Crowd Surfing, 11 tracce in meno di 30 minuti, ripropone la formula del precedente: solito super trio chitarra-basso-batteria, i suoni dello studio che ricalcano quelli del palco, la voce di Emanuela che graffia maliziosa. Qualche novità qua e là, per esempio la bella Breakfast, melodica ai limiti del pop, in cui la Drei è costretta a scendere di tono e a cantare come una grande, cosa che peraltro le riesce bene. Per continuare a leggere le nostre parole sul disco, clicca qui.
Di seguito, quelle degli stessi HHTG.
FOTO » © Mattia Buffoli
I wish I was cool
Non parli di te, ti senti solo, perché non ti senti mai come gli altri ti appaiono. Vivi pensando che vorresti solo saper essere come loro, essere da quell’altra parte, dalla parte di quelli che sanno sembrare sé stessi meglio di come lo fai tu.
Dear Fear
È uno dei primi pezzi che ho scritto di questo nuovo album. Ricordo che quando la portai in sala prove per la prima volta Matteo disse: “Ma è tutta con accordi maggiori? Boh.” e ora ci ridiamo su, perché io ci rimasi anche un po’ male. Invece è proprio il pezzo che in un certo senso ci ha aperto delle prospettive nuove, sia dal punto di vista delle melodie che delle tematiche, un po’ più “chissenefrega, facciamo quello che ci sentiamo”… e infatti ha funzionato da subito, così com’era. Parla di due sentimenti fortemente contrastanti e penso possa rappresentare bene la costante ambiguità, l’ironia, l’ottimismo/pessimismo che contraddistingue questi undici pezzi.
Breakfast
Esprime la volontà di ritrovarsi, di fermarsi a parlare, di recuperare dei ritmi più umani, dei momenti, come quello di ritrovarsi seduti a tavola, che sembrano quasi andati perduti. Parla della sensazione di non riuscire a dire tutto quello che vorresti alle persone a cui vuoi bene, della sensazione di aver perso la capacità di costruire quelle situazioni semplici, quei dialoghi, ma anche quei silenzi più importanti di mille parole. Questa canzone è dedicata ai miei genitori.
M. Gondry
Due persone: una che non sa vivere nel mondo reale, sempre trasognante, e una quasi troppo pragmatica e indifferente. Due persone che non sanno sognare assieme, che non sanno capirsi, che non riescono a guardare i film di Gondry una accanto all’altra.
Crowd Surfing
Per chi non lo sapesse, il crowd surfing è lo stage diving, è quando qualcuno da un palco si lancia sulla folla.
Tutto il pezzo gira intorno ad un immaginario ambiguo, tra la volontà di buttarsi e lasciarsi andare in senso positivo (all’amore, ai sogni) e in un senso più negativo (perdere i sensi, per non voler più sentire niente). L’unico modo per ritrovarsi a volte inizia con il perdersi.
Next Time
Non saprei bene dire perché, ma è il brano che preferiamo del disco, uno di quelli che ci emoziona di più suonare dal vivo. Probabilmente presenta certi “spazi” strumentali che non ci eravamo mai troppo concessi fin ora e forse ci ha permesso di lasciarci andare veramente.
È una canzone che vorrebbe essere d’amore, che vorrebbe essere bella, che vorrebbe piacere alla persona per cui è stata scritta, ma che non sa se riuscirà a soddisfare tutte queste aspettative, perché forse sono troppe. “La prossima volta” è un’espressione che da un lato lascia trasparire una specie di rimpianto per – forse – essersi giocati l’unica possibilità che si aveva per dire ciò che si voleva, ma che dall’altra parte lascia aperta anche la speranza e la consapevolezza che si potrà sempre fare meglio. Per certi versi, è un po’ anche la filosofia nella nostra band, vogliamo sempre imparare e migliorare.
Repetitive Parts
Testo, struttura e arrangiamento sono volutamente ripetitivi e martellanti per sottolineare quel senso di alienazione che non ti abbandona quando non sai come esprimerti, quando ti incarti sempre nelle solite quattro frasi. Si gioca su quali siano queste “parti”, se effettivamente quelle musicali, del testo, della struttura, o anche quelle personali, di sè… le proprio parti negative e positive. Per certi versi, anche questa vorrebbe essere una canzone d’amore e in questo senso è molto vicina a Next Time.
Time Waster
Quando perdi il tuo tempo hai sempre bisogno di una scusa in cui credere, hai sempre bisogno di darti delle giustificazioni. Segretamente pensi che a te non capiterà mai niente, che sarai l’eccezione. La giovinezza ti fa sentire come protetto, ti fa vivere intensamente ed incoscientemente, ma ti fa dimenticare in cosa credere veramente.
Blabla
Le strofe sono formate da parole prese da diversi titoli di giornali con cui ho fatto una sorta di collage, mentre nel ritornello si ripete la frase “chiunque può cantare una canzone senza dire niente”.
Molto spesso non si fa nemmeno caso a ciò che viene detto in una canzone. Insomma, c’è sì una sottile (auto) critica, ma anche la consapevolezza che a volte un po’ di leggerezza (ben diversa dalla superficialità) è necessaria.
In una recensione che ho letto ultimamente di questo pezzo si dice che sia “quasi dadaista” e devo dire che come definizione mi è piaciuta tantissimo.
We All
Volendo potrebbe essere il pezzo di risposta a I Wish I Was Cool.
I don’t know
In sala prove, per capirci tra di noi, questo pezzo lo chiamiamo “Janghir”. Quest’ultimo era un compagno di classe mio e di Guido alle scuole medie. Un giorno una maestra chiese ad ognuno cosa avrebbe voluto fare da grande, quale fosse il suo sogno. I versi del ritornello rappresentano semplicemente la risposta che chiunque si aspetterebbe da un bambino alla domanda “cosa farai da grande?”: “cantante, ballerina, attrice, ecc”.
Janghir fu l’ultimo a rispondere e disse: “Non lo so, ma vorrei poter morire prima di tutte le persone a cui voglio bene”. Ho sempre pensato fosse una frase bellissima.
HEAVYϟPOP