Cominciavo a pensare che le mie interviste ad illustratici quasi esclusivamente donne fossero inconsciamente frutto del mio retaggio femminista ed emancipazionista. Poi scopro Umberto, consigliato dalla già nostra ospite Eleonora Marton, e perdo ore a spulciare in lungo e in largo il suo portfolio dandomi ancora una speranza. Scopro un mondo fantastico fatto di cromie sature alternate a ritagli di giornale in bianco e nero, composizioni grafiche che sembrano fumetti e un’ironia silenziosa che fa da sfondo a molti dei suoi lavori. Cinque alto per il buon Mischi che si guadagna il Passaporto tondo tondo #10.
Facciamo un gioco: introduci il tuo lavoro ai nostri lettori come se fossi: 1) un bancario; 2) un filosofo; 3) un venditore di caramelle.
1) Un conto corrente affidabile a interessi zero! 2) Un’operina filosofica in musica in cui ci si capisca il meno possibile! 3) Caramelle al miele o frizzanti al limone!
Quando hai capito che la tua passione poteva diventare un lavoro che sensazione hai provato?
Non credo di averlo ancora capito. Se e quando dovesse succedere, sarai la prima a saperlo!
Un ricordo della tua infanzia.
Non mi è andata poi tanto male. Mia madre ha lavorato per un periodo in pasticceria e ogni tanto – quando andavo a trovarla nei mesi invernali – bevevo una cioccolata calda.
Quando sei in rete, cosa cerchi e cosa ti trattiene?
Navigo spesso sui siti di informazione. Vado matto per le notizie che spesso si trovano nella parte destra (“Zapping News” su Corriere.it e “Il notiziometro” su Repubblica.it).
Una persona che ricordi con particolare piacere perché ha segnato la tua crescita umana.
Sicuramente devo molto a mia madre e mio padre.
Ci mandi una fotografia della scrivania su cui stai lavorando in questo momento?
Oggi non potresti vivere senza?
Non vivrei senza olio a crudo sulla pasta!
Che differenza c’è tra una commissione richiesta da un giornale estero e uno italiano?
Non c’è molta differenza tra una commissione estera e una italiana. Si tratta comunque di lavori molto veloci.
Ci parli di It’s the culture, stupido!? Sembra un progetto interessantissimo. Come nasce e dove vuole andare a parare?
It’s the culture, stupido! nasce da una collaborazione con The Washington Post che mi ha chiesto di illustrare un articolo sull’Italia, in cui il giornalista illustrava le responsabilità della mentalità italiana nell’attuale crisi economica. Non è stato facile arrivare ad un’immagine che convincesse l’editor. Dalle prime proposte, più aderenti ad una direzione “astratta” sono passato a qualcosa di più “fisico”, che mi sembrava rendesse meglio l’idea di un vero e proprio crollo.
Se ti dico Dance Like Shaquille O’Neal, cosa mi disegni?