I Magnetic Fields fanno parte di quel novero di band che uscite fuori dagli anni 90, quelli da cui si usciva vivi ma a pezzi, che non hanno mai trovato il successo quello vero ed hanno provato ad insistere senza demordere, convinti che la musica fosse la loro unica strada. Il loro sound così lo-fi, fatto di folk pop, alt country e momenti vagamente glitch è quanto di più lontano possa esistere dai miei ascolti.
Capirete dunque la mia difficoltà, a parlarvi di un disco come questo Love at the Bottom of the Sea, nona fatica discografica della combo statunitense. Un lavoro che viaggia su due binari, uno più gradevole e spensierato ed un secondo più greve e ricercato. Si lascia sicuramente preferire il primo, perfetto per quelle giornate in cui, con la primavera alle porte, vi stendete sul prato appena usciti da ore di tediose lezioni sui massimi sistemi per cercare il meritato sollazzo, oppure mentre uscite per una distensiva corsa nel parco vicino a casa. Se qualcuno si stesse casualmente, ma molto casualmente chiedendo se ne consiglierei mai l’acquisto…beh probabilmente risponderei di no. Potete però metterlo sul vostro lettore, se avete abbastanza spazio, può tornare sempre utile in qualche occasione.