Yani Martinelli è una ragazza di (evidenti) origini italiane, nata in Venezuela e residente a Madrid. In questi giorni ha pubblicato il suo nuovo album, Bubble Station, totalmente composto, prodotto e registrato da sola, nel più totale DIY. Solo in 4 pezzi si avvale della collaborazione di un amico musicista (Scott Brookman).
L’ho scoperta su indicazione di un “vecchio” amico, Alberto Arcangeli (uno dei primi musicisti che io abbia scoperto solo grazie al web, e che nel suo ultimo album si era avvalso del feat. di Yani in un brano). E ho deciso di proporvi il disco di Yani, raccontato proprio da lui:
Yani è una one-girl-band, di origini italiane, nata in Venezuela e residente a Madrid. Ad ascoltarla direi che potrebbe essere la nipote segreta di Brian Wilson e Paul McCartney. In ogni caso, ci sono tantissime cosa da imparare da quest’album.
Devo premettere che non l’ho mai incontrata di persona, l’ho “conosciuta” su Youtube, se si può dire così (lei aveva fatto una cover di un pezzo dei Beach Boys che volevo fare anch’io ma, dopo averla ascoltata, ho pensato che meglio di così a me non sarebbe venuta, ed ho desistito). Solo che, a differenza di molti incontri on-line, in cui si arriva a scambiarsi foto e virtuali effusioni, noi ci siamo scambiati demo e canzoni (fa anche rima, possiamo passarla a qualche gruppo indie emergente questa, se vuoi ci scrivo una musica…). Ad esempio, lei ha cantato (e suonicchiato) nelle mie “Hard Games” e “Winter Leaves”. Le ho inviato la base via web e lei mi ha restituito le tracce vocali e percussioni. Così ho fatto anch’io in un suo pezzo, ancora inedito.
In ogni caso, al di là di questi aneddoti da web 2.0, Yani è una musicista di una sensibilità rara e a tutto tondo: una one-girl-band che scrive, produce, arrangia e suona tutte le sue canzoni. E poi le canta, naturalmente, e credo che avrete avuto modo di constatare quali armonie vocali sia in grado di costruire, tutto da sola. Una delle cose che più apprezzo del suo modo di scriver canzoni è la capacità di far suonare semplici anche le armonie più complicate, i cambi di tonalità quasi non li percepisci da quanto sono naturali (e questa è una qualità che in pochissimi hanno – me compreso, naturalmente!).
Ringrazio Alberto perché davvero non avrei saputo raccontare meglio questo Bubble Station. E se è piaciuto anche a voi, non mi resta che consigliarvi:
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