Io Non Sono Bogte è un gruppo di Roma, La discografia è morta e io non vedevo l’ora è il loro disco d’esordio ed è uscito lo scorso Novembre. Il prossimo 28 Marzo uscirà il secondo videoclip estratto dall’album e noi ne abbiamo approfittato per sottoporli al nostro disco raccontato.
Io Non Sono Bogte
Io Non Sono Bogte è una vera e propria traccia di presentazione: dura solo 50 secondi, ma racchiude tutto quello che raccontano le altre canzoni. Abbiamo deciso di lasciarla così, solo voce e chitarra acustica, perché l’album è nato proprio in questo modo. Mi ricorda quando ero solo io, con una chitarra in mano che non sapevo e non so ancora assolutamente suonare, e il nome “Io Non Sono Bogte” in testa, un’espressione che non capivo da dove venisse e per cosa la dovessi utilizzare.
Sono tornato in studio a registrazioni finite, e ho aggiunto questa e gli altri due intermezzi dell’album. E’ stato come mettere un punto, il disco era finito!
La musica italiana & altre stragi
Di questa canzone abbiamo realizzato il nostro primo videoclip. E’ stata la prima alla quale abbiamo lavorato tutti insieme, da band, e nella versione del video risente forse dell’avventatezza con la quale ci siamo buttati nelle registrazioni e nelle riprese: avevamo ansia di cominciare a far girare qualcosa! Ora l’abbiamo registrata di nuovo: ha un arrangiamento diverso, meno aggressivo, ed è più in sintonia con tutte le altre canzoni. In generale “La musica italiana” è un po’ diversa dalle altre: il testo è pieno di cose, tocca tanti argomenti, mentre nelle altre canzoni ci si sofferma di più su dei singoli temi. E’ una canzone della quale sono soddisfatto, perché il testo è nato tutto insieme ed è rimasto praticamente invariato: è uno sfogo personale riguardo tutti quei piccoli disastri che ci portiamo dietro giorno per giorno, e mi fa bene cantarlo nella sua spontaneità e confusione.
Il mercato nero delle ostie
Questa volevo chiamarla “La canzone di Bogte” ed è così che la considero ancora. Parla di lui, e di tutto quel malessere indefinito che si porta dietro. Non saprei dire molto altro sul testo, ci sono madonne, corridoi infiniti e sensi di colpa. Probabilmente tra qualche anno di psicanalisi riuscirò a capire cosa volevo raccontare con questa canzone! Quello che mi piace di più di questo pezzo è la batteria di Dario, dà un ritmo incalzante e carico di ansia. Il basso di Federico e la chitarra di Carlotta sono poi così aggressivi che sembra di essere in guerra, o semplicemente in un sogno inquietante. Quando la suoniamo mi accorgo sempre di come loro abbiano capito e interpretato perfettamente i miei sentimenti più intimi, e mi sento parte di qualcosa. Questa canzone è la nostra, di noi 4: sento che stiamo raccontando qualcosa insieme, ognuno con la propria voce, ma tutti nello stesso modo.
Papillon
Non ho molto da dire su questa canzone, credo che il testo parli da sé: ovviamente parla a chi vuole e sa ascoltare, altrimenti è solo una canzoncina dal motivetto facile. Per me significa molto di più, racconta una frustrazione che è antica, ma per fortuna superata. Il papillon è quella odiosa farfallina che si metteva qualche anno fa (ma anche ora, che fa molto vintage) durante le cerimonie, ma è anche una farfalla che può volare dove vuole, fregandosene di quello che si dice a terra.
Cinque e mezzo
Si sentiva l’urgenza di tornare in studio per registrare un intermezzo da quaranta secondi? Probabilmente no. Però ci stava bene, e così ce l’abbiamo messo. E’ una frase che è rimasta fuori da Papillon ma che ci tenevo a dire, e così gli abbiamo dato uno spazio tutto suo.
