La storia è quella di tanti: un adulto che disegna come un bambino. Una fantasia sconfinata, che non si scontra mai con le delusioni e le amarezze della crescita, nonostante di acqua sotto i ponti ne sia passata parecchia. Alessandro Sanna vive e lavora a Mantova, ma ha girato dalla Francia a Gerusalemme per presentare i suoi libri: che li scriva o che li illustri, sembra sempre che siano stati toccati da una mano fatata che ti prende e ti accompagna lungo viaggi lontani. Prendi il passaporto, non puoi sapere dove ti capiterà di finire.
Nel corso della tua lunga carriera hai illustrato davvero tantissimi autori, da Calvino a Grossman passando per l’intramontabile Gianni Rodari. Sei stato tu a cercare le storie o loro a venire da te?
Ho iniziato la mia ricerca come pittore con una galleria di Bologna che vendeva bene il mio lavoro che allora era molto introspettivo e lacerante, fuori e dentro. Ho scelto poco dopo di fare solo immagini riproducibili con la stampa e per cominciare ho, per caso, partecipato ad alcuni concorsi di illustrazione. Sono stato selezionato e in giuria c’era più di un editore ai quali successivamente ho mostrato il mio lavoro. Uno di questi era un grafico che lavorava per Mondadori che dopo circa un anno mi ha commissionato le illustrazioni per un libro di David Grossman. Il mio primo libro. Da quel lontano 2001 ho iniziato la mia carriera di illustratore che mi portato a immaginare le parole di Calvino, Rodari, Fenoglio, Cervantes e tanti altri. Parallelamente a questo ho portato avanti il mio lavoro di autore che è cominciato nel 2002 con un editore francese, Grandir, il quale mi ha pubblicato un libro chiamato “L’orchestre du chat noir” in bianco e nero e senza parole. Con quel libro ho scoperto me stesso e le cose che potevo dire e comunicare attraverso il mio immaginario. Da allora ho progettato e realizzato molti libri come autore completo.
Cosa ti fa alzare al mattino?
La mia bambina che devo portare a scuola! Mi fa alzare poi la possibilità che ogni giorno posso imparare delle cose nuove, anche piccole, sugli altri e su me stesso per poter dire la mia, a bassa voce magari, ma comunque non stare solo guardare ma dire o meglio disegnare la mia!
Chi è stato il primo a scoprire il tuo talento e ad incentivarti in questa direzione?
Il primo ad accorgersi della mia passione sono stato io. Può sembrare banale ma è così. In prima media ho scoperto che c’era il professore di educazione artistica che disegnava in un modo che non avevo mai visto prima. Ho provato ad imitarlo e a portargli i miei primi disegni influenzati dal suo modo molto classico. Lui li ha visti e non credeva che fossi io l’autore. Nel posto dove vivo, la bassa pianura mantovana, non c’ è nulla che possa portare un ragazzino ad interessarsi all’arte e al disegno. Nonostante io sia cresciuto in campagna con genitori impiegati e con la televisione commerciale che trasmetteva cartoni animati giapponesi, sono stato educato al bello da una professoressa dell’istituto d’arte che successivamente è diventata un mia grandissima amica. Devo tantissimo a lei che mi ha riconosciuto in una scuola di campagna portandomi libri, musica e accompagnandomi a vedere mostre, film, spettacoli teatrali.
Una delle tue mille attività è insegnare nelle scuole, alle maestre, come stimolare la creatività dei piccoli allievi. Perché non lo insegni direttamente a loro?
Mi è capitato di fare incontri con le maestre per corsi di aggiornamento o semplicemente come laboratori per come suggerire ai bambini tecniche di disegno divertenti e coinvolgenti, ma è dai ragazzi che capisco come la ricerca sta evolvendo e come posso affinare meglio la comunicazione per loro.
A volte penso che il mio non sia un lavoro per bambini, ma io stesso sono un bambino che gioca con gli strumenti da disegno. Mi capita di fare libri illustrati non propriamente per bambini ma il mio modo di giocare non cambia. Ultimamente poi insegno illustrazione per l’editoria presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e trovo interessante trasmettere tutta la mia energia e conoscenza del mondo dell’illustrazione a ragazzi che vogliono seguire questo percorso. Ai miei studenti dico sempre che bisogna lavorare tantissimo per potersi permettere di giocare sul serio!
Ci mandi una fotografia della scrivania su cui stai lavorando in questo momento?
Com’è l’ambiente di lavoro degli illustratori?
Il mio ambiente è in una parte della mia casa e precisamente la mansarda. Sono spesso da solo e questo mi porta a trovare il mio tempo, il mio ritmo, la mia musica e il mio silenzio. Sono sommerso di libri e il computer è sempre acceso come del resto il telefono cellulare. Gli strumenti tecnologici mi mettono in contatto con l’esterno ma vorrei spegnerli più spesso almeno il fine settimana.
Un segreto che non hai mai confessato a nessuno.
Non mi viene in mente nulla al momento.
Un mestiere che proprio non vorresti mai fare.
Il commesso.
Il posto in cui ti rifugi quando cerchi l’ispirazione.
In giro sull’argine del Po con il mio cane.
Se ti dico Dance Like Shaquille O’Neal, cosa mi disegni?
Probabilmente disegnerei un orso che balla.