Se intervisti Tim Small non sai esattamente cosa aspettarti. Soprattutto se le domande che gli fai non hanno niente a che vedere col suo lavoro abituale (Tim è il direttore di Vice Italia nonché il capo mondiale della relativa produzione letteraria – mondiale nel senso che lo fa per l’America, quindi è un po’ come dire mondo). Gli abbiamo chiesto di parlarci qui del suo progetto parallelo, quello un po’ più intimo, meno chiassoso, che gli lascia il tempo di sognare in piccolo e di coltivare un’idea tutta sua: si tratta della piccola casa editrice indipendente The Milan Review e dell’omonima rivista semestrale.
Sulla rivista ci pubblicano illustrazioni e parole, tra il non-sense e il concettuale, ma sempre intorno ad un tema scelto; con la casa editrice pubblicano illustrazioni e parole di tutti gli altri, tipo quelli che si insultano su Fb per poi farne un libro a fumetti, la storia strappalacrime delle due anziane amiche scampate all’Olocausto che passano la vecchiaia cucinando cibi ebrei o ancora i fumetti di Ratigher comparsi negli anni su Vice.
Questo è come Tim ci racconta la sua The Milan Review.
P.S. Un tvb particolare a Riccardo Trotta col quale ho avuto un fugace e intenso scambio di mail per decidere chi dovesse rispondermi.
The Milan Review nasce nel 2011 sia come rivista che come casa editrice. Cosa è cambiato in un anno, dentro e fuori di voi?
Sono diventato uno splendido trentenne e ho capito che ci sono un sacco di cose di cui non me ne frega niente e ogni giorno sento che il mio carisma aumenta. Invecchiare è bellissimo. A parte questo e a parte la cessione di Ibrahimovic e Thiago Silva al PSG, che altro dire? Diciamo che The Milan Review è nata per fare due numeri della rivista letteraria—che poi, alla fine, è un libro—ogni anno. Nel 2011 abbiamo fatto un libro solo. Quest’anno abbiamo già fatto 4 libri e da qui a fine anno ne faremo altri tre. L’anno prossimo voglio farne almeno dieci. Siamo molto più ambiziosi. Abbiamo pure aperto un micro-ufficio a Berlino. Più il Milan si indebolisce, più The Milan Review cresce.
“Possibly the best Italian-American publishing house in the world”. Vi trasferirete a New York come fece The Paris Review a suo tempo o a Milano c’è tutto quello di cui avete bisogno per continuare sulla strada della famiglia piccola & felice?
Non lo so, magari porto tutto a Los Angeles. Magari no. Magari a Roma? Oppure spostiamo tutto a Berlino. Ovviamente, se Pisapia mi regala un loft, rimango.
Il progetto cui siete più affezionati tra quelli realizzati fin’ora.
War & Penis. È stato il primo progetto pensato dall’inizio alla fine in modo totalmente spontaneo, ed è l’unico che mi vergogno di mostrare ai miei genitori, che vuol dire che è ovviamente una cosa geniale e attualissima e super chic.
A proposito di The Paris Review, il critico William Styron, che scrisse l’editoriale sul primo numero del periodico nel 1953, chiosò con queste parole: “Penso che la Paris Review dovrebbe accogliere queste persone nelle sue pagine: i bravi scrittori ed i bravi poeti, non vogliamo invece gli scrittori militanti e coloro che tirano l’acqua al proprio mulino.” Chi sono gli scrittori bravi e chi sono i militanti, secondo te?
C’è una frase che mi piace molto che ho anche, da sbronzo, pensato di tatuarmi, e ora ve la dico. È questa: GOD WILL NOT HAVE HIS WORK MADE MANIFEST BY COWARDS.
Segnalaci tre illustratori italiani bravi bravi in modo assurdo che dovremmo intervistare.
Quello che faceva la Pimpa era strabravo.
Io trovo che la testa degli illustratori, crescendo, si popoli di mostri orribili che poi scacciano disegnando su carta figure pelose, sgraziate e ributtanti. Eppure tenere da guardare. Tu da piccolo cosa disegnavi?
