Dopo il primo singolo, si scopre qualcosa in più del nuovo disco degli Amari. Il titolo ad esempio, KILOMETRI, e la copertina.
L’album uscirà il 15 Gennaio in versione digitale, mentre la versione fisica sarà acquistabile dal 22.
Questo il comunicato stampa:
Celeberrima scena da “Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta”: Marion, guardando la figura ammaccata dell’avventuriero più famoso del cinema attraverso uno specchio, dice serafica “Non sei più l’uomo che ho conosciuto dieci anni fa”, e lui risponde sospirando “Non sono gli anni, amore, sono i chilometri”. Alla prossima intervista, potreste dire la stessa cosa a Dariella, a Pasta e a Cero e loro vi risponderebbero come il signor Henry Jones, magari senza chiamarvi amore. La differenza sostanziale è che gli Amari sono fantasticamente in forma, e i chilometri percorsi sembrano averli temprati, e cambiati, al punto giusto.
Dopo tre anni di silenzio dal fortunato e anglofono “Poweri” (con relativi passaggi alla BBC e nelle playlist di mostri sacri come Erol Alkan), i nostri tornano alla lingua di Dante con “Kilometri”, che nel titolo (e non solo) vuole essere un tributo a tutti i chilometri fatti in tre lustri di corse in furgone, di club in club, di città in città, in Italia come in Europa. Chilometri che li hanno resi uno dei gruppi pop per eccellenza del panorama musicale indipendente. Ed è pop della miglior specie quello de “Il tempo più importante”, il singolo che ha anticipato l’uscita del disco. Singolo che mette l’accento su un’altra dimensione molto cara agli Amari, legata a doppio filo a quella dei chilometri, e quindi allo spazio: il tempo. Quello che ci fa fare i bilanci, quello che sembra volare via senza rendersene conto (“Com’è che siamo qui a parlar del tempo, non è che poi ne abbiamo così tanto”). Tempo come attesa incessante di qualcosa che non arriva mai, facendo i conti con quello che c’è e con quel pizzico di nostalgia per quello che è stato, come in “Aspettare, Aspetterò”, prima traccia di “Kilometri”, balzellante e sospesa come i Fool’s Garden di Lemon Tree. O tempo come quello che verrà, quello che ci viene rubato o che rubiamo a nostra volta perchè sentiamo che è nostro, perché un futuro degno ce lo meritiamo: “Ho rubato da ladri migliori di me, ho imparato da ladri migliori di me, ho rubato il futuro ed ora c’è” in “Rubato”, che chiude l’album e si pone idealmente come la soluzione alla possibile eterna attesa di “Aspettare, Aspetterò”, come se nel Deserto dei Tartari di Dino Buzzati il protagonista alla fine se li fosse andati a cercare per davvero, i Tartari. Tempo e spazio che si intrecciano romanticamente nella title-track “Kilometri”, nelle distanze che separano dal proprio amore (“Ed i kilometri saran solo kilometri, soltanto numeri in fila tra noi due”), urgenza sottolineata da un sapiente uso delle doppie voci su un tappeto di tasti bianchi e neri dai toni caldissimi, una dimostrazione di warm sound che non ha niente da invidiare agli ZeroSeven. C’è un’attenzione particolare alle parole, a volte violente e senza filtri (“Ti hanno detto che ero stronzo da bambino, mi dispiace che non c’eri dal principio” in “La ballata del bicchiere mezzo vuoto”), a volte più docili e concilianti (“Ora puoi ascoltarmi, ti giuro che possiamo crescere” in “A questo punto”), ma sempre pesate e accuratamente scelte, cosa non così scontata nelle svariate declinazioni della musica pop. Non mancano episodi giocati sugli innesti e le sovrapposizioni di synth, sui neon e le capriole sonore tipiche della tradizione Amari (“Ti ci voleva la guerra”), ma questa volta il “pop sbagliato” della triade friulana si asciuga, gioca sui sussurri, affianca bassi rotondi, quando serve interviene con marcette sintetiche e giri di batteria mai troppo invadenti, flirta con la tromba di Michele Procelli che si diverte a seguire la linea vocale in “Il cuore oltre la siepe”, concedendosi però anche qualche controbattuta in solitaria.
Un disco nato tra il 2010 e il 2012 tra Milano e il Friuli, e registrato a Città di Castello, nel cuore dell’Umbria, negli studi di Leonardo “Fresco” Beccafichi. Anche qui, tempo e chilometri che ancora una volta si legano, insieme alla quantità di strumenti d’ogni tipo (dal Fender Rhodes all’omnichord) suonata dai tre, con l’aggiunta di Sergio Maggioni, Pietro Fabbri ed Enrico Librio. “Kilometri” è tutto questo, è un ritorno e una nuova partenza, sono nove tracce che per essere capite fino in fondo devono essere prese e guardate da molte angolazioni, come un prisma, per cogliere appieno la sincerità delle parole, il risultato di una ricerca sonora personale e complessa che mischia nuovi suoni a pennellate vintage, le emozioni di un gruppo che dopo quasi quindici anni di attività si presenta di nuovo ai blocchi di partenza con la voglia e l’entusiasmo del primo giorno di scuola.