Ieri si ragionava in casa Nirta della motivazione per la quale in Italia bisogna ancora distruggere certi tabù e certe pareti che ci dividono. Pareti così invisibili o così sottili, da essere sottovalutate e diventare vere e proprie barriere insuperabili.
Occasione della discussione, le famigerate classifiche di fine anno degli addetti ai lavori, wannabes addetti ai lavori, bloggers e amici.
Si faceva il paragone con l’attitudine delle altre nazioni, il Canada per esempio, che negli anni del rilancio spingeva albums nazionali dalla qualità anche criticabile, posizionandoli in classifica accanto a prodotti inattaccabili quali “Is this it” degli Strokes o il primo degli Interpol. Quella scelta, azzardata e opinabile, rompeva le barriere tra musica nazionale e internazionale. Rompeva l’ostracismo autoinflitto da una sudditanza psicologica tipicamente italiana, di cui Pasolini parlava già, in occasione della annosa questione nord/sud e della sudditanza psicologica che i meridionali nutrono nei confronti dei fratelli di oltre Po (ma nache oltre tevere direi) da tempo immemore.
Arrivando al punto, analizzando le altrui classifiche nazionali e internazionali, i Drink to Me appaiono ovunque, ma occupano prevalentemente le posizioni di rincalzo tra la sesta e la decima, una specie di premio della critica alla sanremese, ma niente di più.
E allora a questi ragazzi italiani, il cui destino è stato avverso solo ed esclusivamente per averli fatti italiani, io dedico questo post, ancora un post per loro, perché il 2012 è l’anno loro, perché hanno realizzato sicuramente l’album italiano più bello e un singolo, Henry Miller, di una bellezza straordinaria, un singolo da primi posti anche all’estero e se io mai avessi un seguito di persone che mi riconoscono lucide qualità critiche, direi loro di non mollare, di non rassegnarsi.
E lo dedico di riflesso a Pasolini, a chi prova a leggere tra le righe, reinterpretando.
La strada è lunga e per rompere i tabù servono i risultati.
Nel 2013 siamo nelle mani di gente come HIS CLANCYNESS, SOVIET SOVIET, BROTHERS IN LAW, WELCOME BACK SAILORS, FJELDS magari e altri che non cito perché la mia memoria non è delle migliori.
E DRINK TO ME, perché no, se ancora avessero voglia di riprovarci.
Non è l’unica via possibile la nostra, ma penso sia la più coerente.
Il dispiacere è aver passato una vita passando per dei visionari, la speranza è che in futuro ci venga riconosciuta una lungimiranza e una fede senza confini in quello che abbiamo proposto per anni, senza cadere mai in tentazione, anche quando succederà che coloro che oggi ci criticano, saranno i primi a salire sul carro dei vincitori, prendendosene magari i meriti.
Ma la vita è fatta di vittorie romantiche e sconfitte reali, mi insegna un caro amico, pensatore contemporaneo poco lucido come me.
Buon anno a tutti e buon natale, maya permettendo.
Fabio Giacobbo Nirta
IL BUON FABIO NON AVEVA ANCORA LETTO LA NOSTRA CLASSIFICA.