A quasi 3 anni da Il tempo di una danza esce Caulonia Limbo Ya Ya, seconda fatica per i Granturismo di Claudio Cavallaro. Fresco e allegramente vintage, il disco scivola delizioso ascolto dopo ascolto.
Ma cosa è successo a questa formazione? Nel novembre 2010 li vidi live la prima volta ed erano 5, il suono quasi da fanfara. Nel dubbio ho chiesto alla stesso Claudio, che mi ha raccontato un po’ di cose divertenti. Ad esempio ora sappiamo che molti componenti sono finiti male, alcuni si sono cercati un lavoro serio e c’è chi addirittura è finito peggio “arrivando a sposarsi e a fare dei figli. Una tragica ecatombe.”
Ma Claudio non s’è perso d’animo, rincorrendo la propria musica e ricomponendo una band tutta nuova, improntata al power-trio, con un suono senza compromessi. Addirittura, mi dice, “ora siamo anche senza basso. Due chitarre e una batteria, stop” ma più per scelta che per necessità, perchè “in Caulonia Limbo Ya Ya c’è il suono di un vero gruppo, a differenza del disco precedente che era ancorato ad una dimensione piuttosto cantautorale, dove hanno suonato 3 batteristi e 4 bassisti diversi, per esempio“.
Il fatto è che nel booklet de Il tempo di una danza si leggeva a chiare lettere “Granturismo è anche colonne sonore, commenti e suggestioni musicali, canzoni a cottimo e su misura” e mi domando cosa ne sia stata di questa vocazione da musichieri, ora che il gruppo ha una solidità differente e un progetto molto più netto. Ci pensa Cavallaro stesso a tranquillizzarmi, spiegandomi che si tratta di roba che circola per lo più all’estero, “un’attività sotterranea che cresce sempre di più. Ultimamente ho scritto qualche pezzo in spagnolo per un gruppo garagepop di Barcellona, i Carrots, e scrivo anche per qualche dj e produttore di musica elettronica à la Mo’ Wax.” Poi precisa che mentre la scrittura in inglese è istitiva, quella in italiano è un continuo lavoro di lima che lo assorbe con assoluta devozione. Come non capirlo? Ascoltando il disco si comprende subito quanta cura ci sia, e non solo nei testi. Figlio di influenze musicali vastissime quanto di locali fumosi e rimorchi arditi, Caulonia Limbo Ya Ya è l’ideale per incoraggiare una primavera testarda che stenta ad arrivare. Esce domani, ma da oggi lo streaming esclusivo è solo su DLSO.
Nella continua ottica di lasciare che siano le vostre orecchie a poterne godere in prima persona, a Shaq ci siamo inventati il Disco Raccontato®. Perciò, non te lo spiego io, te lo spiega Claudio, con una dovizia di dettagli degna di una vecchia comare. E tu te lo giudichi.
ME NE VADO AL MARE
Il primo riff in assoluto mai provato dalla nuova formazione nella prima prova fatta insieme. Quindi, volendo fare attenzione alla Qabalah, era doveroso farla diventare il pezzo d’apertura del disco. Avevo allestito per l’occasione la cantina del posto dove abito, ma la prova è durata pochissimo perchè poi tutti gli altri condomini sono scesi di sotto e ci hanno cacciato in malo modo. A distanza di un anno ormai, molti di loro ancora non mi salutano quando li incontro per le scale. Quando parto a scrivere un testo non so mai dove arriverò, inizio con un argomento e finisco fuori tema. Aldilà dei giochi di parole del testo, la canzone sembrerebbe parlare di un’insoddisfazione, di una scontentezza, di una fuga dalle “perversioni del tempo che fa”. Con un po’ di fantasia, potrebbe diventare il manifesto di tutto “Caulonia Limbo Ya Ya”, la sua dichiarazione di intenti.
