– “Hey ragazzi, che ne dite di ascoltare un bel disco post-hardcore?”
– “Noooo ma che palle, ancora post-hardcore?? Non è già stato detto tutto dopo che gli Isis si sono sciolti e dopo l’ultimo dei Neurosis che ci sta, sì, ma solo perché è l’ultimo dei Neurosis?”
-“Beh, dicheno che no.”
Il discorso è che l’ostacolo maggiore è aver voglia di iniziarlo, un disco come quello degli Ornaments, proprio perché si tratta di roba quasi totalmente strumentale, lunga, e che affonda le radici in un genere che ormai come dicevamo prima, pare ormai aver dato tutto. Eppure quando ci si mette è impossibile non riconoscere il fatto che siamo di fronte alla roba post-hardcore più completa e originale creata nel Bel Paese negli ultimi *inserisci valore* anni.
Ci sono i Cult of Luna qui dentro, tanti Isis di sicuro, ma pure i Breach, band che aveva già capito tipo TUTTO con il loro disco funerale “Kollapse”, dai quali i nostri italici amici assimilano la bravura nel miscelare vari suoni, influenze, in modo che sembri un flusso continuo su cui farsi trasportare. Ecco, infatti, un altro gruppo che mi è subito venuto in mente sono i The Ocean, proprio perché la prima volta che ho ascoltato questa band ho detto – “Ellallà senti che roba. Eeee. Minchia.” – perché sostanzialmente fanno questo mix di postcore e prog sfarzoso, tecnico che però alla lunga diventa davvero troppo pacchianosamente germanico, tipo che ci buttano dentro i chili di orchestra manco fossero crauti e würstel e che poi dal vivo sono costretti a riprodurre campionata e insomma non è che facciano una così bella figura. Comunque dicevo, che gli Ornaments sperimentano il genere infilandoci molte contaminazioni, pure elettroniche, ma a differenza dei teutonici The Ocean, lo fanno in maniera coerente, non forzata.
In “Breath”, il secondo pezzo, possiamo già dare senso alle mie parole: intro alla Neurosis di “The Eye Of Every Storm”, voce jazz, poi un riffone di chitarra che mi ricorda tantissimo l’indie-rock scanzonatissimo dei Pile (questo pezzo in particolare che io a-do-ro) e finale in crescendo con la chitarrina dissonante tipica del genere. Per dirla in maniera elegante, secondo me questo pezzo caga in faccia a gli ultimi due album dei The Ocean e manco di striscio. Insomma, gli Ornaments, con il loro debutto full-lenght, si impongono come faro guida italiano di un genere che probabilmente non ha ancora finito di regalarci qualche su e giù con la testa.