiato in stile inequivocabilmente prog. Abbiamo coinvolto un sax (Enrico Giovagnola) e una batteria (Federico Minciarelli).
Risvegli
Dino Fumaretto: L’ho scritta 10 anni fa, ma ne ho cambiato completamente il testo. Prima era una rancorosa descrizione di una relazione di coppia, adesso è il mio capolavoro esistenziale.
Elia Billoni: L’unico pezzo solo pianoforte e voce dell’album.
Tu sei pazza
Dino Fumaretto: Parla di una donna che non capisce niente, ma ho cercato di descriverla con il massimo affetto. Ho abbandonato ogni barlume di misoginia, ammesso che io sia mai stato misogino. E’ un brano scritto di recente, e si sente: c’è un evidente distacco “senile” nella scrittura, assente nelle canzoni precedenti.
Elia Billoni: Altro pezzo vecchio, uno scarto de “La vita è breve e spesso rimane sotto”. L’ho recuperato non credendoci molto, ma la nuova veste che gli ha dato Nicola lo ha fatto rinascere. Il tema musicale è un mezzo plagio di “L’era del cinghiale Bianco”.
Film dell’orrore
Dino Fumaretto: Il testo e la musica sono nati insieme, magari può interessare a qualcuno. E’ probabilmente la canzone più superficiale del disco, forse è fin troppo “fumarettiana”. Scritta circa un anno fa, aveva in origine un significato preciso, che poi ho camuffato, non lasciandomi del tutto soddisfatto. Ma odio essere didascalico. E ora che ci ripenso è una canzone nient’affatto superficiale.
Elia Billoni: Ci siamo divertiti.
Mente spostata
Dino Fumaretto: E’ il pezzo più recente, è una canzone fintamente allegra, che rivela in realtà la totale aridità di chi la canta. Ho spesso raccontato l’illusione di esserci, qui racconto l’illusione di non esserci, il nichilismo di chi non sa di essere nichilista, o fa finta di non saperlo. Dunque Fumaretto è diventato moralista? No, questo è solo un livello di lettura. Ho un’altra interpretazione quasi opposta, più interessante, che non vi rivelo.
Elia Billoni: Mentre lo suonavamo pensavamo a Battiato, e per certi versi questo brano è un rovesciamento del “pop mistico” del Maestro. Il testo inquietante è perfettamente in contrasto con la musica alla Lunapop. Credo di averlo capito bene. E’ un gran pezzo.
Una vacanza
Dino Fumaretto: Vecchio di 7 anni, non ne ho cambiato una virgola. Credo che dica tutto, anzi troppo, e per questo non so che altro dire.
Elia Billoni: Se l’avessimo inserito nel disco precedente sarebbe apparso come un pezzo minore. Ma qui diventa un pezzo meravigliosamente sospeso, con il violino di Nicola a creare un efficace senso di abbandono. Non ci sono effetti particolarmente speciali, tutto è semplicemente devastante.
Non ti emoziono più
Dino Fumaretto: E’ nuova. Può essere fraintesa, sembrare autobiografica, ma è solo una presa in giro.
Elia Billoni: Come in Mente spostata c’è anche qui il contrasto tra il testo (sconsolato) e la musica (festaiola). E’ una delle poche canzoni in cui Dino si è messo veramente a nudo, rischiando molto, rasentando l’ingenuità. Apprezzo molto questo suo sforzo di sincerità.
Il nuovo che avanza
Dino Fumaretto: Doveva intitolarsi “Insonnia parte seconda”, e infatti è una sorta di bis. Era in uno di quegli album registrati su nastro, e l’album in questione si chiamava “Innocuo sogno di rivolta”, di almeno 7 anni fa, la cui title-track avrebbe dovuto far parte del disco di cui stiamo parlando. L’abbiamo scartata, verrà probabilmente recuperata per il prossimo album. “Il nuovo che avanza” invece non si poteva scartare, perché ha la funzione fondamentale di completare e arricchire il discorso iniziato con “Insonnia”.
Elia Billoni: Vecchio di 6 anni, ha una funzione fondamentale: ci introduce, seppur ermeticamente, al lungo pezzo conclusivo.
Sono invecchiato di colpo
Dino Fumaretto: Si tratta dell’ultimo sogno rilevante che abbia fatto. Per settimane ho cercato di dargli un’interpretazione. Di che parla il brano conclusivo e a questo punto l’intero disco? Non credo parli di pazzia in senso stretto, semmai di quegli squarci di lucidità o di presa di coscienza che usiamo per rafforzare la nostra prigione individuale anziché sfruttarli per aprirci al mondo. Forse perché non ne vale la pena.
Elia Billoni: La title-track, che dura eccezionalmente sei minuti e mezzo circa, è sorretta da un loop di synth. Che poi non è un loop, giacché io questo tema l’ho suonato dall’inizio alla fine. Registrata in massima parte nella solitudine di casa mia, l’ho poi passata a Iosonouncane, che ha aggiunto altre cose belle, e ha trasformato il suono basico del mio “loop” in qualcosa di ben più interessante e profondo.
Con questo ragionato miscuglio di pazzia e linearità, rincoglionimento e saggezza si chiude un album che in fondo è una passeggiata.