Ci sono cose che non t’aspetti. Per esempio che a un’ora di macchina da casa ci possa essere un localino che è una meraviglia, dove i drink hanno un prezzo onesto e sono buoni, la domenica c’è l’aperitivo con il pecorino del pastore e la fava del contadino e tra sala e camerini c’è anche un salottino in stile sixties che è una chicca.
Poi ad ognuno il suo stupore, eh. I miei, per esempio, non s’aspettano che la domenica mi metta a fare un’ora di macchina per quello che sarà il quinto concerto in una settimana.
Il fatto è che i miei non sanno di che concerto si tratti. Al Loop di Osimo, domenica c’erano gli A Classic Education, a recuperare una data che la grande nevicata aveva reso impossibile. Come se non bastasse, ad aprire il concerto c’erano i Karibean, che al Loop sono resident band (sì, è probabile mi stia inventando una definizione, pazienza). Capirete che valesse la pena farsi un po’ di strada.
Appena arrivata scopro tutti i punti forti del posto, non ultimo il terrazzo. La sala è semi piena, ci saranno un centinaio di persone. La dimensione è perfetta, intima ed attenta. I Karibean sono già sul palco. Per quanto mi piacciano è la prima volta che li vedo dal vivo. Passata la falsa partenza (c’era una distorsione insopportabile a cui ovviare) rimango davvero sorpresa: sono bravissimi. Ottimo il basso, ottima la voglia sul palco, la convinzione. Per quanto il locale sia buio ci si sente sulle coste californiane degli anni ’60 almeno per un po’. La cosa che mi lascia più impressionata è l’intonazione di Enrico. Il pop dei Karibean è rischioso, uno quei prodotti che funzionano benissimo su disco ma dal vivo sono un’incognita. Almeno così pensavo. Mi devo ricredere, la voce non sbava e regge l’intonazione, rendendo più diretti i brani low-fi dell’Ep.
Lasciate le file degli spettatori, sale sul palco una delle band che più ci rende orgogliosi all’estero. Al loro Call it blazing sono particolarmente legata, sin dal momento in cui mi toccò l’arduo compito di recensirlo. Così eccoli lì, i bambini cresciuti. I suoni sono sorprendenti, nitidi e lattiginosi insieme. Jonathan ha una voce che sorprende, dal vivo più che mai: duttile e solida, piena ma non statica. E poi come suonano! Giulia non si scompone e pare assurdo che tanta armonia esca da quelle manine mosse senza troppo sforzo. Luca e Paul, al contrario, si spendono tantissimo. Gli effetti della chiatarra hanno del magnetico, incollano alla melodia, comandano loro. Là dietro Federico non perde un colpo e l’intero set ha una grinta che non riuscivo a prefigurarmi dal disco. In più c’è la location: “Ciao ai Karibean, è un onore suonare a casa loro“.
Ed è questo che probabilmente li convince a concedere una mini sessione acustica dopo il concerto, proprio in quel salottino che mi aveva incantato appena arrivata. La tastiera di Giulia accomodata su uno sgabello, Jonathan con la chitarra acustica, Paul in poltrona, con una bottiglia di birra e le bacchette della batteria, Federico e Luca sul divano, un minuscolo ampli per la chitarra nascosto in un pacchetto di sigarette, al di là del cavo. Quattro o cinque canzoni per una manciata di spettatori accucciati in terra. Nessun microfono, il tempo tenuto con ogni mezzo, inclusi i piedi sul pavimento. I cori che nascono spontanei e due video a raccontarvelo.
Firmandomi il disco Jonathan scrive: “Cioppy tu a Osimo!!!”
E dove, se no?
la foto è di Flavia
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