VIENI A DORMIRE CON ME
Marc Bolan e i T Rex in vacanza in Costarica. O come ha scritto qualcuno, un improbabile mash up tra “Rudie Can’t Fail” dei Clash e “Tropicana yeah”. Il testo parla di due viziosi come ne incontro tanti durante le mie serate da diggei. Una sera mi sono beccato questo rito d’accoppiamento chimico davanti ai miei occhi mentre cambiavo i dischi, ti trovi spesso nella posizione del voyeur a fare questo lavoro. Facevano avanti e indietro dal bagno, lui tirava continuamente su col naso, lei a un certo punto è caduta e ha battuto la testa fortissimo, non so come abbia potuto rialzarsi come se niente fosse. A fine serata li ho pure beccati che scopavano nello sgabuzzino dove tenevo la mia roba. Sono andato a casa e il pezzo si è scritto da solo in 10 minuti, mettendoci loro due nelle strofe e Julio Cortazar nei ritornelli. Le canzoni sono nell’aria, a volte basta alzare il dito e captare il segnale. Se non l’avessi scritta io, magari l’avrebbe scritta Max Pezzali mezz’ora dopo.
MERAVIGLIOSO ERRORE
Le canzoni d’amore mi hanno proprio stufato, eppure ci sono caduto anche in questo disco. Dopo tutto se si canta d’amore da miliardi di anni, un motivo ci sarà. Tuttavia, se parlare d’amore è relativamente semplice, viverlo è molto più complicato. A me però piacciono le storie d’amore che finiscono male, più sono truci e amare e meglio è. In fondo i finali a lieto fine sono mai serviti a qualcuno? Ci aspettiamo sempre che innamorarsi di qualcuno ci renda tutti più felici e risolva tutti i nostri problemi, ma spesso ne crea molti di più. A me è successo di innamorarmi ed è stato orribile, non ero più lucido e non avevo più il controllo delle mie cose. Ma se sbagliando si impara e l’amore è un errore, conviene fare più errori possibili in modo da sbagliare in maniera sempre più spettacolare la volta dopo.
DOMENICA
Mentre registravamo questo pezzo, nello studio mansardato di Checco Giampaoli, faceva molto caldo e abbiamo tenuto la finestra aperta. Ad un certo punto è entrato un passerotto e si è posato per un po’ sulla testa di Mao e poi è volato sulla mia ed è rimasto lì fino alla fine del pezzo. Ci stava venendo bene, quindi non potevamo fermarci. Se ascoltate questa canzone immaginatevi un uccellino placido appollaiato sulla nostra testa: se fate attenzione potrete sentirlo cinguettare attraverso i microfoni dei nostri amplificatori. Compaiono un sacco di uccelli nel disco. Non smettevano di fare casino, anche le loro performance sono finite nella musica in qua e in là, e adesso che ci penso avrei dovuto mettere nei crediti pure loro.
CANZONE DI PAROLE
Ho l’abitudine di andarmene da un posto al momento sbagliato, proprio quando potrebbe succedere qualcosa di importante per me. O anche di mandare tutto all’aria quando ho già la strada spianata. Però quando arriva una bufera vado dritto al suo centro, è l’unica maniera che conosco per poterne uscire fuori bene. Mica poco. Molte persone non sanno nemmeno che esiste un centro. Quando la realtà ti strattona da tutte le parti, una maniera efficace per non impazzire è scegliersi qualcosa e concentrarsi a metterla a fuoco. Quando ho scritto questo pezzo ho aperto sul pavimento una ventina di libri, quotidiani e giornali e ho iniziato a cantare lasciandomi colpire dalla forza fisica delle parole che mi capitavano sotto gli occhi. Era estate e stavo in un vecchio appartamento dove c’era questo frigo scassato degli anni ’70 che di notte faceva un ronzio molto dolce che mi faceva sentire come se mi trovassi in un campo pieno di grilli.
INNO DELLA REPUBBLICA DI CAULONIA (MOSSO)
Questo mirabolante strumentale è tutta farina del sacco di Alfredo Nuti Dal Portone, il nuovo guitar hero dei Granturismo, musicista incredibile e intenibile.
