Lì fuori i boccioli dei rusticani hanno scatenato la mia allergia ai pollini. Nell’aria il cattivo umore trabocca e gli starnuti mi rovinano la giornata.
Ma nelle cuffie vengono a farmi visita Le Furie, da Firenze con garbo e con veemenza al contempo, e mi presentano il loro primissimo LP Andrà Tutto Bene in uscita per Ishtar Music, un album coeso ed autorevole, dall’intricato dedalo di sonorità che volteggiano tra il baroque, l’alternative e il post-rock (dove i parallelismi con Manuel Agnelli e Giorgio Canali sembrano opportuni. Almeno a me, che in fin dei conti non conto niente in questa storia).
E come spesso mi capita, ho in còr mio il grosso rammarico di non aver visto la band sul palco, dal vivo, ovvero nel punto culminante della propria espressività artistica, laddove un disco non serve perché quello che conta è la prestanza.
Il primo lavoro dei fiorentini funziona, funziona eccome, col suo variegato mucchio di melodie ultra-pop e di testi che si interrogano e si tormentano (Banale per credere e da riavvolgere centomila volte), col vago e vigoroso nichilismo di Solypso (il basso distorto mi fa andare in solluchero), con la cantautoralità e l’eleganza di 21 anni e della power ballad Mimì Bluette, con le ruvide e pesanti parole di Pausa edulcorate dalla melodia delle chitarre, prima di arrivare all’apogeo dell’intero album de Le Furie: la bella Niche, dove convergono la autorevolezza sonora, la coerenza di tutto l’LP, il linguaggio diretto e acuminato, il buon lavoro di mixaggio che deforma un po’ l’agonismo dei toscani facendone tuttavia trapelare le intenzioni. Non ho smesso di starnutire, maledetta primavera, ma sono convinto che in fondo. Andrà tutto bene.
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