Forme geometriche connesse tra di loro che andavano a riempire tutto il foglio. Oppure disegnavo versioni in scala della stanza in cui mi trovavo. Oppure provavo a ridisegnare la mappa del mondo a memoria.
Come immagini una versione cartacea di Dance Like Shaquille O’Neal?
Dovreste fare anche voi l’ennesima brutta copia di Fantastic Man. A quanto pare funziona. L’altro giorno sono andato in edicola per comprare gli Exogini e giuro che ci saranno state tipo 18 riviste, tutte identiche a Fantastic Man. Dato che il capitalismo funziona con la domanda e offerta, evidentemente il mondo vuole più riviste identiche a Fantastic Man.
The Milan Review o Toilet Paper?
The Milan Review. Ovviamente. Che domanda è?
Che progetti avete per il futuro della casa editrice? Conserverete la dimensione intima e di nicchia o puntate a comprare la Mondadori?
Voglio fare tantissimi libri e voglio che siano tutti bellissimi. Una nuova collana di libri di fotografia, moltissimi fumetti in più, nuovi romanzi in italiano e in inglese, e poi collezioni di racconti, POWR MASTRS di C.F. e PRISON PIT di Johnny Ryan in traduzione, e anche un’antologia sul fumetto underground americano. Voglio anche pubblicare un libro di poesie. Sto trattando un sacco di cose, giuro, cose super-eccitanti, di cui non posso parlare, ma posso dire che penso che The Milan Review diventerà anche una casa di produzione film e video. Quest’estate ho scritto e diretto un corto a New York, per Karley Sciortino e Purple magazine, e l’ho prodotto con The Milan Review, e mi son divertito un sacco. Inoltre faccio i video per VICE da un annetto ormai, e mi piace. Mi piacciono i film e mi piacciono i libri e vorrei farli entrambi. Vedremo. Ho capito che, alla fine, mi piace raccontare storie, e non mi interessa più di tanto se sono scritte o filmate. Mi piacciono le storie oneste e intelligenti e vere e assurde e geniali e pazze e del resto me ne frega poco.
Quale sarà il tema del prossimo numero della rivista semestrale? A quando la sua uscita?
Il prossimo numero si intitolerà THE MILAN REVIEW OF CLANCY MARTIN, in onore del meraviglioso Clancy Martin, che è un autore/filosofo ed ex-gioielliere che vive a Kansas City ed è ora al terzo matrimonio e si chiama Clancy Martin. Ha scritto un libro, edito da Adelphi in Italia, due anni fa, che si chiama COME SI VENDE. È davvero bello. Insomma, tutto il terzo numero di The Milan Review sarà occupato da un suo romanzo breve, inedito, di 25 mila parole, che ha scritto apposta per noi. Il titolo del romanzo è TRAVELS IN CENTRAL AMERICA, e l’ho letto solo io, in quanto editor del romanzo, (forse l’ha letto pure Renata Adler, cosa di cui sono immensamente fiero) e posso anticipare che sarà una bomba. Sarà il primo numero della rivista realizzato in collaborazione con Volta Footwear, dopo che la collaborazione per la Kuti Kuti Guide To Finland è andata così bene, ci troviamo bene a lavorare assieme. Ah, e poi sto pensando, all’interno del numero, di inserire anche un poster. Dovrebbe contenere un’opera originale di Hamilton Morris—quello di Hamilton’s Pharmacopeia—che rappresenta tutti i versi, in alfabeto fonetico, fatti da uno zombi che Hamilton ha conosciuto ad Haiti.
Attendo di vedere sugli scaffali de La Feltrinelli l’autobiografia di Tim tra dieci anni. Titolo: Fantasticare non costa nulla e vende un sacco.
Grazie Tim.
Se vuoi conoscere di persona le prossime uscite di The Milan Review, eccoti il next big event: il 5 novembre, allo Unit #3, presso Andrea Caputo Studio, via Ventura n.6, dalle 19:00, qui a Milano. L’occasione è il lancio del loro primo libro fotografico, Land of Sunshine, di Giorgia Malatrasi.