Avevamo già parlato degli Altre Di B.
Il disco però, meritava una spendita maggiore di tempo e attenzione e quindi, abbiamo chiesto al gruppo di raccontarcelo traccia dopo traccia.
Ciao.
Siamo qui per raccontarvi brano per brano il nostro disco, un’autoproduzione registrata a Firenze presso la Forears Records di Daniele “Mac Baren” Landi. Il titolo “There’s a million better bands” è una bellissima frase contenuta in We’re not gonna make it dei Presidents of the U.S.A., con ogni probabilità una delle band che più ci ha influenzati.
1. Haruki Murakami
Lo scrittore giapponese è dotato di un’immaginazione e di uno stile narrativo davvero invidiabili, Kafka sulla spiaggia per credere. Geniale. Ce ne siamo innamorati tanto da intitolargli una canzone. Haruki Murakami è il primo brano dell’album, ma l’ultimo ad esser stato registrato poiché elaborato a disco compiuto. Ci premeva parlare di quanto meravigliose siano le giornate d’autunno passate in casa (quelle color giallo e bruno) e di quanto tempo si perda dormendo. Dress code: maglione pesante, mutande, calzini.
2. Milky moustache
Ci sono due cose che ci mettono particolarmente in imbarazzo: le strette di mano giovanili, quelle che non sai se battere il cinque o fare pugno contro pugno, e ballare in pubblico. Questa canzone parla del disagio che si prova nel fare qualcosa davanti a tanta gente, come non saper muovere un passo di danza risultando goffi -da qui il titolo del brano- e facendo il più delle volte la fine dell’appendiabiti: “Dato che stai lì fermo immobile, non è che potresti tenermi la giacca? Grazie”.
3. Pillow fight
C’è una poesia di Jacques Prévert in cui lei scopre il tradimento di lui: lei è su tutte le furie, lui fa scena muta. Niente di nuovo in fin dei conti. Abbiamo riproposto la cosa, ma a parti invertite. Siamo a Firenze chiusi in studio a registrare e telefoniamo ad un’amica che è in giro per la città per farle cantare e recitare il ponte del brano, uno scambio di battute che potesse rendere la canzone una pièce teatrale. Per citare Fantozzi, l’abbiamo fatto “così per fare uno scherzo”.
4. No present for your birthday
I regali non azzeccati, la voce dolciastra al telefono, il ristorantino novelle cuisine e l’asservimento di certi uomini nelle coppie di fidanzati può risultare stucchevole. Abbiamo deciso di scrivere un pezzo che parlasse proprio di questo. La frase chiarificatrice la si può trovare nel ritornello: “Il meglio che posso fare è farti incazzare, dormendo mentre mi stai parlando. Ed io ti parlo mentre stai dormendo”.
5. Dogs and bald people
Il testo di questa canzone è stato scritto dopo una serata da leoni passata alla Trattoria Sabatino di Firenze (Via Pisana 2/r. Telefono 055 225955). La voce sbiascicata ne è la triste prova. L’analisi della composizione sociale di un pubblico ai concerti ci è servita per scrivere la canzone: nelle prime file ci sono sempre i più giovani che ballano e man mano che si invecchia si ha la naturale tendenza ad arretrare fino in fondo alla sala. Dove ci sono i fumatori attempati, i critici più severi delle tue performance sul palco.
6. Thanks for diabete
I rapporti non sono una cosa facile. Gli amici ad esempio non li scegli al supermercato e non li compri su eBay. Ognuno di noi i rapporti li concretizza in base alle persone che trova nella propria vita. E questa canzone parla appunto di una donna che sta cercando ossessivamente la persona perfetta, un marito, un amico, un uomo. Fate vobis. Dall’insuccesso di questa ricerca ne esce alla grande: trangugiando gelato Häagen-Dazs e mandando a fanculo tutto il genere maschile.
7. Midsummer
Questo brano dà inizio al segmento più intimista del disco, aggettivo che vuol dire tutto e niente. Però fa figo, dai. La canzone parla dell’incontro che avviene tra due vecchi amici su una solitary beach (durante una wonderful Summer ovviamente). Spesso rivedersi dopo tanto tempo può non essere bello come ce lo si immagina. Uno accusa l’altro di aver recitato per tutta la vita senza essersi mai mostrato per quello che è realmente, l’altro incassa il colpo. Nel frattempo albeggia e la nostalgia prende il sopravvento. Che tristezza.
8. Flowers
La canzone più vecchia del repertorio-Altre di B non poteva non finire nell’album. Un tempo il ponte del brano conteneva un riff di chitarra al limite del metalcore (fighissimo), ma grazie alla lucida follia di Bruno Bocci è stato abilmente rimpiazzato dal suo assolo di tromba. Flowers parla del fatto di non riuscire ad appagare le aspettative della gente, non c’è niente di peggio del non essere all’altezza delle attese. E di sentirsi un fiore in cima ad una montagna, che notoriamente non cresce a certe altitudini. Che tristezza 2.
9. On the hard shoulder
Il nostro film preferito è The Commitments di Alan Parker, capolavoro anni Novanta che vede protagonista una geniale band di Dublino. Sentitamente ispirati da questa pellicola e sbigottiti dallo scioglimento di alcune band di amici (Hilldale e Milkshaker Corp. su tutte), abbiamo scritto questa canzone. Che suoniamo di norma a fine concerto col fiatone e la chitarra scordata. Un uomo sta guidando e ad un certo punto la radio dice “Brutte notizie per i fan dei…”. Lui, attonito, accosta sulla corsia d’emergenza. Che tristezza 3.
10. Super Mario (straightedge party)
I 16-bit, la Nintendo e la filmografia della disinibita signorina Sasha Grey ci hanno cambiato la vita. In un modo o nell’altro. Ma questa canzone, a dispetto del titolo e di un paio di citazioni, non parla di tutto ciò. Questa è l’ultima canzone del disco e vuol’essere la sintesi del nostro pensiero, della nostra linea, dello spirito con cui suoniamo: “Che cosa pensate di trovare in mezzo a tutte queste parole? Tutto è già stato detto. Non mi interessa se mi prendete in giro, mio nonno sorride senza aver capito cosa sto cantando”.