Il titolo si riferisce all’impossibile Repubblica di Caulonia, fondata nel 1945 da un cugino di mio nonno paterno, un tale chiamato Pasquale Cavallaro, e durata solo 5 giorni. Ho anche un libro in casa che parla della vicenda avvenuta in questo piccolo comune calabrese, da cui viene la famiglia di mio padre, quando Pasquale Cavallaro guidò una rivolta di migliaia di contadini e cacciò il regime fascista instaurando una estemporanea repubblica in piena era monarchica.. un’impresa che è meravigliosamente dadaista a ripensarci!
Quel personaggio discutibile di Stalin arrivò a dire che “ci vorrebbe un Cavallaro in ogni città” (compare anche su Wikiquote, ahahaha!). Bah.
Comunque non poteva durare, era un esempio troppo scomodo per l’Italia dell’epoca. Persino Togliatti e il partito comunista se la fecero sotto, ma guarda un po’. Il pretesto si presentò quando uno dei contadini, galvanizzato dal potere improvviso e accecato dalla gelosia, scoprì che la moglie lo tradiva col prete di Caulonia (!!!) e lo uccise sparandogli nei coglioni! Successe un gran casino, e arrestarono un po’ tutti, tra cui il mio avo. Fine della Repubblica di Caulonia. (La cosa bizzarra è che Pasquale Cavallaro morì di vecchiaia il 17 luglio 1980, giorno in cui nascevo io..)
Insomma, Alfredo si trovava a casa mia quando scoprì il libro e gli raccontai la storia, e ne restò talmente ammirato che volle dedicare un inno alla Repubblica di Caulonia.
Che è poi quello che è finito su disco, e che ha dato la quadra a tutto il corpus di canzoni.
PUO’ DARSI SIA L’AUTUNNO
In sintesi, l’unica canzone autobiografica che io abbia scritto fino a qui. Almeno credo. E’ logico, anche se non parlo quasi mai esplicitamente di me nelle canzoni che scrivo qualche goccia della mia vita ci piove sempre dentro. Ma questo testo è comunque una cosa talmente lontana da quello che sono ora che sembra la vita di qualcun’altro. Che poi questa non doveva nemmeno diventare una canzone. Avevo trovato una roba scritta qualche anno fa, e l’abbiamo messa in musica a ritmo di reggae. Ho cerchiato le frasi che mi imbarazzavano o mi ferivano di più e nel pezzo ho infilato proprio quelle. Coi Granturismo si va matti da sempre per il contrasto musica solare / testo nuvoloso. Più che altro questa canzone è un ottimo esempio dello stile batteristico di Enrico Mao Bocchini, il mio soul brother. Riesce a essere così sinfonico e così negro allo stesso tempo.. Come diavolo fa? Quando l’ascolto mi viene da pensare che potrebbe tirare fuori qualcosa di sensazionale anche suonando sopra un elenco telefonico o un gatto morto. Un vero talento.
DISTANZE
Da “Distanze” in poi, il resto del disco abbandona l’opposizione “io/noi vs tu/voi” e inizia a parlare di caduta dell’impero d’occidente e mistero di essere vivi e di essere morti. L’arpeggio di “Distanze” l’ho fatto una notte che ero bloccato in casa per una bufera, ho preso la chitarra mentre guardavo cadere la neve fuori dalla finestra e mi è sgorgata dalle dita e dalla bocca. Wow. Qualche mattina dopo l’ho sottoposta ad Alfredo, che era venuto a fare colazione da me. Non so perchè ma avevo preparato un orribile frullato di sedano davvero imbevibile. Ma cosa diavolo mi era venuto in mente? Non mi ha mai portato rancore, benedetto ragazzo. Può darsi sia stato il sedano power, fatto sta che quella mattina abbiamo arrangiato l’arpeggio in maniera stupefacente.
Sono appassionato della “Pagina della Sfinge” della Settimana Enigmistica, e mi piace nascondere dei messaggi cifrati qua e là nei miei testi. In “Distanze” ne ho messi parecchi, e addirittura sono riuscito ad infilare i titoli di 3 classici imperituri della musica italiana in fila uno dietro l’altro in un solo verso… Sono orgoglioso di com’è venuta fuori questa canzone, con la lap steel del nostro grande amico Antonio Gramentieri, e quel finale che mi mette paura ogni volta. Quando la ascolto mi vengono in mente il White Album, Ornella Vanoni in peyote nel deserto del Mojave, il bianco della neve e il verde del sedano.