La cosa più importante è che tu stia male
Questa è la prima canzone che ho scritto per Io Non Sono Bogte. Non c’era ancora niente, né il nome, né la band, né l’intenzione di registrarla e farla girare. “La cosa più importante è che tu stia male” è solo un augurio, uno di quelli che andrebbero fatti al momento giusto, per riprendersi un po’ di dignità di fronte alla persona che te l’ha tolta. Ma poi arrivi sempre troppo tardi, e invece di urlarlo in faccia alla persona interessata, lo scrivi in una canzone. Scrivere una canzone, in questo senso, non è terapeutico, è solo una cazzata, perché non cambia nulla. La rabbia e l’amore vanno urlati dritti in faccia, e non scritti in una canzoncina, perché la sensazione che ti resta addosso è la frustrazione. Ora come ora, non essendo stato in grado di urlarlo in faccia, mi accontento di urlare questo augurio durante i concerti. Tutto sommato, è una canzone d’amore nell’accezione più classica del termine.
Margareth nella testa
“Margareth” è nata una settimana prima delle registrazioni dell’album. L’abbiamo inserita all’ultimo, per lo più improvvisando le parti o provandole la sera prima sul divano, mentre ci si chiudevano gli occhi e gli sbadigli ci impedivano di andare avanti. Eravamo io, Carlotta e Federico, e c’era pure Ramona, la nostra fotografa, che nel frattempo ci guardava sconvolta per l’approssimazione e l’impreparazione con la quale ci presentavamo in studio! Poi la canzone è riuscita, abbiamo fatto un ripasso dell’ultima ora, e l’abbiamo registrata velocemente, senza nessun problema.
Ti ho confessato tutto il mio amore
Tratto da una storia vera. Il giorno stesso in cui ho preso coraggio e ho dichiarato tutto il mio amore, mi hanno caricato la macchina e l’hanno portata via. 180 euro di multa, l’avevo messa su un posto disabili. E’ stato veramente imbarazzante, diciamo che tutto il romanticismo del momento è andato a farsi fottere. Il problema è che poi, come faccio spesso, ci ho visto dietro mille significati e simboli nascosti, e ho interpretato la vicenda come un avvertimento, come se fosse la dimostrazione dell’errore che avevo fatto nel dichiararmi. Ma non era vero.
Sette anni di prudenza
Ci sono certe canzoni che nascono già finite, ma non è questo il caso. Su “Sette anni di prudenza” ci abbiamo lavorato per un anno intero. Non eravamo mai soddisfatti, e l’abbiamo cambiata dieci mila volte. Oggi come oggi però è quella che ci dà più soddisfazione. Personalmente, è la mia preferita. Ancora una volta basso e batteria contribuiscono a creare un’atmosfera tesa, densa ma allo stesso tempo sospesa. Le chitarre di Carlotta sono perfette per il testo, e quando le ascolto sono davvero felice di suonare con lei: sono teatrali, sono folli, sono spaventose e allo stesso tempo sono dolci. Racchiudono tutto quello che il testo vuole raccontare. Questa volta si parla del litorale romano, dell’affetto che provo per certi luoghi, i miei luoghi, ma allo stesso tempo di alcuni ricordi pessimi ai quali li associo. Questa canzone è la mia preferita perché per me è ogni volta una corsa sfrenata, in cui sono elettrizzato ma anche terrorizzato: mentre la canto chiudo gli occhi e in un attimo sono sul litorale, su un motorino a 100 km/h, in balìa della gioia che solo l’amore riesce a trasmetterti, ma allo stesso tempo in balìa della paura, dell’incertezza, e dell’incapacità di gestire qualcosa di grande.
L’aridità sentimentale e altre cose che ti appartengono
“L’aridità sentimentale” è una canzone in bilico tra due persone: la prima è incapace di comunicare, di esprimere le proprie emozioni, mentre l’altra è semplicemente spontanea, e sincera. Ride delle difficoltà dell’altra, la sprona a viaggiare verso nord, ad intraprendere delle scelte innovative e a restare, una volta tanto.