His Majesty Andre è un dj di fama inversamente proporzionale alla sua altezza (quindi è molto famoso), ma è soprattutto un amico. Mentre tu hai passato la Pasqua vincendo il primo premio nella sezione scuse-improbabili-per-skippare-il-pranzo-coi-parenti (e hai vinto con un banalissimo ”Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi, ciao”), lui se n’è andato in Australia un paio di settimane per portare a termine il suo quarto tour nella terra dei canguri, dei koala e di Flume. Ci sta rendicontando l’intera esperienza (pare che vada solo mangiando) e offrendo il suo personale sguardo sulla barriera corallina del posto. Qui trovi il report dei primi 3 giorni.
“Sono tanti i miti che vengono raccontati riguardo l’Australia. Vorrei cominciare sfatandone uno, forse quello più importante: in Australia non si parla l’australiano. Lo so, è una notizia shock ma qualcuno doveva dirtelo prima o poi e, davvero, fa più male a me che a te. Raccontare l’Australia comunque non è semplice, o forse sì, ma meglio convincervi del contrario per mantenervi vigili e attenti, e durante questo mio quarto tour sto finalmente capendo alcune sfaccettature che nel giro di qualche settimana spalmata nell’arco di 4 anni mi erano sfuggite.
La gente sembra molto rilassata, non solo perché c’è stato il Good Friday, festività che annuncia la Pasqua e di conseguenza un long weekend, ma probabilmente perché qui non manca nulla. A parte la cucina locale, se escludiamo la carne di canguro, quella di emù o la vegemite, un estratto di lievito spalmabile stile nutella, dove stile si riferisce solo allo spalmabile, non al gusto. È molto semplice trovare qualsiasi tipo di piatto: anglosassoni, ovviamente, indiani, thailandesi, francesi, “mediterranei”, italiani e qualsiasi altra provenienza possa venirvi in mente.
Di specialità italiane, in effetti, ne puoi trovare davvero quando meno te l’aspetti, soprattutto quando ti chiedono se vuoi uno slurpee e ti ritrovi a sorseggiare una grattachecca delle macchinette.
Anche i fast food hanno il loro spazio. Oltre alle note catene che tutti conosciamo e agli ottimi burger shop con il grass fed lean beef, ce n’è una che ha colto la mia attenzione e si chiama Oporto. Nato come ristorante a conduzione familiare, come ogni “buon” fast food che si rispetti, è presto diventato un marchio presente ovunque in Australia. Specialità? Pollo.
No, non è una copia di KFC. Il pollo, a sto giro, è davvero buono: tenero, cotto alla griglia e saporito. Nulla viene fritto, a parte le french fries, dice il menù. Caratteristica in molti di questi posti è indicarti quanti KiloJoule stai per ingozzare. Come se scriverti 2940KJ o 2840KJ faccia davvero la differenza fra la scelta di un “Cryspy Bacon & Cheese” o un “Summer Sunset” con avocado e golden pineapple da Grill’d. Ho fame. Aggiungi anche le patatine, và.
C’è comunque davvero tutto: le metropoli, il quasi-deserto (outback), i party in piscina, i party in barca, i party nei club belli, i party nei club brutti, le —timide— montagne, il mare e le ragazze semi-nude che ti distraggono dall’attraversamento pedonale. Il che non è una buona cosa perché le auto hanno la guida a destra e comunque non arriveranno mai da dove te le aspetti.
E mentre noi ascoltiamo la trap da soundcloud e andiamo a vedere Brenmar al rocket di Milano, in Australia sia la trap che Brenmar li ascolti sulla radio nazionale.”