DUBBI DUBBI
Quando scrivo di solito viene prima la musica, il testo lo tiro fuori in seguito. Non sempre mi capita di avere ben chiaro quello che ho da dire, ma lo voglio dire lo stesso. A pensarci bene il panorama oggi è talmente pieno di cantautori evangelisti pieni di messaggi importanti da lanciare ai propri adepti che francamente non ho nessuna ansia di unirmi al mucchio. Mentre suonavo alla chitarra quella che poi sarebbe diventata “Dubbi dubbi”, mi veniva da canticchiare sulla melodia una cosa tipo “du-bi-du-bi-du-bi-du-bi”. Mi servivano sillabe che suonassero come se stessi percuotendo una noce di cocco, avevo bisogno di “T” di “D” e di “B”. Da lì a “e tu con tanti troppi dubbi dubbi” il passo è stato breve. Peccato che come frase in sè non avesse molto senso! Così ho iniziato a farmi suggestionare dall’atmosfera, ho iniziato a scavare in cerca di un racconto in orizzontale, nascosto dietro i “dubbi dubbi”. Ho avuto dubbi fino alla fine se chiamarla “Dubbi dubbi” o solamente “Dubbi”. Una volta in studio ragionavo con Giampaoli sul titolo da dargli, e quando mi disse “certo che ‘Dubbi dubbi’ è un titolo davvero idiota” fu lì che mi convinse della scelta e fugò ogni mio dubbio.
NON ESSERE VISTI
Mi sono sempre fatto un sacco di domande sulla morte, è un tema che ho sempre preso molto seriamente fin da bambino. La morte è un punto o una virgola? Il problema della morte è sempre stato trattato da incompetenti, non abbiamo il parere di nessun esperto, nessuno è mai tornato a dirci di cosa si tratta. In realtà è un problema che non ha soluzione, perchè finchè ci sono io non c’è lei, e viceversa. Quindi se non ha una soluzione non è un problema. E poi è un’usanza che prima o poi tocca a tutti rispettare. Magari può rivelarsi la cosa più strepitosa di tutta quanta la faccenda, il tassello mancante che dà il senso a tutto il puzzle! Quindi finchè non si muore, tanto vale vivere e fare il meglio con quello che si ha tra le mani. Non so se è grave ma l’idea di morire non mi fà più paura come una volta. In ogni caso, visto che ci sono, seppellitemi in terra o crematemi, ma non sigillatemi nel cemento. Prendete i miei risparmi, se è rimasto qualcosa, e organizzate una grande festa! E chi piange, offre da bere a tutti quanti! Evviva evviva!
INNO DELLA REPUBBLICA DI CAULONIA (ADAGIO)
Ancora prima di farne il titolo del disco, Caulonia per noi rappresentava una specie di esotica terra di nessuno che non risulta in nessuna mappa conosciuta, una sorta di Eldorado personale a cui aspirare. Non erano tanto le connotazioni politiche ad interessarci, quanto la sete di libertà e l’ostinazione a vedere il mondo da nuove prospettive. E poi Caulonia sarà anche il nome di una cittadina calabrese, ma suona già molto esotico di suo.. potrebbe essere un luogo tropicale quanto Colombia, Guyana, Acapulco, California, Giamaica, Tobago.. Caulonia è il nostro limbo. E Limbo è anche un ballo hawaiiano.. E “Gris gris gumbo ya ya” è una formula della santeria voodoo tanto cara ai bluesman e ai jazzisti di New Orleans, altra nostra mecca musicale. Unendo tutte queste cose, strappandogli i lacci che le collocano ai loro tempi e ai loro luoghi e ai loro generi, ho tirato fuori “CAULONIA LIMBO YA YA”, un titolo da pronunciare in assoluta libertà. Che è poi il valore etico su cui si poggia ogni repubblica degna di questo nome, no?
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