Guardi la copertina e vedi tutto scuro. Due gentiluomini, a sinistra Giovanni Succi (voce e chitarra) e a destra Bruno Dorella (batteria), seduti, un po’ svaccati, con le braccia a penzoloni che pensano: “Oh, son cento chili eh”. Poi guardi bene le facce di questi due tipi e vedi che ti guardano come dire: “Che? Come? Non ti piace quello che senti? Cazzi tuoi.” Io di sicuro non mi metto a scomodare questi due signori e quindi vi avviso che stiamo parlando di un discone, un discone con le palle ruvide.
Prima di tutto quello che colpisce è la produzione, che, sia che tu abbia sentito i precendenti lavori della band o meno, ti intasa le orecchie con la sua pasta densa, sporca e scura. Mi ricorda un po’ il trattamento fatto sulle produzioni di Steve Albini nei dischi dei Neurosis, soprattutto sulla batteria (ridotta all’osso). Infatti la produzione (e pure un contributo chitarristico su “Fessura”) è affidata a signor Giulio Ragno Favero del Teatro degli Orrori (che per me ascoltando questo album ha pensato: “Ma io, che cazzo ci faccio ancora nel Teatro degli Orrori?”) che qui sotto vediamo in una foto di repertorio, non a caso, con la maglietta del gruppo di Scott Kelly e soci.
Poi c’è tanto blues, questo genere musicale che a me ha sempre abbastanza diciamo “un po’ annoiato”, per non dire “annoiato a morte”. E invece qui il blues non è primadonna, fa piuttosto da scheletro per i chitarroni stoner, le distorsioni, i rumori, i fischi, i ritornelli folk, le parole; che poi sono quelle parole che vogliono farti capire qualcosa. E qui arriviamo ad un altro punto cardine di questo lavoro: questo è un disco di contenuti, oltre che di forma. Palese e dichiarato esempio di ciò, lo troviamo nell’ultimo brano “BARATTO@BACHIDAPIETRA.COM”, presente solo nella versione digitale, dove ci viene spiegato, con un rap-flow che farebbe invidia al miglior Jovanotti, che scaricare il loro album aggratis è una merda per svariati e convincenti motivi e che piuttosto, per averlo, potete barattarlo con qualcosa di vostro da dare alla band contattandoli all’indirizzo mail che dà titolo alla canzone.
Insomma, abbiamo parlato di tante cose ma non abbiamo detto la più importante: questo è un disco rock, sperimentale di sicuro, ma r-o-c-k. Infatti tutti quei tecnicismi alla chitarra e quegli spaventosi muri di suoni, non ci stufano, facendoci capire che: “Il rock nel 2013 è ancora incredibilmente interessante”. Sembra una frase scritta da Celentano, ma è così.
E poi chi ve lo dice che io non sia Celentano?