Ricordo come fosse ieri il Sabato pomeriggio in cui, per la prima volta, vidi la copertina di “Loveless” in un negozio di dischi. Era il 1991. Inutile dire che quel negozio di dischi nel centro di Udine, oggi, non esiste più.
Avanti veloce fino a Sabato scorso, ore 22.30 circa. Fisso stupito lo schermo del mio laptop, un ghigno stampato sulla faccia. Come non sorridere di fronte alla genialità del colpo di teatro inscenato dai My Bloody Valentine per lanciare il seguito del loro secondo album. Come se un attesa di più di venti anni, che a pensarci a quanti sono viene davvero da ridere, da sola non fosse bastata.
Preannunciato dalla frase “We are preparing to go live with the new album/website this evening. We will make an announcement as soon as its up.”, apparsa all´improvviso nella serata di Sabato 2 Febbraio sulla pagina Facebook della band, e venduto a partire dalla successiva mezzanotte tramite il sito Mybloodyvalentine.org, il seguito di “Loveless” è finalmente arrivato. Fermo come sono a quel solitario pomeriggio in quel negozio di dischi, l´onda di (h)i(p)steria che da Sabato sera sta percorrendo la rete -crescendo continuamente in intensità come feedback di chitarra elettrica- mi appare sorprendente, senza precedenti, eccitante. Ma lasciatemelo dire, l´hype per una volta è del tutto giustificata, su questo non ho dubbi.
Scrivere che questo nuovo “m v b” inizia dove “Loveless” finisce è probabilmente, a caldo, la cosa più cauta e prevedibile da fare. Ad un primo ascolto è chiaro che da un punto di vista sonoro la band, anche questa volta, non è scesa a compromessi di nessun tipo. Le nove tracce contenute si stagliano in un tutt´uno blu elettrico, monolitico, di bellezza aliena ed assoluta. Le differenze vengono evidenziate mano a mano, ascolto dopo ascolto. Ci si accorge comunque presto di quanto le melodie e le armonie siano, se possibile, diventate ancora più intricate, imprevedibili e repentine nel loro svolgersi. I miei pensieri vanno ai Beatles più sognanti ed ispirati, chissà perché. Una volta che i vari strati sonori diventano piu riconoscibili le chitarre che disegnano linee spiraliformi lasciano, in più di un occasione, il posto a quei synths che nel precedente lavoro apparivano in maniera più misurata e sfumata. Allo stesso tempo i lati più spigolosi ed abrasivi del classico suono MBV, imitatissimo ed inarrivabile, sembrano essersi accentuati. Nel loro tentativo di dare forma alle emozioni più inesplicabili, all´intangibile, i My Bloody Valentine restano una delle creature musicali piu uniche. L´unico rischio è che questo disco nella sua imponenza risulti imperscrutabile ai più, più facile da ammirare che da amare. E che l´interesse si spenga tanto velocemente quanto l´hype.
Dategli tempo, ci sono voluti più di vent´anni per poterlo ascoltare.